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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

domenica 18 maggio 2014

6.2.2: Scioperi: siamo alla vigilia della rivoluzione operaia?

6. L'imminente crollo della Cina
6.2: Il mito del Social Volcano



Per vent'anni la formula della globalizzazione è stata: taglio dei tassi d'interesse e delocalizzazione, un'equazione che ha evitato al capitalismo, quello vero, non il suo avatar finanziario, di confrontarsi con il suo nemico numero uno: la caduta tendenziale del saggio di profitto. Marx ne parla a lungo, ma anche Smith e Ricardo accennano a questo virus che si rafforza con il dilagare della produzione meccanizzata. Meno lavoro umano si utilizza nella produzione, meno grasso sarà il profitto; l'uomo e la sua intelligenza hanno un valore aggiunto superiore alla macchina. Gli asiatici lo sanno bene, noi ce ne siamo dimenticati. La Honda e la Foxconn si piegano ai voleri degli operai cinesi invece che rimpiazzarli con nuove tecnologie o delocalizzare la produzione in Vietnam perché il valore aggiunto della manodopera cinese è ancora imbattibile. Per produrre autovetture ed ipod di prima qualità ci vuole, per dirla alla Adam Smith, la mano "magica" dell'operaio specializzato. 
(Napoleoni 2010)

"Una serie di proteste in aziende straniere stanno facendo aumentare i salari degli operai. Pechino sperimenta con maggiore libertà sociale e la crescita del potere di acquisto degli strati più bassi" (Sisci 2010). Così scriveva il corrispondente della Stampa per gli scioperi avvenuti in alcune multinazionali straniere.
I primi dispacci della Reuters riportavano scioperi in alcune fabbriche senza però che si fermasse la produzione, che aveva subito soltanto una flessione, soprattutto negli stabilimenti dell'Honda. Alcuni lavoratori in sciopero avrebbero avuto l'intenzione di formare sindacati indipendenti, ma la richiesta non avrebbe ottenuto un consenso generalizzato e diffuso (Lotte operaie 2010). La notizia segnalava che parte dei lavoratori della fabbrica sono più vecchi e hanno poco a che fare con i lavoratori immigrati recentemente dalla campagna. Non era quindi probabile un'alleanza. Nelle aziende statali, la forte crescita economica ha comportato automaticamente aumenti di profitti e salari. I lavoratori di queste aziende non sembravano propensi a scontrarsi contro la dirigenza (Lotte operaie 2010).

La Reuters segnalava che i media statali non avevano dato molto spazio alle sollevazioni, ma il messaggio viaggiava tra i lavoratori attraverso Internet (Lotte operaie 2010). Ma a questo punto c'è stato un coro di osservatori della Cina che hanno segnalato proprio il contrario "Gli scioperi sono stati ampiamente coperti dalla stampa cinese e i cronisti stranieri recatisi sul posto non hanno avuto difficoltà a seguire gli eventi, segnali chiari da queste parti che Pechino non si oppone alle dimostrazioni, anzi" (Sisci 2010).


Chi siamo

Debunkers dei miti sulla Cina. Avversari della teoria del China Collapse e del Social Volcano, nemici dei China Bashers.