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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

martedì 19 giugno 2012

5.8: Il boom dell’autogestione: dalle TVE al "New Socialist Countryside"

5. La via del socialismo

Costruire un'armoniosa nuova campagna socialista

"La fabbrica è dei lavoratori. Il management non dà ordini come accade nella industrie tradizionali ma fornisce risorse ai lavoratori per produrre meglio", spiegano ancora mostrando il modello a piramide rovesciata dello stabilimento Haier. Ma guai a chiedere di spiegare meglio, a provare a capire se Haier è un’industria di Stato. "Non lo è", risponde cortese Zhang Tieyan. È privata? "Nemmeno". E allora cosa? "È controllata dai suoi stessi lavoratori".E che vuol dire di preciso? "Per voi occidentali è difficile capire".
Risposta di un manager della Haier all'inviato di Repubblica (Nola 2010)



Quando si parla di settore non statale oltre alle aziende private si intende anche le cooperative o altre aziende autogestite che sono un elemento pienamente socialista dell’economia. Lo stato si è tenuto le aziende migliori (un noto business-man americano ha affermato “le aziende che ci interessano non sono in vendita, quelle sono in vendita non ci interessano”(Egido 2007) poi ha passato le altre alle comunità locali che a loro volta le hanno passate alle cooperative. Quindi parecchie aziende che non sono più statali sono ora autogestite.

Lo sviluppo economico è stato guidato dalle imprese delle piccole città e dei villaggi: infatti molti dei guadagni dall’agricoltura sono stati investiti localmente nelle manifatture, spesso a basso contenuto tecnologico e di tipo “labour intensive” (Bedon 1994) . Le imprese cooperative industriali di villaggio, di proprietà di tutti gli abitanti dei villaggi o municipi interessati, vennero poi regolarizzate da una legge del 1990.L’incredibile successo delle “imprese di città e di villaggio” (TVE) ha sorpreso persino Deng Xiaoping, il quale affermò che sono «il nostro più grande successo (…) Questo risultato non è stato nulla di previsto da me o da alcuno dei compagni; è stato un fulmine a ciel sereno» (Hutton 2007, p. 90).


Per Arrighi ciò che fece Deng è in sintonia con i propositi di Adam Smith: "Come avrebbe consigliato Smith, le riforme di Deng avevano come obiettivi primari l'economia interna del paese e la sua agricoltura. Il momento chiave è stata l'introduzione, nel 1978-1983, del sistema di responsabilizzazione familiare, che faceva tornare il .potere decisionale e il controllo sul sovrappiù agricolo alle famiglie, togliendoli alle comuni. Inoltre nel 1979, e poi ancora nel 1983, i prezzi pagati per gli approvvigionamenti di prodotti agricoli sono stati aumentati in misura significativa. Il risultato è stato un aumento importante della produttività delle fattorie e dei redditi agricoli, che a sua volta ha rinvigorito l'"antica" propensione delle comuni e delle brigate agricole a cimentarsi anche nella produzione non agricola." (Arrighi 2008, p. 399). Dunque paradossalmente il momento della "privatizzazione selvaggia" delle campagne secondo l'autorevole opinione dei nostri semplificatori di sinistra coincide con l'esplosione delle aziende collteeive rurali non agricole. Anzi ne è stata la base di partenza


Il problema era sorto con lo smantellamento delle comuni:
Che fare di quelle piccole fabbriche che avevano preso vita in ogni singola comune, nelle quali si produceva praticamente ogni cosa, dai componenti delle biciclette ai bottoni e alle cerniere lampo? Chi sarebbe dovuto essere il titolare della loro proprietà e della loro gestione dopo che le comuni avevano cessato di dettare i criteri organizzativi, e soprattutto dopo la loro abolizione nel 1983? Di privatizzarle nemmeno a parlarne, almeno finché da Pechino continuava a riversarsi un fiume di salda retorica ideologica contro l’impresa privata e il capitalismo borghese – rincarata dal divieto di prestito a società private imposto alle quattro nuove banche di Stato che erano sorte dal frazionamento dell’unica banca centrale voluta da Mao. D’altra parte, quelle piccole fabbriche erano una fonte di occupazione e un importante fornitore di prodotti fondamentali sui mercati locali. Ancora una volta la risposta fu improntata al pragmatismo. Se ne sarebbero occupate le amministrazioni urbane e rurali; le avrebbero gestite e avrebbero reinvestito il profitto nel business o nello sviluppo della comunità (Hutton 2007, p. 90).
Secondo Jabbour le misure adottate nelle campagne da Deng convergono con il modello della NEP leninista del 1921. Le Comuni erano nate troppo presto dato che i rapporti di produzione socialisti non sono possibili senza che le forze produttive si siano sviluppate al punto tale di portare cambiamenti qualitativi nei rapporti di produzione: " Tra il 1949 e il 1979 i raccolti agricoli sono cresciuti in Cina solo in piccola misura. A differenza del vecchio modello sovietico l’agricoltura ha avuto un ruolo centrale nel processo di accumulazione primitiva socialista, e il calo della produzione agricola ha comportato una riduzione del ritmo di industrializzazione. Quindi Deng Xiaoping nel 1978, quando l'eccedenza di forza-lavoro delle campagne è stata trasferita alle Imprese di municipalità e di villaggio (TVE), ha concluso che le capacità imprenditoriali millenarie del contadino cinese - eredità di più di 3.700 anni, da quando le fondamenta della divisione sociale del lavoro sono emerse in Cina portando alla nascita del commercio e del mercato come istituzione – avrebbero potuto essere il motore della modernizzazione del paese, portando così alla fine dei problemi di approvvigionamento alimentare e al rinnovamento del patto politico che ha portato i comunisti cinesi al potere nel 1949, e alla conseguente garanzia di stabilità politica" (Jabbour 2007).

La nuova campagna socialista nel villaggio di Turpan. Murales 
Scrive Arrighi:
Tramite una serie di barriere istituzionali alla mobilità personale, il governo incoraggiava il lavoratore agricolo a "lasciare la terra senza abbandonare il villaggio". Nel 1983, tuttavia, venne permesso ai residenti nelle aree rurali di intraprendere attività di trasporto e di commercio anche a grande distanza, allo scopo di trovare sbocchi di mercato ai loro prodotti. Era la prima volta, nel corso di quella generazione, che ai contadini cinesi veniva consentito di condurre affari fuori dei confini del proprio villaggio. Nel 1984 i regolamenti vennero ulteriormente addolciti, consentendo ai contadini di andare a lavorare nelle città vicine per prestare la loro opera in organismi collettivi noti come "imprese di municipalità e villaggio". La nascita delle imprese di municipalità e villaggio era stata favorita da due altre riforme: il decentramento fiscale che aumentava l'autonomia delle amministrazioni locali nella promozione dello sviluppo economico e nell'impiego di eventuali avanzi fiscali come incentivi; e il passaggio a un sistema di valutazione dei quadri di partito in base ai risultati economici del loro territorio, cosa che incentivava fortemente le amministrazioni locali a sostenere la crescita economica. Le imprese di municipalità e villaggio sono così diventate le sedi privilegiate per 1’orientamento delle capacità imprenditoriali dei quadri di partito e dei funzionari amministrativi in direzione dello sviluppo. Per più autonome finanziariamente, le imprese di municipalità e villaggio sono state anche gli agenti principali della riallocazione, in modo produttivo, dell'eccesso di manodopera delle campagne in attività industriali ad alta intensità di lavoro (Arrighi 2008, pp. 399-400).
Le TVE sono parte integrante dello sviluppo cinese. Si è trattato di un caso classico di linea di massa secondo Mao (rispettare le iniziative delle masse) in cui si prendono idee dalle masse per poi rielaborarle. Ma soprattutto queste imprese sono una sorpresa per i liberali che non sanno spiegarsi come funzionino:
"Diritti di proprietà e articolazione legale sono incerti, ieri come oggi; affrancate dalla pianificazione, per anni sono dovute ammattire per le forniture e l’acquisto materie prime; nessuna traccia di azionisti che puntino a massimizzare profitti, che siano disposti a rischiare capitale per impegnarsi a farle crescere. Ne dovrebbero uscire l’indisciplina e lo spreco più totali; chi ne detiene la proprietà, ossia le amministrazioni locali, si dovrebbe teoricamente limitare a depredarne i profitti senza alcuna spinta a favorirne la crescita. Invece ecco che queste imprese sono cresciute. Più rapidamente nella Cina del Sud che non nelle regioni centrali e nord-orientali del paese, dove è densa è la presenza di imprese di Stato. Nonostante gli svantaggi, avevano infatti l’asso nella manica di aver ottenuto a costo zero il patrimonio netto, nonché di godere di forti concessioni locali. Il loro «campo da gioco inclinato» si è trasformato in un incentivo all’agilità e all’adattabilità, in breve, queste imprese sono state un veicolo per la rapida crescita dell’occupazione rurale e una ricca fonte di finanziamento per alloggi, scuole ospedali" (Hutton 2007, p. 91)
Naturalmente le spiegazioni sono spesse patetiche. Cosa costringe gli amministratori a lavorare a favore della propria comunità? Beh si sono trovati con le spalle al muro, non avevano altra scelta sono stati costretti a dismettere i panni dei burocrati che succhiano il sangue delle imprese di stato ecc. Solo nel beneamato Occidente ci sono, come è noto a tutti, degli amministratori e politici disinteressati. Hutton però rimane sbalordito dalla creatività dei cinesi: “Le forme di affiliazione escogitate per risolvere il problema furono, e sono, sbalorditive. Si andava da artificiali TVE “dal berretto rosso” a vere e proprie “cooperative a partecipazione azionaria”. In un secondo momento gli imprenditori cominciarono a immettere capitale in palesi partnership cooperative con i propri dipendenti, i quali ricevevano automaticamente un quarto dei profitti come dividendo. In questo modo le cooperative potevano superare il limite marxiano delle otto persone” (Hutton 2007, pp. 93-94).

Hutton sembra trovare la risposta nelle proposte di James Meade, ma si poteva chiamare in causa anche la cooperazione emiliana e quella scandinava sebbene sembri non più vispa come un tempo: “È lo stesso tipo di struttura organizzativa proposta a suo tempo dal Nobel James Meade per creare società che fossero partnership di lavoro e capitale con eguali diritti ai dividendi. Meade pensava di avere inventato la chiave di volta di quello che chiamava socialismo liberale, per combinare il dinamismo del capitale orientato al profitto con le attitudini alla collaborazione del socialismo. La gente di Wenzhou, nonostante difficilmente abbia potuto sentir parlare di Meade, sarebbe d’accordo. Nel 1990 i due quinti della produzione industriale di Wenzhou erano dovuti a cooperative azionarie. Come Meade aveva previsto, i lavoratori si votavano alla crescita, all’innovazione e all’investimento tanto quanto i titolari” (Hutton 2007, p. 94).


In una zona rurale-desertica presso la città di Hotan nello Xinjiang meridionale dove la componente uiguro-islamica è più numerosa (95 per cento) e lo sviluppo economico ancora lento, si sta sperimentando un insediamento pilota “multietnico” per per favorire gli scambi culturali e combattere il terrorismo. Occuperà circa 450 ettari e consisterà in 600 appartamenti residenziali e 600 serre: a ogni famiglia sarà assegnata una casa a corte, una serra e un frutteto di 0,33 ettari. Sarebbero all'esame le domande di migliaia di famiglie, soprattutto uigure ma anche han. L'insediamento è stato definito “kibbutz secondo caratteristiche cinesi” o “arcadia”. "La Cina funziona secondo un modello sperimentale 'dal punto alla superficie': la leadership delinea una politica generale e, da quel momento, diversi esperimenti locali concorrono per metterla in pratica e divenire “esperienze modello”, tra le quali verranno scelte poi le più efficaci (o la più efficace) affinché faccia da standard per una nuova fase di sviluppo" (Kibbutz cinese 2014).

Questa vicenda è la testimonianza di come i cinesi abbiano virtualmente sperimentato tutti i possibili metodi di gestione di tipo socialista. Il loro grande sviluppo economico non è dovuto al caso, ma alla continua ricerca. E questa ricerca li ha portati a favorire i metodi socialisti piuttosto che capitalisti. Lo stato interviene "socialisticamente" nella regolazione dei prezzi dei prodotti alimentari di base, allestendo 'ammassi' di stato di questi prodotti e acquista ogni anno una quantità di prodotti agricoli variabile ma sempre tale da garantire un livello minimo di reddito alle famiglie contadine, che tuttora costituiscono una parte considrevole della popolazione.

La nuova campagna socialista nel 
villaggio di Turpan. Murales 
Il Wenzhou che è stata la capitale delle TVE è diventato il terreno dove sperimentare addirittura la riforma finanziaria: “Nel 2003 Pechino ha abbandonato i suoi sospetti e la Banca del Popolo ha promosso la città di Wenzhou a distretto ufficiale per la sperimentazione della riforma finanziaria e creditizia. La città, che ora è una delle più ricche della Cina, con i suoi piccoli network imprenditoriali di guanxì e le sue quasi-cooperative, non poteva essere più diversa dalle metropoli industriali in declino del Nordest dominate da SOE: la prova della forza e al tempo stesso della debolezza della riforma (Hutton 2007, p. 94).

Le imprese di villaggio inoltre hanno fatto da ammortizzatore sociale per i lavoratori licenziati dalle imprese statali:
La nuova campagna socialista nel 
villaggio di Turpan. Murales 
Il risultato fu una crescita esplosiva della massa di forza-lavoro rurale impiegata in attività non agricole, dai 28 milioni del 1978 ai 176 milioni del 2003, con gran parte dell'aumento localizzato nelle imprese di municipalità e villaggio. Fra il 1980 e il 2004 le imprese di municipalità e villaggio hanno creato un numero di posti di lavoro quadruplo di quelli persi nello stesso periodo nelle città dalle imprese statali o collettive. Nonostante fra il 1995 e il 2004 il tasso di crescita dell'occupazione nelle imprese di municipalità e villaggio sia stato inferiore al tasso di disoccupazione degli impieghi urbani statali e collettivi, il bilancio dell'intero periodo mostra che alla fine le imprese di municipalità e villaggio occupavano ancora più del doppio dei lavoratori impiegati complessivamente nelle imprese urbane a proprietà straniera, a proprietà privata e a proprietà mista. Il dinamismo delle imprese rurali ha colto di sorpresa anche i dirigenti cinesi. Come riconobbe Deng Xiaoping nel 1993 lo sviluppo delle imprese di municipalità e villaggio "fu del tutto inatteso". Da allora il governo è intervenuto per regolare e dare una normativa alle imprese rurali e nel 1990 la proprietà delle imprese di municipalità e villaggio è stata conferita collettivamente a tutti gli abitanti del municipio o del villaggio interessato. Il potere di assumere o licenziare i direttori delle imprese fu però conferito alle autorità locali, con la possibilità di demandare tale scelta a una struttura governativa. Anche la distribuzione dei profitti è stata sottoposta a normativa, introducendo l'obbligo del reinvestimento nell'impresa di più del 50% dei profitti per modernizzare e ingrandire gli impianti e per finanziare servizi e gratifiche per i lavoratori, mentre la quasi totalità di quel che resta deve essere impiegata per infrastrutture agricole, miglioramenti tecnologici, servizi pubblici e investimenti in nuove imprese. Alla fine degli anni novanta si è cercato di trasformare i diritti di proprietà collettiva, piuttosto vaghi, in qualche forma di diritto azionario o comunque di titolo privato di proprietà (Arrighi 2008, pp. 400-40).
Queste aziende risultano difficili da catalogare per l'estrema varietà di assetti dovuta al pragmatismo con cui sono state impiantate:
A un'analisi retrospettiva, il ruolo giocato dalle imprese di municipalità e villaggio nel quadro dell'ascesa economica cinese, nonostante, o forse proprio per la varietà delle loro strutture organizzative, potrebbe rivelarsi altrettanto cruciale di quello che viene attribuito alle grandi aziende a integrazione verticale nello sviluppo economico degli Stati Uniti nel secolo passato. Infatti i contributi da esse portati al successo delle riforme sono molteplici. Innanzitutto, in quanto strutture ad alta intensità di manodopera hanno potuto assorbire gli esuberi e aumentare così i redditi dell'agricoltura senza migrazioni di massa nelle aree urbane. Addirittura negli anni ottanta il grosso della mobilità del lavoro è da ascrivere ai contadini che lasciavano il lavoro nei campi per entrare nelle imprese collettive rurali. In secondo luogo, essendo caratterizzate da una relativa carenza normativa, le imprese di municipalità e villaggio col loro ingresso in numerosi mercati vi hanno portato un aumento della concorrenza costringendo non solo le aziende statali, ma tutte le imprese dell'area urbana a migliorare la propria efficienza. In terzo luogo le imprese di municipalità e villaggio sono diventate una fonte importante di entrate fiscali, riducendo così la pressione tributaria sui contadini, e, dato che tasse e tributi erano da sempre al centro delle loro lamentele, le imprese hanno consolidato la stabilità sociale. Inoltre, sostituendosi alle persone fisiche come soggetti imponibili, le imprese hanno contribuito a mettere al riparo i contadini dall'ingordigia delle amministrazioni locali. Infine, ed è forse l'aspetto più importante, reinvestendo profitti e rendite a livello locale, le imprese hanno aumentato le dimensioni del mercato interno e creato le condizioni per nuovi cicli di investimenti, di creazione di posti di lavoro e di specializzazione. (Arrighi 2008, pp. 400-401)
In Cina è avvenuta un’accumulazione senza spoliazione dei diritti dei contadini come avrebbe voluto Adam Smith ci dice Arrighi che riprende la fondamentale ricerca di Gillian Hart:
Hu Jintao visita una cooperativa rurale a Bo'ai nell'Henan 
Come ha notato Gillian Hart riassumendo, sul piano dello sviluppo, i vantaggi comparati della Cina rispetto al Sud Africa - dove i contadini africani sono stati da tempo spogliati dei mezzi di produzione senza che si creassero le condizioni per un loro assorbimento nel sistema del lavoro salariato - gran parte della crescita cinese va ricondotta al contributo dato dalle aziende di municipalità e villaggio al reinvestimento e alla redistribuzione a livello locale dei profitti industriali e al loro impiego per fare scuole, ospedali e altre forme di consumo collettivo. Per di più, nelle aziende di municipalità e villaggio caratterizzate da una distribuzione relativamente uniforme di terre fra le famiglie, come quelle da lei visitate nel 1992 nelle province di Sichuan e di Hunan, i residenti avevano la possibilità di guadagnarsi da vivere integrando la coltivazione intensiva di piccoli appezzamenti con il lavoro industriale o altre forme di lavoro non agricolo. In effetti "la principale spinta allo sviluppo delle aziende di municipalità e villaggio viene dal fatto che esse, a differenza dei loro corrispettivi industriali urbani, non devono fornire ai lavoratori abitazioni, cure mediche, trattamenti pensionistici e altri servizi. Così le imprese sono sgravate di gran parte dei costi di riproduzione della forza-lavoro ma, almeno in certi casi, questi costi vengono sostenuti da meccanismi di redistribuzione". La Hart poi suggerisce che questo schema non è solo tipico della Cina, ma può essere osservato anche a Taiwan. Ciò che distingue la Cina e Taiwan - rendendole completamente diverse dal Sud Africa - sono le riforme basate sulla redistribuzione della terra che, a partire dagli anni quaranta, hanno effettivamente spezzato il potere della classe dei proprietari terrieri. Le forze politiche che hanno portato avanti la riforma agraria in Cina e Taiwan sono diametralmente opposte, anche se strettamente collegate. Così tanto nella Cina socialista e post-socialista quanto nella Taiwan capitalista, le misure redistributive della riforma agraria sono sfociate in una rapida e delocalizzata accumulazione industriale senza perdita della proprietà della terra [...]. Il fatto che alcuni degli esempi più spettacolari di sviluppo industriale nella seconda metà del ventesimo secolo siano avvenuti senza che gli operai-contadini perdessero la proprietà della terra non solo mette in luce le forme di accumulazione specificamente "non occidentali" che stanno dietro la competizione globale [... ma dovrebbe anche spingerci] a rivedere le nostre assunzioni teleologiche sull' "accumulazione primitiva" che vedono necessariamente la spoliazione come condizione naturale dello sviluppo capitalistico. Visto nell'ottica di questo libro, l'appello della Hart per una revisione degli assunti sull'accumulazione primitiva potrebbe essere riformulato nel modo seguente. La separazione dei contadini dai loro mezzi di produzione è stata più un effetto della distruzione creativa del capitalismo che una precondizione per la sua nascita. La forma più persistente e cruciale di accumulazione primitiva - o, come la chiama Harvey, di accumulazione per spoliazione - è consistita nell'impiego da parte degli stati occidentali della forza militare per garantire al processo senza fine di accumulazione di potenza e capitale l'accesso a riorganizzazioni spaziali di crescenti dimensioni e differenziazione. Tuttavia il tentativo da parte degli Stati Uniti di pervenire alla riorganizzazione spaziale definitiva trasformandosi in uno stato mondiale è fallito. Invece di creare uno stato mondiale, quel tentativo ha messo in essere un mercato mondiale di dimensioni e densità senza precedenti in cui la regione maggiormente dotata di riserve di manodopera economica e di alta qualità viene a godere di un decisivo vantaggio competitivo. Non è uno scherzo della storia che quella regione sia proprio l'Asia orientale, ossia l'erede di una tradizione di economia di mercato che, più che in ogni altra area, ha privilegiato l'impiego di risorse umane rispetto a quello di risorse materiali e ha protetto, invece di distruggerli, l'indipendenza economica e il benessere dei contadini (Arrighi 2008, pp. 402-403).
Azienda agricola autogestita dalla Lega
della Gioventù Comunista nello Xinijang

Huang (2008) sostiene che l'evoluzione della Cina verso il capitalismo che sarebbe piuttosto contraddittoria. Egli individua il segreto dello sviluppo nell'imprenditorialità dinamica sostenuta dai privati delle imprese di villaggio (TVE) degli anni '80. Negli anni '90, ci sarebbe stata la repressione del capitalismo rurale che ha visto livello di controllo democratico del villaggio raggiungere livelli più elevati di potenza e di espansione.
I finanziamenti privati ​​e il finanziamento statale delle imprese private è stato inibito e ha prevalso una politica generale che ha favorito i settori urbani di proprietà statle e le loro aziende controllate Le Tve private ​​sono fiorite negli anni '80, l'ambiente che ha sostegno il loro dinamismo imprenditoriale è stato sistematicamente minato. Negli anni '90, le imprese private erano mantenute a corto di denaro privilegiando le Tve collettivistiche di maggiori dimensioni controllate dai governi locali sostenute finanziariamente e con iniziative politiche destinate a produrre redditività (Huang, 2008,pp133-174) .

Molti pensano che dopo lo smantellamento dell Comuni rurali il settore della cooperazione fosse completamente sparito in Cina. in realtà ancora dopo i fatti di Tienanmen che secondo i nostri "Simplico" della sinistra avrebbero determinato l'avvento dell'era neoliberista e a più di dieci anni dalla soppressione delle comuni era ancora pienamente attivo. Nel 1990 gli organismi collettivi di villaggio erano responsabili per l'aratura di più del 35% dei terreni, per il 70% della irrigazione, per il 62 per la protezione dei raccolti fornivano più di un terzo delle sementi, dei fertilizzanti, insetticidi e forniture di gasolio per trazione. Nel 1992 si calcolava che le organizzazioni cooperative e collettive contribuissero per il 45% delle entrate della economia rurale.

Ma ciò che spesso viene dimenticato è in Cina il suolo è proprietà collettiva e può essere concesso legalmente in usufrutto a privati solo in determinate condizioni e con l’approvazione preventiva dello Stato:
Anche recentemente l’assemblea legislativa cinese ha rifiutato qualunque proposta di privatizzazione della terra in Cina: il 30 gennaio del 2007 Chen Xiwen, direttore dell’ufficio agricolo del governo centrale, dopo aver ribadito un secco diniego alle ipotesi di privatizzazione, ha notato che la terra veniva data in usufrutto ai contadini per trent’anni e che ogni ipotesi di subaffitto del suolo da parte dei contadini alle imprese industriali era da considerarsi come assolutamente illegale. Anche secondo le nuove leggi entrate in vigore il primo ottobre 2007, la proprietà della terra in Cina si divide in due tipi fondamentali: quella statale per le aree urbane, e quella invece posseduta collettivamente dai singoli villaggi rurali nelle campagne del gigantesco paese asiatico, villaggi ed agglomerati riconosciuti come Organizzazioni Economiche Collettive (OEC), che distribuiscono l’usufrutto della terra alle famiglie contadine e/o alle cooperative di produzione agricola nei loro villaggi. Proprio nell’ottobre del 2008 le autorità centrali hanno presentato un progetto di legge che tutelerà gli OEC dall’espropriazione di terre per i bisogni produttivi delle imprese, per nuove strade, ferrovie, ecc., consentendo allo stesso tempo alle famiglie contadine già usufruttuarie della terra un maggiore livello di protezione socio produttiva e politica (Nichele e Colli 2010)
Per verificare quanto succede nelle situazioni concrete possiamo utilizzare quanto riportato da una delegazione indiana in vista nel villaggio di Yinzhai nel 2006. Il terreno è di proprietà del governo  e dato in contratto per ogni famiglia per un periodo medio di 50 anni.  Non ci sono famiglie che non possiedano (in uso ovviamente) la terra e la quota media terra è 4,3 mu (15 mu equivalgono a un ettaro). I normali lavori agricoli sono fatti con l’ausilio di buoi e bufali maschi. Tuttavia, gli abitanti del villaggio dicono che al giorno d'oggi sono in uso i "bufali d'acciaio", cioè i trattori. I trattori sono proprietà collettiva che il villaggio presta al costo del carburante di quattro yuan per litro. Per l’uso delle macchine l'agricoltore, il governo locale e il governo provinciale spendono ognuno un terzo del costo. Gli agricoltori ricevono trecento yuan all'anno per famiglia di sussidio. L'intero territorio è completamente irrigato dal sistema del fiume Yinzhai da cui il villaggio prende il nome. Il governo provinciale dello Guizhou ha speso 6,5 milioni di yuan per costruire la diga che immagazzina l'acqua. I sistemi di irrigazione sono gestiti dalle comunità di villaggio. Il comitato del villaggio viene eletto ogni cinque anni. Si compone di cinque membri di cui due donne. Ciascun membro del comitato ottiene 25 yuan al mese stipendio. … l'intero villaggio periodicamente si riunisce per decidere il modello di coltivazione per la stagione in corso, l'uso del suolo, ecc. Il comitato eletto funziona come l'unità amministrativa. Accanto ci sono unità di partito e comitati in ogni villaggio. Invariabilmente, i comitati di villaggio eletti sono costituiti da leader di partito… I governi locale, di contea e  provinciale condividono le spese per la costruzione delle infrastrutture.

Dopo la vittoria della rivoluzione e la conseguente riforma agraria, i contadini furono incoraggiati ad unirsi in gruppi di produzione di mutua assistenza usando le loro terre in modo per diventare soci della delle cooperative. Nel sistema di economia pianificata, le cooperative primarie basate sulle persone (“Supply and Marketing Cooperative” e le “Rural Credit Cooperative”) non potevano agire autonomamente. Gli obiettivi dei vari piani di produzione, acquisto, vendita e depositi venivano assegnati dalle autorità amministrative ad ogni livello. Dal 1978 le le terre vennero date in concessione alle famiglie e gestite sulla base della proprietà collettiva. Nel 1984 si consentì ai contadini di andare a lavorare nelle città vicine nelle “imprese di municipalità e villaggio” (TVE). Il risultato fu la crescita esplosiva della massa di forza-lavoro rurale impiegata in attività non agricole, dai 28 milioni del 1978 ai 136 milioni del 2003, con gran parte dell’aumento localizzato nelle imprese di municipalità e villaggio.


Nel decennio 1985-1995 si attuarono dei cambiamenti su due fronti. Sulla base di un controllo dell’andamento dei costi e dei profitti, il target di benefici veniva contrattato con gruppi o con i singoli dipendenti (management a contratto). Venivano affittate e date in gestione le immobilizzazioni di settori di business della Supply and Marketing Cooperative ai membri del personale, i quali potevano vendere i beni ricavati dalla produzione (affitto di alcune proprietà e vendita dei beni). In tali condizioni presero piede due nuove tipologie di organizzazioni: le Associazioni Tecniche di Agricoltori (Farmers’ Specialized Technological Associations) e le Cooperative di Agricoltori Specializzati (Farmers’ Specialized Cooperatives). Le prime sono organizzazioni no-profit che hanno il compito di diffondere le tecnologie e scambiare informazioni; mentre le Cooperative sono entità economiche vocate alla commercializzazione di prodotti agricoli. In generale le Cooperative di Agricoltori Specializzati sono registrate al Dipartimento per l’Industria e il Commercio, possiedono l’attivo fisso e assomigliano alle cooperative occidentali in termini di produzione, marketing e attività di processo. Le Associazioni Tecniche di Agricoltori, invece, sono registrate presso il Civil Affairs Bureau, non possiedono gli assets e non richiedono la tassa di partecipazione; la loro attività principale è quella di fornire assistenza tecnica e di condividere informazioni.

Nel 2003 il numero di agricoltori del paese era pari a 318 milioni di unità. L’intero settore agricolo, comprendendo al suo interno anche le cooperative agricole, contribuiva nel 2007 per il 10% all’intero prodotto interno lordo cinese. Secondo le statistiche dell’Associazione Scientifica e Tecnologica della Cina alla fine del 2005,  le Associazioni Tecniche di Agricoltori contavano 98.000 unità. Sulla base dell’indagine svolta dal dipartimento per l’agricoltura nella provincia di Hebei, alla fine del 2004 erano presenti 2694 Cooperative di Agricoltori Specializzati, che contavano complessivamente 1,056 milioni di membri, costituendo il 7,4% del totale dei coltivatori; le famiglie agricole in appalto erano 3,24 milioni rappresentando il 22,6% dei coltivatori.

Dopo aver dedotto i cosiddetti “accumulation funds” (fondi destinati al reinvestimento all’interno della cooperativa stessa) i ricavi possono essere assegnati. Alcune cooperative limitano gli interessi delle quote e gli altri profitti che vengono “restituiti” ai membri in qualità di dividendi dei soci della cooperativa in proporzione al volume di scambi; altre procedono ad assegnare una parte dei ricavi in funzione delle quote di partecipazione e un’altra parte dei ricavi va ai soci come dividendi. Nelle Associazioni di Agricoltori Specializzati e nelle Associazioni tra agricoltori, i soci più attivi e avanzati prendono il posto del consiglio di amministrazione o dei manager delle cooperative, infatti, in queste cooperative c’è "una direzione democratica e si attua il sistema una testa un voto." (Nichele e Colli 2010)

Le cooperative hanno avuto un ruolo determinante nella diffusione di nuove tecnologie. In passato i contadini della maggior parte delle aree della Cina coltivavano principalmente cereali di generazione in generazione, usavano arretrate tecniche di coltivazione e avevano pochissima varietà nei raccolti. Con l’aumentare della capacità produttiva e il miglioramento delle strutture produttive, nel 2004 la popolazione rurale povera della Cina era scesa a 64 milioni. Le cooperative hanno svolto un’importante funzione nell’organizzare i coltivatori per entrare nel mercato ed aumentare il valore dei prodotti agricoli. In base all’indagine condotta dal Ministero dell’Agricoltura, "il reddito netto per coloro che prendevano parte alle cooperative agricole era di 300-400 Yuan più alto rispetto a coloro che non ne facevano parte, e ciò era dovuto al miglioramento delle condizioni di scambio dei prodotti agricoli." (Nichele e Colli 2010). Con l'aumento costante del livello di meccanizzazione negli anni più recenti è emerso un surplus strutturale di prodotti nei mercati domestici.

La principale organizzazione cooperativa è la All China Federation of Supply and Marketing Cooperatives (ACFSMC), presente soprattutto nel settore dell’agricoltura. Nel luglio 1950 è stata istituita l’Unione dei Quartier Generali delle Cooperative Cinesi di Fornitura e Commercializzazione come vertice cooperativo a livello nazionale. Alla fine del 1952 le cooperative di fornitura e commercializzazione avevano 130 milioni di membri (il 90% delle famiglie contadine). Nel febbraio 1982 l’ACFSMC entra a far parte del Ministero del Commercio Interno ma nel 1995 diviene una entità indipendente. L’ACFSMC è attivamente coinvolta nello scambi cooperativo internazionale al fine di rafforzare la cooperazione tecnologica ed economica, e le relazioni di commercio e di intensificare gli scambi e la cooperazione con le cooperative nel mondo. Le Cooperative di Fornitura e Commercializzazione in Cina hanno sviluppato partnership con cooperative di oltre 30 Paesi e hanno svolto un ruolo importante nel movimento internazionale delle cooperative.

Le Cooperative Specializzate nei servizi agricoli sono 47.000 e includono piantagioni, allevamenti, lavorazione dei prodotti, marketing ecc. e contano 9,69 milioni di agricoltori. 210.000 sono le cooperative multiservizi, ovvero più di un terzo delle imprese di municipalità e villaggio (TVE). Le stazioni di servizio delle cooperative primarie a livello di villaggi sono 210 mila e offrono agli agricoltori consulenza scientifica e tecnologica, assistenza medica, istruzione,attività culturali, locazioni in affitto e intrattenimento. Negli ultimi anni l’ACFSMC ha compiuto un notevole sforzo nel costruire moderne reti di circolazione, nell’accellerare lo sviluppo delle imprese associate, nel rinforzando il sistema di servizi per l’agricoltura. Agire nel mercato e promuovere l’industrializzazione dell’agricoltura è la missione delle Supply and Marketing Cooperatives. Le cooperative possono suddividersi sia sulla base di divisioni amministrative, sia in funzione di settori di business. Le SMCs hanno attivamente preso parte allo sviluppo di Associazioni di commercio di prodotti agricoli specializzati, di organizzazioni cooperative economiche rurali e di piattaforme di servizi per le associazioni.

Oggi la Supply and Marketing Cooperatives cerca di riformare le imprese possedute dalle cooperative. Alla fine del 2005, ad esempio, la China National Cotton Exchange (CNCE) contava più di 500 membri. La CNCE ha lanciato il primo e-trading (commercio elettronico) nel dicembre 2002. Alla fine del 2005 l’e-trading per il commercio del cotone aveva stipulato affari per più di 400 milioni di tonnellate. La China National Cotton Group Corporation (CNCGC) è una multi-impresa su larga scala per il commercio del cotone, nata nel 1993 come prima impresa onnicomprensiva focalizzata sul commercio del cotone. La CNCGC si occupa dell’acquisto, lavorazione, immagazzinamento, trasporto e distribuzione del cotone e dei prodotti ad esso relativi. La China Agricultural Production Material Group è un’impresa nazionale dipendente dalla All China Federation of Supply and Marketing Cooperatives. Il suo ruolo è quello di integrare la produzione e la circolazione di fertilizzanti chimici, pesticidi e altri materiali per la produzione agricola. Nel 2001 China Agricultural Production Material Group è stata classificata tra le prime 100 aziende per il valore totale di importazioni ed esportazioni; e nel 2003 ha vinto il titolo come prima tra le 10 Cooperative mondiali per l'import e l'export, nonché come azienda nazionale guida per le esportazioni delle Cooperative (Nichele e Colli 2010).


Le SMC hanno punti vendita in tutte le aree urbane e rurali che rappresentano un veicolo importante per la circolazione dei beni nelle aree rurali. Più di 1500 imprese hanno sviluppato circa 110.000 catene di negozi e più di 600 centri di distribuzione e vendite per 100 miliardi di Yuan che costituiscono il 35% delle vendite totali di beni e servizi. Fino ad oggi sono stati sviluppati circa 680.000 punti di vendita e servizi operativi sulla base di tre livelli di network che coprano le città, i comuni e i villaggi. Il tutto è stato costruito grazie alla capacità di ogni cooperativa di operare in vari network e tramite una diversificazione di nuove tipologie di business che include centri commerciali, i principali magazzini gestiti direttamente, negozi di alimentari con l’unificazione della distribuzione, dei prezzi, della marca e del sistema di servizi.

Ogni anno l'ACFSMC invia i suoi delegati al Congresso Nazionale del Popolo (Parlamento) per sottoporre le proprie proposte sullo sviluppo delle cooperative, e fare in modo che le richieste dei cooperatori vengano inserite nella politica economica dell governo. Raccogliendo le sollecitazioni dell' ACFSMC nel novembre 2009, il Governo Cinese ha approvato varie misure sulla "Velocizzazione delle Riforme e sullo Sviluppo delle Cooperative di Fornitura e Commercializzazione”, delineando le linee programmatiche delle riforme per espandere le cooperative per creare un ambiente favorevole ad accelerarne il potenziamento. Il governo individua nelle cooperative la struttura portante nello sviluppo dei servizi sociali per l’agricoltura, la forza dominante nella circolazione moderna dei beni rurali, e l’esempio per le Cooperative Dettagliate di Agricoltori. Inoltre, le cooperative dovrebbero accelerare l’accesso di mezzi agricoli di produzione e di servizi nelle aree rurali, e allo stesso tempo promuovere massicciamente l’accesso di prodotti agricoli e di prodotti secondari alle aree urbane, e dirigere il conseguente sviluppo e diffusione di altre tipologie di player nei mercati. Le SMCs partecipano alle operazioni di industrializzazione agricola e promuovono l’efficienza nella coltivazione per aumentare i guadagni degli agricoltori. 

Gli obiettivi per il futuro sono stati delineati dal congresso del 2010: promuovere intensamente le innovazioni di processo, introdurre novità sia nell’organizzazione che nei servizi, lavorare attentamente su “un tema e due priorità” per compiere “tre passi avanti”. “Un tema” si riferisce all'accelerazione dello sviluppo. “Due priorità” si riferisce al consolidamento del network composto dalla popolazione rurale e al rafforzamento delle imprese sotto la SMC. “Tre passi avanti” si riferisce alle conquiste nel sistema di riforme, nell’espansione del dominio operativo, così come nel miglioramento della regolamentazione e degli standard lavorativi (Nichele e Colli 2010).
Attualmente, le cooperative di fornitura e commercializzazione si trovano di fronte a opportunità strategiche senza precedenti. Il Governo favorisce politiche di supporto a vantaggio dei contadini e promuove l’evoluzione economico-sociale delle zone rurali. Il Governo Cinese attua una serie di misure atte ad avviare un mercato rurale e ad espandere la domanda interna, inoltre il rapido miglioramento della struttura di consumo nel mercato rurale e la crescita esponenziale del potenziale di consumo si sono dimostrate incredibili opportunità per le cooperative.In aggiunta, la SMC vanta un sistema organizzativo completo, un network di operazioni e servizi che copre aree sia rurali che urbane. La Cooperativa fornisce ai contadini beni di consumo di alta qualità e mezzi di produzione agricoli a prezzi ragionevoli e acquisisce i prodotti agricoli basati sugli standard di produzione, guadagnandosi la fiducia dei coltivatori.(Nichele e Colli 2010)

Il Quotidiano del Popolo del 21 agosto 2010 (“China rural cooperatives help boost farmers, income”) ha riportato che a Marzo del 2010 esistevano ormai più di 27.000 cooperative agricole primarie in Cina, quasi il triplo di quelle invece operanti alla fine del 2008: coinvolgendo già ora decine di milioni di contadini associati che godono di forte sostegno politico-economico da parte dello Stato cinese sulla linea della "nuova campagna socialista". Dal 2007 nelle campagne cinesi è in atto una ondata di collettivizzaione volontaria la quale ha fatto in modo che all’inizio del 2010 più di un terzo dei villaggi cinesi poteva contare su una cooperativa di produzione agricola. Il Global Times (28 giugno 2010, “Small farmers are harvesting the big market”) ha sottolineato che è la seconda volta dopo il 1953/56, che i contadini cinesi “si stanno organizzando per lavorare insieme”, per produrre assieme in modo cooperativo: una notizia di non poco conto, che sta interessando la vita quotidiana di centinaia di milioni di persone del gigantesco paese asiatico. "Il Fondo Monetario internazionale (2004) ha stimato che se già nel 1980 le cooperative non agricole di villaggio impiegavano circa 30 milioni di lavoratori, nel 2003 la cifra era salita a più di 130 milioni di unità lavorative, rimanendo quasi invariata negli ultimi cinque anni e coprendo circa il 20% dell’attuale forza lavorativa cinese." (Leoni M., Sidoli R. 2011).


Le cooperative dei lavoratori per Marx – “sono, entro la vecchia forma, il primo segno di rottura della vecchia forma, sebbene esse dappertutto riflettano e debbano riflettere, nella loro organizzazione effettiva, tutti i difetti del sistema vigente. Ma l’antagonismo tra capitale e lavoro è abolito all’interno di esse, anche se dapprima soltanto nel senso che i lavoratori, come associazione, sono capitalisti di loro stessi, cioè impiegano i mezzi di produzione per la valorizzazione del proprio lavoro”. Esse sono la dimostrazione che, “a un certo grado di sviluppo delle forze produttive materiali e delle forme sociali a esse corrispondenti, si formi e si sviluppi naturalmente da un modo di produzione un nuovo modo di produzione” (Marx 1967, pp. 522-23).


A fianco delle cooperative rurali (non agricole) di villaggio, tutt’ora esiste una grande e variegata rete di cooperative agricole ed edilizie, di consumo e/o urbane, coinvolgendo in forme diverse buona parte della popolazione cinese a partire da 10 milioni di persone che lavorano direttamente per i loro interessi ancora nel 2003. Nel 2002 c’erano 100 milioni di cooperatori aderenti all’Alleanza Internazionale delle Cooperative, mentre nel 2003 le 94.711 cooperative cinesi (di tutti i generi e tipologie) contavano al loro interno la “modica” cifra di 1.193.000.000 persone, associate a vario titolo (La Cina rossa).

La prima azienda "privata" cinese, la Huawei, che occupa il 44° posto tra le maggiori aziende cinesi (tutte quelle che la precedono sono statali) è in realtà una azienda "collettiva". La Huawei, il secondo produttore mondiale di tecnologia per navigare su internet con il computer, è una società di proprietà dei lavoratori. Il fondatore Ren Zhengfei, un ex militare e membro del Partito Comunista, possiede 1,3% dell'azienda. La Haier, altro grande Brand cinese, leader degli elettrodomestici invece "sebbene sotto parziale controllo pubblico è tecnicamente una compagnia 'collettiva', il che significa che si suppone sia gestita dai suoi impiegati" ci informa un sito americano (Who really 2009).

Bibliografia

Arrighi, Giovanni 2008. Adam Smith a Pechino. Genealogie Del Ventunesimo Secolo. Feltrinelli. 
Bedon, Rita 1994. La Cina è sempre più vicina. La contraddizione. n. .43-luglio-agosto 1994
Marx, Karl 1967. Il Capitale, Libro III, Editori Riuniti, 1967.
Leoni M., Sidoli R. 2011Il ruggito del dragone, ed. Aurora,
Nichele, Giulia e Colli Andrea 2010. Le cooperative cinesi. Peculiarità e linee di sviluppo nella Cina contemporanea. Fondazione Ivano Barberini. 
Mola, Giancarlo 2010. Haier, così nasce il brand cinese. la Repubblica. 
Yechury, Sitaram 2006. Transforming Rural China Visit to Modern Socialist Villages, Political Affairs, 25 Novembre 2006.
Kibbutz cinese 2014, Oggi in Cina - Guangdong, ancora proteste ambientaliste, China Files, 15-09-2014.



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