6.3 Disugualianze
La discrepanza nella prosperità nella campagna attualnente è solo un problema legato al fatto che "qualcuno si arricchirà prima e gli altri dopo." In nessun modo questo può essere considerato polarizzazione. Si va sulla strada della prosperità generale. Ma è illusorio pensare che oltre 800 milioni di contadini potessero arrivare al benessere dal giorno alla notte.
Editoriale del Quotidiano dei lavoratori del 1983 cit. in Greenfield e Leong 1997.Scrive Giuseppe Amata su Contropiano a proposito del terzo plenum del Partito Comunista Cinese tenutosi nel 2013: "Nella risoluzione si riaffermano le scelte fondamentali compiute negli ultimi trent’anni di riforme ed apertura al mondo esterno e proprio dallo sviluppo di queste si è discusso l’approfondimento delle riforme in molti settori della vita economica e sociale della Cina per realizzare gli obiettivi sanciti dal 18° Congresso che vedranno entro il 2020 (centenario della nascita del PCC) il raddoppio del PIL del 2010, con la riduzione delle differenziazioni tra settore industriale ed agricolo, tra territori dell’est e dell’ovest e tra città e zone rurali, infine tra classi sociali con l’incremento dei salari più bassi e con la costruzione di un sistema di sicurezza sociale e sanitaria. Questo obiettivo intermedio per il 2020 sarà la base per ulteriori traguardi già prefissati per il centenario della nascita della RPC, vale a dire il completamento della realizzazione di una società socialista"(Amata 2013). Ma come sta la Cina a proposito di inugualianze oggi?
1) Come sostiene un economista marxista, Hiroshi Ohnishi, i tentativi di eliminare la povertà attraverso l'egualitarismo portano dritto alla catastrofe economica. La povertà si combatte con lo sviluppo economico lasciando che alcune zone o regioni facciano da battistrada. Deng Xiaoping docet.
2) I maggiori successi nella lotta alla povertà si sono avuti nei periodi di forte sviluppo economico. Qualsiasi marxista ben nato sa d'altra parte che è impossibile "decrescere" e uscire dalla povertà.
3) La disugualianza economica non è soltanto necessaria ma auspicabile per motivare al lavoro, all'investimento e al rischio ed è, a determinate condizioni, un segno del successo di una economia socialista che si muove verso nuovi e più avanzati rapporti di produzione. Infatti dove il modello del socialismo di mercato si è sviluppato compiutamente ossia nelle città della costa, pur provocando la disugualianza con le parti più arretrate del paese, ha oscurato persino gli evidenti successi delle zone rurali nella lotta contro la povertà. Oggi sono pochi i poveri che vivono nelle città.
4) I cinesi non sono contrari alla disuguaglianza se se si basa sul merito, lo sforzo, o l'assunzione di rischi. Infatti, la disparità di reddito offre alle persone incentivi o altre opportunità per migliorare la propria posizione economica coerentemente con la teoria materialistica di Marx.
5) Gli stipendi differenziati (lo erano anche nel periodo maoista) devono incentivare l'acquisizione da parte dei lavoratori di nuove tecniche e premiare la preparazione tecnico-scientifica ovvero l'avanzamento delle forze produttive attraverso lo sviluppo di competenze che pongono le basi per il passaggio a rapporti di produzione più avanzati. Con la maggiore offerta di laureati gli stipendi tenderanno a riequilibrarsi. Marx aveva auspicato che nella fase socialista a ciascuno materialisticamente doveva andare ciò che gli aspettava in rapporto al lavoro da lui svolto in termini di quantità e complessità.
6) Lo sviluppo economico porta naturalmente alla penuria di manodopera e al conseguente aumento degli stipendi e al benessere.
7) Lo sviluppo (sempre “turbocapitalismo” perchè il "turbosocialismo" è impossibile [1]) fa diminuire la povertà. Che la disuguaglianza sia il prezzo che si deve pagare per tutto il processo della crescita economica è un argomento inconsistente frutto delle fasulle ideologie controculturali e anticonsumistiche della sinistra occidentale.
8) La disuguaglianza è diminuita durante i primi anni della riforma rurale (quando Deng avrebbe restaurato il capitalismo nelle campagne secondo i mentecatti della sinistra radicale).
9) Le imprese statali (SOE) e il settore pubblico in generale, cioè le imprese più propriamente socialiste, spesso incautamente accusate dalla sinistra radicale di macelleria sociale, sono di sovente accusate in Cina di eccessi salariali tanto che lo stato chiede di calmierare i loro vantaggi. Il coefficiente Gini è maggiore nelle aziende private 0,49 contro lo 0,23 del settore statale che rimane dunque abbastanza egualitario, nel senso che gli stipendi però tendono verso l'alto della gamma. Diverse settori si sarebbero ritagliati una posizione di vantaggio nella distribuzione delle risorse. In particolare nei settori dell’elettricità, del tabacco, delle assicurazioni, delle telecomunicazioni e della finanza, che generalmente guadagnano dalle 5 alle 10 volte in più rispetto agli altri settori. Nel 1997 il divario tra aziende monopolizzate come i servizi aerei e le poste era in media dalle 2 alle 3 volte in più rispetto al settore manifatturiero. La cosa paradossale è che gli stipendi delle aziende statali, molto "socialisti", però anche molto alti rispetto alla media, squilibrano il coefficiente Gini cittadino. Secondo i liberali cinesi la disugualianza è dovuta alla presenza monopolistica del settore statale ovvero essi "arrivano a sostenere che anche il problema della distribuzione del reddito potrebbe essere risolto grazie a un pacchetto standard a base di privatizzazioni, diminuzione del ruolo dello stato nell’economia, liberalizzazioni, promozione della concorrenza, etc. (Gabriele 2012). Essi sostengono che l'indice Gini sia pari a 0,61 cioè molto alto. La sinistra radicale riprende lo stesso dato attribuendolo, all'opposto, al "turbocapiatlismo" dei dirigenti comunisti.
Limiti degli indici di disugualianza
10) L’Indice Gini, può servire a fare raffronti ma prima bisogna capire cosa ci può dire. Un paese molto popolato dovrebbe, in generale, avere un indice Gini molto alto mentre un paese con una sola persona ha un indice zero ovviamente. Bisogna confrontare paesi che siano tra loro abbastanza vicini come popolazione. I paesi scandinavi che sono equivalenti a delle parrocchie di Shanghai è naturale che abbiano un indice basso. Che il Gini della Cina sia uguale a quello USA che ha una popolazione di quasi un un quinto significa che la Cina è molto più egualitaria degli USA. Difficile parlare del coefficiente Gini quando non si sa come funziona.
11) Sul coefficiente di Gini influisce la vastità del territorio. Nota gabriele: "una parte statisticamente maggioritaria della grande disuguaglianza complessiva rivelata da questa cifra è di natura spaziale/geografica. La Cina è enorme, e per forza di cose lo sviluppo economico moderno non può cominciare contemporaneamente dappertutto. Comparare il reddito pro capite del Guandong con quello del Gansu non è la stessa cosa che confrontare il reddito della Lombardia con quello della Basilicata (semmai, si dovrebbe pensare all’Olanda da una parte e all’Egitto dall’altra)" (Gabriele 2012). In generale più il paese è vasto più è possibile che vi sia uno sviluppo differenziato da zona a zona. Per questa ragione i valori calcolati per ogni paese europeo sono difficilmente comparabili con il dato complessivo della Cina. Bisogna dunque paragonare paesi di simile grandezza, tipo l'India. Infatti nessun altro paese, ad eccezione dell'India, si è mai trovato ad affrontare problemi simili (Arrighi). Oppure si devono comparare i paesi medi con regioni cinesi con una popolazione e un territorio equivalenti. Eppure nel campo delle disugualianze tutti fanno finta che in Cina ci siano le stesse condizioni dalla Svezia.
12) La Cina è il paese più popoloso del mondo ed anche uno dei più vasti, non ha ancora completato la transizione verso l’urbanizzazione, l’industrializzazione e la terziarizzazione ed ha uno dei più alti tassi di sviluppo del mondo. Dovrebbe di conseguenza avere di gran lunga l'indice Gini più alto del mondo, ma così non è.
13) La Cina è comunque molto più egualitaria dell'America Latina, dell'Africa e dell’India. Pure dell’Europa se il Coefficiente fosse misurato per l’intero continente piuttosto che in paesi come l’Austria meno popolati di Shanghai. In effetti se si prendono i paesi più ricchi dell’Europa (Svizzera, Irlanda, Svezia ecc fino ad arrivare ad un decimo della popolazione europea) e i più poveri (Bulgaria, Romania, Albania ecc anche questi per un decimo) si vedrà che i più ricchi hanno un reddito procapite superiore di circa dieci volte a quelli più poveri. Se prendiamo tutti gli abitanti delle città in Cina hanno un reddito superiore di “solo” tre volte quello delle campagne. Occorre però anche tenere presente la differenza del potere d'acquisto. La gente guadagna di più a Shanghai (che è paragonabile al Portogallo come standard di vita) che non nello Guangxi. La gente ha molti più i soldi a Roma che a Shanghai. Ma questo surplus è compensato dal fatto che il costo della vita è più alto a Roma che nella città cinese. Se si fa il confronto a parità di prezzo d'acquisto, le differenza sono molto minori di quelle che sembrano. La Cina si situa circa a metà strada per il Coefficiente Gini nel mondo, al livello della Gran Bretagna che ha una popolazione inferiore di 23 volte.
14) E' importante anche il tasso di sviluppo. Nei paesi ricchi ma stagnanti (0-2% di crescita) ma che hanno completamente percorso il processo verso l’industrializzazione e la terziarizzazione, la variazione del Gini può essere significativa se si verifica. I paesi poverissimi e stagnati hanno quasi sempre indici Gini bassi. I paesi dinamici (+6-10%) tendono ad avere indici Gini più differenziati. Inoltre bisogna vedere se è stato completato il passaggio dalla campagna alla città. Inutile confrontare la Cina che ha un indice di urbanizzazione scarsissima ma con alto dinamismo con un paese avanzato con un indice di urbanizzazione alto. La campagna soprattutto se sovrappopolata offre sempre redditi bassi. Quindi si devono confrontare paesi con indici di urbanizzazione simili. All’interno della singola città la differenza di reddito è minore del dato nazionale. L’India ha un numero di poveri molte volte maggiore di quelli della Cina pur con una popolazione minore.
L'industrializzazione ha ovviamente favorito gli abitanti delle città e il controllo della migrazione ha impedito la formazione di ceti poveri urbani. Solo il 3% di coloro che risultano poveri risiede in città in Cina. Questa è la ragione per cui si vedono gli slum in India, ma non in Cina.
15) Ci sono molte controversie su come calcolare il coefficiente di Gini in Cina. Ci sono più di venti stime diverse. Il valore più alto è quasi il doppio del valore più basso.
16) In generale il Coefficiente Gini della Cina è più accurato di quello degli altri paesi dato che i dati vengono raccolti lungo tutto l'anno mentre in altri paesi vengono raccolti in un determinato mese o settimana. Ma ha difetti legati alla specificità cinese.
17) Alcuni paesi danno benefici monetari, mentre altri (come la Cina) offrono buoni spesa o buoni pasto alla popolazione povera, che non sono presi in considerazione nel calcolo del coefficiente di Gini.
18) Il coefficiente Gini può aumentare in due modi. Gli aumenti di reddito avvengano per ciascun gruppo di reddito, sebbene il gruppo di reddito più alto tenda ad aumentare i propri guadagni più velocemente rispetto al gruppo a basso reddito. Questo è il caso della Cina. Ci sarà un divario di reddito senza serie conseguenze sociali. Se invece il gruppo a basso reddito si impoverirà allora le conseguenze sociali sono inevitabili. Una certa disugualianza può essere tollerata e poco percepita se è all’interno di un’economia dinamica. Poiché tutti hanno comunque aumentato i propri redditi e goduto di una vita migliore, l'ampliamento della differenza di reddito viene ampiamente accettata.
19) Le disuguaglianze della Cina sono in gran parte un fenomeno regionale. Il coefficiente di Gini per una singola provincia è piuttosto basso, mentre è grande se si confrontano tra loro le province più ricche con quelle più povere. Bassi coefficienti Gini sono presenti in piccoli stati europei (paragonabili ad una parrocchia di Shanghai). Inoltre è il coefficiente è grande se si guarda al dislivello tra città e campagna. E’ piccolo se si guarda a zone omogenee come città tra loro oppure campagne. Nelle città era dello 0.23 nel 1988 ed è aumentato a 0.319 nel 2002. Nelle campagne ad esempio era dello 0.303 nel 1988 e dello 0.366 nel 2002. Se si prendono i quasi 700 milioni di residenti nelle città e gli altrettanti residenti nelle campagne hanno un coefficiente pari o inferiore a quello di tanti stati europei con meno di 100 milioni di abitanti.
Nel 2013 in coefficiente Gini è il più basso dell'ultima decade |
21) L'andamento delle disugualianze dovrebbe procedere secondo la scienza economica in linea con curva di Kuznets cioè tendere verso l'alto nella fase ascendente dell'industrializzazione-urbanizzazione e abbassarsi quando questo processo si stabilizzerà. E' ciò che sta avvenendo in Cina. Dal 2009 il coefficiente Gini si è continuamente abbassato dallo 0,491 del 2008 allo 0.477 nel 2011, dato tra i più bassi del decennio passato.
22) Nel febbraio del 2013 appena dopo che l'ufficio di Statistica aveva resi noto questi dati è stato annunciato il nuovo piano per ridurre le inegualianze di reddito. Il raddoppio dei livelli di reddito personale entro il 2020, è emerso come uno dei nuovi obiettivi della leadership. Si deve dire che ai tassi di crescita attuali i redditi raddoppierebbero comunque. La crescita sarebbe maggiormente incentrata sul miglioramento standard di vita. La crescita economica rientra nel piano per combattere disuguaglianza del reddito puntando però maggiormente sulla qualità che sulla quantità.
23) Il partito giustamente insiste nella lotta alle disegualianze. Deng addirittura ne faceva una questione discriminante per vedere se la via seguita era quella socialista evitando la polarizzazioe o capitalista. Polarizzazione significa per Deng che si cresce a spese degli altri. Il Partito inoltre vuole sensibilizzare l'opinione pubblica sull'argomento affinché non si facciano strada atteggiamenti egoistici (tipo Lega nord in Italia) delle regioni più ricche e dei ceti benestanti verso coloro che avanzano più lentamente verso il benessere. Già nel 1995, la quinta sessione del 14° Plenum del CC del Partito comunista, ha messo in guardia contro l'ampliamento delle differenze economiche.
Confronto India Cina
24) L'indice Gini non ha ancora uno standard uniforme. Alcuni lo calcolano secondo i redditi altri secondo la spesa delle famiglie.
25) Quest'ultimo è il caso dell'India. L'India (che è l'unico paese paragonabile con la Cina) è descritta come un paese a disuguaglianza economica relativamente bassa. Ma vengono riportati i dati sui consumi e non sui redditi e i ricchi tendono a spendere proporzionalmente meno dei poveri in consumi. L'indice Gini della Cina normalizzato su quello dell'India è molto basso. La disuguaglianza di reddito arriva, in India, a 0,535 mentre il dato corrispondente per la Cina, 0,387, dati calcolati sui consumi corretti per la variazione spaziale dei prezzi tra aree rurali e urbane, che non vengono di solito citati nelle stime del coefficiente di Gini. Del resto la differenza negli slum è significativa. Shanghai era definita la "Calcutta dell'Estremo Oriente". Oggi sembra ironico paragonare una "città dolente" indiana ad una delle più moderne metropoli del mondo.
26) Eticamente e socialmente è probabilmente poco accettabile la disparità di opportunità piuttosto che il dato del reddito in se. In l'India la disparità di opportunità dipenderà dalla distribuzione della terra, dall'istruzione e dall'identità sociale. La distribuzione della terra in India è molto più diseguale rispetto, ad esempio, alla Cina. Il coefficiente di Gini della disuguaglianza della distribuzione delle terre nelle zone rurali dell'India era 0,62 nel 2002; la cifra corrispondente in Cina era 0,49 dello stesso anno. Questo deriva in parte dal fatto che l'India ha una popolazione senza terra molto più grande, mentre con la riforma in Cina si è distribuita la terra in modo tendenzialmente egualitario. La distribuzione della terra va corretta però con le caratteristiche dei terreni e del territorio (ad esempio terra semiarida o particolarmente fertile). Il coefficiente di Gini della proprietà di distribuzione era 0,63 nel 2002 nell'India rurale, mentre il dato corrispondente per la Cina era 0.39 nello stesso anno.
27) La disuguaglianza educativa dell'India è una delle peggiori al mondo: secondo le stime della Banca Mondiale, il coefficiente di Gini della distribuzione di anni di scolarizzazione degli adulti nella popolazione, una misura grezza della disuguaglianza educativa, era 0.56 in India nel 1998/2000, che non è solo superiore allo 0,37 della Cina nel 2000, ma anche superiore a quasi tutti i paesi dell'America latina (nel Brasile: 0.39 ) a causa della grande quantità di analfabeti.
28) I sistemi socialisti nei paesi in via di sviluppo portano alla creazione di diritti di proprietà socialmente più efficienti con riforme agrarie per migliorare sia l'equità che la produttività evitando il pericolo di una società altamente polarizzata. La mobilità sociale è molto maggiore in Cina che in India, in parte senza dubbio a causa del lascito, nel secondo paese, del sistema oppressivo e discriminatorio delle caste. Con la riforma in Cina ad ogni famiglia contadina fu assegnato un piccolo appezzamento in usufrutto. Ma la terra non fu privatizzata e vennero imposte limitazioni alle cessioni dei titoli di usufrutto. La concorrenza tra piccoli proprietari contadini ebbe necessariamente il risultato di una crescente differenziazione economica nei villaggi rurali con l’emersione di una classe di contadini relativamente agiata. Anche la riforma agraria messa in atto in Cina nel 1949 non aveva reso i contadini tutti uguali. Politica corretta tesa ad allargare il più possibile la base della rivoluzione democratica. I contadini poveri possedevano 0.8 ettari, quelli medi, 1,1 e quelli ricchi 2,1. I contadini poveri e medi avevano un capo di bestiame ogni due famiglie, quelli ricchi due. Ma la struttura agraria cinese resta fondamentalmente diversa da quella dell'India, dove più di cento milioni di braccianti senza terra lavorano i grandi latifondi di ricchi proprietari terriera.
Città e campagna
29) L'urbanizzazione è il fattore chiave nella riduzione delle disparità di reddito rurale-urbano. Accelerare l'urbanizzazione contribuirà poi a diminuire ed omogeneizzare la disparità di reddito in Cina. Certo che per il mainstream anticinese (compresa la sinistra radicale) in Cina siamo in presenza di una urbanizzazione selvaggia. L'urbanizzazione porterà al declino della popolazione rurale povera, il reddito medio rurale aumenterà e il divario di reddito pro capite urbano-rurale diminuirà.30) La diseguaglianza è maggiore nelle campagne. La cosa è significativa. La disegualianza non è dove dovrebbe essere per effetto del "turbocapitalismo" delle città. Però proprio nelle campagna si sono avuti i maggiori progressi nella lotta alla povertà!!!! Ovvero l’elemento decisivo non è la disegualianza ma la progressiva diminuzione della povertà. I maggiori successi nella riduzione della povertà si sono registrati grazie ai miglioramenti avvenuti nel settore agricolo.
31) La strategia di sviluppo proposta 30 anni fa ha portato a superare positivamente i gravi problemi della Cina - che ha il 22% della popolazione mondiale e solo il 6% delle risorse idriche e il 7% della terra arabile del pianeta - ha enormemente ridotto la povertà portando il benessere. La Cina ha un territorio non particolarmente felice per le produzioni agricole. La verità è che i contadini sono sfruttati dalla terra! In USA i contadini sono circa l'1% della popolazione lavorativa e producono l’1% del PIL, in Cina erano al tempo del picco del coefficiente Gini, il 43% e producono l’11,7% del PIL Inoltre in USA c'è più superficie lavorabile che in Cina. Vuol dire che all'incirca un agricoltore USA lavora una superficie che in Cina da sostentamento a decine e decine di contadini. La Cina ha il 7% dei terreni coltivabili del mondo con il 22% della popolazione mondiale. Grandi deserti, montagne e scarse riserve idriche. Pur estendendosi su un territorio paragonabile ad un continente la percentuale di terra coltivata è solo del 10% della quale però il 45% è irrigata (ad esempio in India è rispettivamente 57% e 23%). Ciò che hanno fatto i cinesi sinora è un autentico miracolo. Dalla rivoluzione la Cina è riuscita a espandere la produzione alimentare in modo impressionante: produceva 90 milioni di tonnellate di cereali nel 1950, ne ha raccolti 392 milioni di tonnellate nel 1998. A metà degli anni `90 ha raggiunto l'autosufficienza alimentare: si pensi che quasi mezzo secolo fa, alla fine degli anni '50, la Cina poteva ancora soffrire di carestie.
L'agricoltura cinese ha una redditività per ettaro piuttosto alta oggi. Superiore del 54% alla redditività media dell'agricoltura mondiale secondo la FAO. L'agricoltura è in gran parte meccanizzata, nel 2007 la produzione di trattori è stata in testa alla produzione industriale. Il problema contadino rimane perché la Cina ha ancora il 35% di impiegati nell'agricoltura (erano il 70% nel 1978), nei paesi avanzati gli addetti al settore agricolo sono dall'1 al 4%, e una concentrazione di contadini per ettaro coltivabile tra le più grandi del mondo.
La produttività media di riso nei villaggi era di 800 kg al mu. Questo è probabilmente uno dei tassi di rendimento più alti del mondo. Sebbene la Cina abbia una superficie decisamente più grande dell'India, ha meno terreni coltivabili, date le sue condizioni geografiche (104.2 milioni di ettari nel 2005 rispetto ai 120,2 all’India nel 2004-05). Tuttavia, la produzione agricola della Cina è molto più elevata: 484 milioni di tonnellate (2005) rispetto ai 204,6 dell’India (2004-05).
Come si può notare il livello di disugualianza stimato dalla Banca Mondiale è inferiore a quello dell'Ufficio Nazionale di Statistica cinese |
32) Sia Mao e poi Deng e i suoi successori hanno messo al centro della loro attenzione i contadini. Gli eccessi egualitaristici, volontaristici e “di sinistra” stavano mettendo a rischio l'orientamento socialista e l’indipendenza nazionale, il cui unico possibile esito sarebbe stato il ritorno della dominazione neocoloniale imperialista (a parte il rischio concreto di spaventose carestie). Il nuovo sistema fu creato dai contadini della provincia di Anhui. Deng Xiaoping infatti lo definì come una iniziativa dovuta alla creatività dei contadini stessi. E' la "linea di massa" maoista. Fu una rivoluzione dal basso. I contadini abbandonarono il sistema delle comuni e si misero a lavorare i poderi di loro spettanza quasi sempre gli stessi degli avi di famiglia.
33) Per tutta la prima fase cioè il 1978-83 le riforme sono incentrate sull’agricoltura con eccellenti risultati: il primo e più spettacolare risultato della riforma economica, all'inizio degli anni Ottanta, fu il boom dei redditi della popolazione rurale, cioè della parte più povera della popolazione. Complessivamente le ultime stime parlano di 640 milioni di persone sottratte alla povertà. I redditi dei contadini hanno avuto un aumento straordinario fino al 1984 -l’età d’oro della campagne come venne chiamata- rallentamento la crescita negli anni ’90. Naturalmente secondo le deboli menti della sinistra radicale i primi anni '80 erano gli anni in cui veniva restaurato il capitalismo. Ottima cosa dato che ha prodotto più ugualianza. Comunque nei primi dieci anni i redditi rurali sono aumentati più rapidamente che nelle città, fatto forse unico nella storia dell'umanità.
34) I contadini sono la parte più povera della popolazione, ma questo vuol dire che sono sfruttati? Se sì da chi? I contadini non sono ricaduti nello sfruttamento capitalistico nel senso classico marxiano, dato che non hanno padroni. Non ci sono più latifondisti, i contadini sono liberi imprenditori in Cina. Hanno il loro pezzo di terra che non possono vendere, dato che non si vuole ricreare una casta di proprietari fondiari o di grandi latifondisti. Il ritorno alla piccola azienda familiare, né l'entrata nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) hanno portato alla comparsa di nuove forme di sfruttamento del lavoro. La proprietà delle terre è rimasta collettiva, anche se rimessa in questione dalla comparsa di un mercato dei «diritti di gestione». La terra rimane proprietà collettiva, ma i contadini sono proprietari dei diritti d'uso e possono de facto affittare le loro terre. Le varie imposte agricole sono state tutte abolite. Allo stesso modo, non ci sono tasse per l’irrigazione. I prestiti vengono forniti agli agricoltori da parte delle istituzioni cooperative locali e le banche ad un tasso annuo di interesse di 0,55 per cento. Le spese di energia elettrica sono assai basse. Non c'è lavoro salariato impiegato dalle famiglie. La commercializzazione dei loro prodotti è fatta da cooperative i cui rappresentanti vanno in ogni villaggio per raccogliere i prodotti. Il margine è minimo o nullo in tutte queste operazioni. Allora non sono sfruttati dai latifondisti che non esistono, nè da proprietari capitalisti che non ci sono non essendoci nemmeno lavoro salariato, non c’è sfruttamento finanziario da parte delle banche dato che i crediti cooperativi prestano ad una tasso assai basso. Trattori, mulini, irrigazione sono gestiti a livello collettivo.
34) I contadini sono la parte più povera della popolazione, ma questo vuol dire che sono sfruttati? Se sì da chi? I contadini non sono ricaduti nello sfruttamento capitalistico nel senso classico marxiano, dato che non hanno padroni. Non ci sono più latifondisti, i contadini sono liberi imprenditori in Cina. Hanno il loro pezzo di terra che non possono vendere, dato che non si vuole ricreare una casta di proprietari fondiari o di grandi latifondisti. Il ritorno alla piccola azienda familiare, né l'entrata nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) hanno portato alla comparsa di nuove forme di sfruttamento del lavoro. La proprietà delle terre è rimasta collettiva, anche se rimessa in questione dalla comparsa di un mercato dei «diritti di gestione». La terra rimane proprietà collettiva, ma i contadini sono proprietari dei diritti d'uso e possono de facto affittare le loro terre. Le varie imposte agricole sono state tutte abolite. Allo stesso modo, non ci sono tasse per l’irrigazione. I prestiti vengono forniti agli agricoltori da parte delle istituzioni cooperative locali e le banche ad un tasso annuo di interesse di 0,55 per cento. Le spese di energia elettrica sono assai basse. Non c'è lavoro salariato impiegato dalle famiglie. La commercializzazione dei loro prodotti è fatta da cooperative i cui rappresentanti vanno in ogni villaggio per raccogliere i prodotti. Il margine è minimo o nullo in tutte queste operazioni. Allora non sono sfruttati dai latifondisti che non esistono, nè da proprietari capitalisti che non ci sono non essendoci nemmeno lavoro salariato, non c’è sfruttamento finanziario da parte delle banche dato che i crediti cooperativi prestano ad una tasso assai basso. Trattori, mulini, irrigazione sono gestiti a livello collettivo.
35) Nel complesso, il consumo medio nella Cina urbana dell'età maoista era due o tre volte quello delle campagne. Gabriele nota che "L’epoca in cui la Cina era obbligata a tassare l’agricoltura per finanziare l’industrializzazione è passata da un pezzo" (Gabriele 2012). Infatti le ingenti risorse economiche dedicate alla espansione industriale, in particolare dell'industria pesante, sono state estratte principalmente da contadini attraverso una pesante tassazione e consegne obbligatorie di grano e altri prodotti agricoli a prezzi artificialmente bassi. Scrive Gabriele: "L’egualitarismo maoista prevaleva sia nelle città che nelle campagne. Quindi, le disuguaglianze erano minime sia tra i contadini che tra gli operai e impiegati. Ma questi ultimi – pur poverissimi – stavano assai meglio dei contadini. E’ quindi sbagliata la credenza popolare secondo la quale nella Cina di Mao regnasse una perfetta uguaglianza e giustizia sociale" (Gabriele 2012). Paradossalmente l’URSS "revisionista" era in realtà più egualitaria della Cina. Nei primi anni ’80, i guadagni dei contadini nell’URSS stavano crescendo a un livello maggiore di quelli dell’industria e dei servizi anche se la trasformazione delle aziende collettive in aziende statali portò alla diminuzione della produttività contrariamente alla riforma cinese che aumentò l'efficienza. Dimenticarsi delle leggi economiche è sempre stato devastante per il socialismo.
36) Già durante l'epoca maoista la Cina è stata caratterizzata da un divario rurale-urbano importante. La differenza tra i lavoratori delle aziende statali cittadine e della campagna era forte. Nel 1964 era 2,2, nel 1978 era del 2,6. La povertà e la disuguaglianza sono diminuite drasticamente nel 1978-1985 durante gli anni della riforma rurale, quando l'agricoltura è stato decollettivizzata e si è dato spazio alla produzione familiare. All’inizio delle riforme il reddito agrario procapite era il 42% di quello urbano. In India nello stesso periodo era il 71%, in Thailandia il 45%, in Brasile il 43%. I lavoratori della città cinesi avevano un impiego e benefici (la cosidetta ciotola di ferro) garantiti per tutta la vita. Comunque un paese povero e economicamente arretrato come la Cina ovviamente non poteva assicurare a centinaia di milioni di agricoltori un lavoro nelle imprese industriali statali, garantito a vita con un livello di stipendio pari a due o tre volte il reddito di un membro delle comuni rurali.
37) La disparità tra città e campagna nel 2007 non era superiore a quella del 1995. Secondo le statistiche, il reddito netto pro capite dei residenti rurali è passato dai 134 yuan del 1978 ai 3255 del 2002, con un aumento medio annuo del 7,4%; il reddito disponibile pro capite dei residenti urbani è aumentato da 343 yuan a 10493, con una crescita annua del 7,2%. Il reddito procapite degli abitanti rurali è raddoppiato dopo i primi quattro anni, poi di nuovo dopo sei anni, poi ancora dopo sei anni e ancora dopo dieci anni ed è raddoppiato nei seguenti 5 anni. Praticamente in una trentina d'anni il reddito rurale è raddoppiato di più di cinque volte successivamente dalla riforma fino al 2011 aumentando di quasi cinquanta volte.
36) Già durante l'epoca maoista la Cina è stata caratterizzata da un divario rurale-urbano importante. La differenza tra i lavoratori delle aziende statali cittadine e della campagna era forte. Nel 1964 era 2,2, nel 1978 era del 2,6. La povertà e la disuguaglianza sono diminuite drasticamente nel 1978-1985 durante gli anni della riforma rurale, quando l'agricoltura è stato decollettivizzata e si è dato spazio alla produzione familiare. All’inizio delle riforme il reddito agrario procapite era il 42% di quello urbano. In India nello stesso periodo era il 71%, in Thailandia il 45%, in Brasile il 43%. I lavoratori della città cinesi avevano un impiego e benefici (la cosidetta ciotola di ferro) garantiti per tutta la vita. Comunque un paese povero e economicamente arretrato come la Cina ovviamente non poteva assicurare a centinaia di milioni di agricoltori un lavoro nelle imprese industriali statali, garantito a vita con un livello di stipendio pari a due o tre volte il reddito di un membro delle comuni rurali.
La spesa giornaliera dei ceti rurali tradizionalmente più poveri è aumentata del 150% in sette anni |
38) Il gap tra città e campagna è dunque aumentato, nel senso che i contadini stanno indubbiamente molto meglio che 20 anni fa, ma ad esempio gli operai stanno molto ma molto meglio dei contadini. Ovvero tutti i cinesi sono diventati più ricchi ma non con la stessa velocità. Allo stesso tempo in epoca maoista tra il 1949 e il 1952 i salari degli operai erano aumentati del 143% e i redditi dei contadini del 69%. Questo perché, ovviamente, lo sviluppo dell’industria era molto più veloce ed efficiente di quello dell’agricoltura.
C’è da dire che nel mentre è aumentata la popolazione delle città. Ovvero è aumentato il numero di coloro che stanno bene. I processi di industrializzazione e di urbanizzazione portano un afflusso di lavoro e di capitali verso le città e le zone disposte meglio per poi ritornare verso le zone rurali e le zone meno sviluppate una volta che il processo è terminato, per cui il coefficiente Gini dimostra maggiore validità per i paesi maturi piuttosto che per i paesi a crescita tumultuosa. In realtà in Cina le differenze sociali non sono poi molto sentite proprio per questa ragione.
L'allarme ci potrebbe essere se gli strati più poveri si impoverissero ulteriormente. Se invece si arricchiscono, seppur con una velocità minore, non c'è alcuna conseguenza negativa per la domanda interna in termini economici generali e di allarme sociale. Chi ci guadagna, in generale, non è portato a protestare.
39) ) E' la disuguaglianza a livello locale e non quella nazionale o regionale (tanto meno quella con le nazioni ricche) che conta per la gente. E ciò è anche naturale. Nessuno nei villaggi interni va a confrontarsi con la Svezia sempre che sappiano dov'è, ma con altre famiglie all'interno del villaggio. Secondo studi americani gli agricoltori, pur essendo il gruppo più povero, sono i meno scontenti. I cinesi sono più tolleranti dei livelli di disuguaglianza perché sono stati accompagnati da un aumento degli standard di vita. Il settanta per cento dei cinesi intervistati prevede che la loro qualità di vita migliorerà nel corso dei prossimi cinque anni. D'altra parte avendo aumentato di 50 volte il proprio reddito dal 1978 non hanno ragione di lamentarsi.
C’è da dire che nel mentre è aumentata la popolazione delle città. Ovvero è aumentato il numero di coloro che stanno bene. I processi di industrializzazione e di urbanizzazione portano un afflusso di lavoro e di capitali verso le città e le zone disposte meglio per poi ritornare verso le zone rurali e le zone meno sviluppate una volta che il processo è terminato, per cui il coefficiente Gini dimostra maggiore validità per i paesi maturi piuttosto che per i paesi a crescita tumultuosa. In realtà in Cina le differenze sociali non sono poi molto sentite proprio per questa ragione.
L'allarme ci potrebbe essere se gli strati più poveri si impoverissero ulteriormente. Se invece si arricchiscono, seppur con una velocità minore, non c'è alcuna conseguenza negativa per la domanda interna in termini economici generali e di allarme sociale. Chi ci guadagna, in generale, non è portato a protestare.
39) ) E' la disuguaglianza a livello locale e non quella nazionale o regionale (tanto meno quella con le nazioni ricche) che conta per la gente. E ciò è anche naturale. Nessuno nei villaggi interni va a confrontarsi con la Svezia sempre che sappiano dov'è, ma con altre famiglie all'interno del villaggio. Secondo studi americani gli agricoltori, pur essendo il gruppo più povero, sono i meno scontenti. I cinesi sono più tolleranti dei livelli di disuguaglianza perché sono stati accompagnati da un aumento degli standard di vita. Il settanta per cento dei cinesi intervistati prevede che la loro qualità di vita migliorerà nel corso dei prossimi cinque anni. D'altra parte avendo aumentato di 50 volte il proprio reddito dal 1978 non hanno ragione di lamentarsi.
40) Il “coefficiente di Gini” all'interno dello stesso mondo rurale è aumentato rapidamente dai primi anni ‘80 al 1990, mostrando un aumento della disuguaglianza nella distribuzione del reddito dovuto anche ai redditi più alti delle aziende rurali non strettamente agricole.
41) In Cina il reddito dei contadini è stato sempre inferiore a quello dei cittadini, costituendo il problema più comune. L'occupazione non agricola è importante per il reddito delle famiglie rurali e la sua distribuzione. Il reddito è più alto nelle attività locali non agricole o tra i migranti che non in agricoltura. La quota dei salari nel reddito rurale è salita bruscamente quando l'industria rurale prosperava e progredivano i processi migratori. I molteplici effetti si vedevano sia nei villaggi industrializzati sia in quelli in cui prevaleva la migrazione.
42) A cominciare dal 2004-2005 sono i residenti rurali che ricevono maggiori benefici mentre quelli dei cittadini si vanno restringendo. Da allora i redditi dei contadini sono aumentati di pari passo con quelli dei cittadini superandoli negli ultimi anni. Al fine di attenuare la differenza di reddito fra città e campagna, a partire dal 2004 il governo cinese ha coperto sempre più con finanziamenti pubblici le zone rurali, aiutando i contadini a comprare semi di alta qualità e macchine e impianti più avanzati al fine di aiutarli ad incrementare il reddito. Attualmente le misure hanno ottenuto buoni risultati. A partire dal 2008 le zone rurali sono state esonerate da tutte le tasse scolastiche per gli alunni della scuola dell'obbligo diffondendo nell'intero paese il nuovo sistema di assistenza medica cooperativa delle zone rurali.
46 L'analisi delle conseguenze del fenomeno dei migranti sul reddito delle famiglie rurali ha mostrato che questo ha ridotto la povertà rurale e, di conseguenza, la disuguaglianza. Il lavoro non agricolo locale ha fatto, com'è naturale, aumentare la disuguaglianza a livello locale, ed è stato un bene nel senso che i lavoratori non agricoli sono usciti prima dall'indigenza. Il lavoro migrante temporaneo (tanto deprecato dai giornalini della sinistra radicale) l'ha fatta diminuire.
47) L'aumento dei salari per i lavoratori migranti ha portato ad una riduzione del divario di lunga data del reddito tra aree rurali e urbane. Naturalmente, a causa delle carenze dei sistemi statistici, i redditi guadagnati dalle famiglie dei migranti e dei membri delle famiglie rurali che hanno lasciato la casa per la città per più di sei mesi sono, in modo significativo, omessi dalle indagini ufficiali. Il livello di reddito effettivo delle famiglie rurali è in realtà molto più alto di quanto risulterebbe, e il divario di reddito tra le famiglie rurali e urbane è più modesto, di quello che viene riportato ufficialmente. Il divario del reddito rurale-urbano ha contribuito 40-60 per cento della disuguaglianza globale tra famiglie cinesi. Il riallineamento del reddito rurale-urbano a seguito di aumenti salariali per i lavoratori migranti non qualificati tende a ridurre la disuguaglianza complessiva. Di conseguenza, il consumo interno diventerà una fonte importante di crescita economica del piano quinquennale.
41) In Cina il reddito dei contadini è stato sempre inferiore a quello dei cittadini, costituendo il problema più comune. L'occupazione non agricola è importante per il reddito delle famiglie rurali e la sua distribuzione. Il reddito è più alto nelle attività locali non agricole o tra i migranti che non in agricoltura. La quota dei salari nel reddito rurale è salita bruscamente quando l'industria rurale prosperava e progredivano i processi migratori. I molteplici effetti si vedevano sia nei villaggi industrializzati sia in quelli in cui prevaleva la migrazione.
42) A cominciare dal 2004-2005 sono i residenti rurali che ricevono maggiori benefici mentre quelli dei cittadini si vanno restringendo. Da allora i redditi dei contadini sono aumentati di pari passo con quelli dei cittadini superandoli negli ultimi anni. Al fine di attenuare la differenza di reddito fra città e campagna, a partire dal 2004 il governo cinese ha coperto sempre più con finanziamenti pubblici le zone rurali, aiutando i contadini a comprare semi di alta qualità e macchine e impianti più avanzati al fine di aiutarli ad incrementare il reddito. Attualmente le misure hanno ottenuto buoni risultati. A partire dal 2008 le zone rurali sono state esonerate da tutte le tasse scolastiche per gli alunni della scuola dell'obbligo diffondendo nell'intero paese il nuovo sistema di assistenza medica cooperativa delle zone rurali.
43) Le stratificazioni sociali in Cina sono più orizzontali che verticali. Ossia c'è spesso un abisso tra quello che guadagna un lavoratore di Shanghai e un contadino Guangxi, sia per il gap città e campagna che per quello regionale (che come vedremo si sta però riducendo o forse non è mai stato troppo alto). L’agricoltura, per ragioni facilmente comprensibili, cresce molto più lentamente dell’industria, elemento che allarga il divario tra città e campagna e questo porta con se il processo di migrazione interna dalle aree rurali a quelle urbane, processo tipico di ogni paese in crescita Il divario di produttività tra l'agricoltura e il resto dell'economia infatti ha continuato ad allargarsi, con conseguente aumento delle disparità di reddito rurale-urbano.
44) Sebbene nel 2007, il Gini urbano fosse 0,34, e quello rurale Gini era 0,36, il Gini nazionale rettificato per le differenze di costo della vita regionale era 0,43 nel 2007 rispetto allo 0,40 nel 2002.
I migranti
45) La separazione dovuta all'Hukou tra residenti rurali e urbani nel sistema si fa appena sentire nella differenza di reddito. Gabriele scrive in un saggio critico sulle disugualianze della Cina: "Queste discriminazioni (l'houku) erano, parzialmente giustificate - e in parte lo sono tuttora - dalla necessità di garantire condizioni favorevoli per il processo di industrializzazione (soprattutto all’inizio) e per evitare la formazione di enormi e miserrime baraccopoli periferiche" (Gabriele 20012). Ma non sembra che i cinesi la vedano come discriminazioni. Il migrante nella città fa un balzo nel proprio reddito rispetto alla campagna soprattutto ora che c'è scarsità di manodopera poco qualificata e che può rivendicare salari maggiori. I salari per i nuovi assunti si aggirano attorno ai 575 dollari (2012) al netto dei contributi. Circa otto volte quelli di 10 anni fa. Ancora di più considerando i benefit. Gli stipendi sono ora tre volte quelli dell'Indonesia, quattro volte quelli del Vietnam, cinque volte quelli della Cambogia e dieci volte quelli del Bangladesh. In questo caso, anche coloro che risiedono in città non sono particolarmente interessati al divario di reddito. Anche un alto coefficiente di Gini è per loro accettabile. Il problema che alla fine si pone è se nella complessa struttura urbano-rurale complicata dall'hukou le statistiche siano lette correttamente.46 L'analisi delle conseguenze del fenomeno dei migranti sul reddito delle famiglie rurali ha mostrato che questo ha ridotto la povertà rurale e, di conseguenza, la disuguaglianza. Il lavoro non agricolo locale ha fatto, com'è naturale, aumentare la disuguaglianza a livello locale, ed è stato un bene nel senso che i lavoratori non agricoli sono usciti prima dall'indigenza. Il lavoro migrante temporaneo (tanto deprecato dai giornalini della sinistra radicale) l'ha fatta diminuire.
47) L'aumento dei salari per i lavoratori migranti ha portato ad una riduzione del divario di lunga data del reddito tra aree rurali e urbane. Naturalmente, a causa delle carenze dei sistemi statistici, i redditi guadagnati dalle famiglie dei migranti e dei membri delle famiglie rurali che hanno lasciato la casa per la città per più di sei mesi sono, in modo significativo, omessi dalle indagini ufficiali. Il livello di reddito effettivo delle famiglie rurali è in realtà molto più alto di quanto risulterebbe, e il divario di reddito tra le famiglie rurali e urbane è più modesto, di quello che viene riportato ufficialmente. Il divario del reddito rurale-urbano ha contribuito 40-60 per cento della disuguaglianza globale tra famiglie cinesi. Il riallineamento del reddito rurale-urbano a seguito di aumenti salariali per i lavoratori migranti non qualificati tende a ridurre la disuguaglianza complessiva. Di conseguenza, il consumo interno diventerà una fonte importante di crescita economica del piano quinquennale.
Differenze regionali e il Go West
48) La Cina maoista, contrariamente a quanto si pensa, non era poi una società totalmente egualitaria. Il governo ha stipendi differenziati a secondo delle province per i suoi impiegati già dalla metà degli anni ’50. Lo sviluppo rimase concentrato a Shanghai e Pechino. Nel 1950 il divario tra regioni ricche e quelle povere era 11 a 1. Nel 1952 Shanghai era sette volte più ricca della provincia più povera del paese, nel 1978 era 14 volte più ricca. Alcune zone erano persino più arretrate rispetto al 1952.
49) Il decentramento fiscale e la liberalizzazione degli scambi hanno contribuito alla crescita della disuguaglianze. Il famoso federalismo fiscale riduce la capacità del governo centrale di attutire le differenze regionali. Infatti durante il periodo di anarchia della Rivoluzione Culturale avvenne proprio questo come paradossalmente nel periodo di maggiore decentralizzazione e "liberalismo" agli inizi degli anni '90. Dopo la ricentralizzazione fiscale del 1994, il governo nazionale ha una maggiore potere di ridistribuire le entrate alle province più povere. Difatti le disgualianze regionali che si erano ampliate fino 1993 a cominciare 1994 cominciano a stabilizzarsi se non a declinare.
50) La disegualianza del reddito regionale è leggermente diminuita tra il 1952 e il 1965, ma questo calo complessivo è stato interrotto da forti oscillazioni associate al Grande Balzo in avanti e alle catastrofi naturali nei primi anni 1960 per cui è difficile dire se vi fosse una tendenza chiara. La disugualianza dei redditi regionali poi è aumentata costantemente e sensibilmente durante il periodo della Rivoluzione Culturale. Fu solo dopo le riforme iniziate nel 1978 che i redditi regionali hanno cominciato a livellarsi. Dalle riforme del 1978 c'è stato un costante declino delle disugualianze durato 12 anni che sembra essersi concluso intorno al 1990 dopodiché ha ricominciato ad aumentare. Questa convergenza è stata fortemente associata con l'aumento della produttività rurale, ed era particolarmente forte all'interno del gruppo delle province che si sono aperte per integrarsi con il mercato mondiale. A partire dal 1990, anche se la convergenza è continuata all'interno delle province costiere, esse però hanno cominciato a crescere sensibilmente più veloci rispetto all'interno, e quindi i redditi regionali hanno iniziato a divergere ancora una volta.
51) Una delle maggiori fonti di squilibrio in Cina è la differente crescita tra regioni costiere e regioni dell'Ovest, tradizionalmente le più povere. Questo squilibrio c'è sempre stato come abbiamo visto. Per ragioni abbastanza comprensibili la Cina ha sviluppato le regioni dove esisteva già una base industriale. La riforma e l’apertura sono state realizzate in un primo momento nelle aree litoranee negli anni ’80. Durante 25 anni la Cina ha utilizzato il suo litorale come piattaforma dell’accumulazione di capitale e tecnologia che oggi permettono il trasferimento di centinaia di miliardi di dollari all’interno del paese. Queste regioni sono state incoraggiate a prendere il comando dello sviluppo economico verso il benessere in modo che guidino il resto verso la comune prosperità come sempre sostenuto da Deng. L’esperienza e i capitali accumulati hanno però permesso di sviluppare anche il resto della Cina. Oggi la misura del successo che permette di raggiungere la maturità al processo in corso non sta nello sviluppo del litorale ma nello sviluppo dell'interno del paese.
53) Alcune province sono disposte meglio di altre per approfittare dello sviluppo economico ovvero proprio le regioni costiere o in generale quelle frontaliere piuttosto di quelle interne o il Tibet dove i comunisti introdussero per la prima volta la ruota negli anni ‘50! Questi scarti sono dovuti non solamente a ragioni storiche e geografiche ma alla politica di riforma che ha visto protagonisti inizialmente alcune regioni per poi arrivare a quelle più arretrate. Ossia come dicono i cinesi: partire dal più facile per arrivare al più difficile. E’ ovvio che non si potesse chiedere agli investitori di Hong Kong di andare a mettere le loro aziende nell’Ovest, privo di infrastrutture (nel Tibet non c’erano nemmeno le ferrovie), di mano d’opera specializzata, di basi tecniche ecc. magari dicendo che i trasporti sarebbero stati fatti a dorso di cammello. La necessità di sviluppare le zone che avevano già una base industriale ha accentuato ancora di più le differenza già esistenti tra la costa est e il resto della Cina. D’altra parte non c’erano alternative.
55) Il problema è dunque di evitare la corsa a due velocità tra regioni dell’est e dell’ovest. La più importante e tangibile azione è stata quella di concentrare nella città di Chengdu, nell’ovest della Cina confinante con il Tibet, l’azione di innovazione tecnologica del paese, tanto da spingersi a definirla come la “Silicon Valley cinese”. Strategico per i cinesi recuperare la “sacca di povertà ad ovest”. Per i cinesi la crescita qualitativa, parte da una sostanziale innovazione di tutto il sistema industriale, per competere con le economie occidentali, attraverso l’introduzione di nuove tecnologie, soprattutto a favore delle aree rurali, la vera chiave per il futuro cinese.
56) Per le regioni occidentali sono state comunque studiate corsie preferenziali per attirare investimenti e capitali, oltre a costituire esse stesse l’oggetto di grandi progetti di investimento. La crescita più rapida si deve alle molte aziende che si trasferiscono lì. Non solo ci sono salari più bassi ma hanno università piuttosto buone. Un ulteriore vantaggio per province come l'Hunan, l’Henan e lo Anhui, per esempio, è che non sono molto lontano dalla costa. Quindi, con il miglioramento delle infrastrutture, è relativamente più facile spedire le merci all’estero. Il flusso di capitale in quelle regioni è aumentato del 30%, oltre alla crescita, in associazione con i Paesi confinanti, degli investimenti infrastrutturali in grandi progetti internazionali. Lo stato ha la capacità di investire in infrastrutture e di portare aziende statali in queste zone proprio perché ha conservato elementi essenziali della pianificazione economica. Nessuna sorpresa che l'indice Gini abbia poi iniziato a declinare.
57) Il Guizhou è situato molto all’interno e tra le provincie più povere della Cina e in condizioni sfavorevoli per lo sviluppo. Nel 2011 ha avuto un tasso di crescita del 17,1 per cento contro una media nazionale del 7,6. Ormai sta venendo avanti una Cina a due velocità in cui le provincie più arretrate superano nella crescita quelle più avanzate. Prima, il Guizhou era relativamente arretrato. Ora, nuove infrastrutture, in particolare le tangenziali e autostrade, hanno gettato una solida base per una futura espansione. Ci sono molti investimenti esteri, e le aziende locali sono pronte a collaborare con aziende estere per il loro know-how e la tecnologia avanzata.
58) Se negli ultimi anni le regioni tradizionalmente povere hanno superato nello sviluppo quelle ricche, il cambio in realtà si avvertiva già negli anni ’90. Un fatto importante riguardo alla disparità nei consumi e nel reddito di persone che vivono in differenti regioni della Cina è che anche le province più povere hanno sperimentato un significativo aumento dello standard di vita. La provincia che avuto il miglioramento più lento tra il 1981 e il 1998 è Guizhou. I suoi consumi procapite sono aumentati in media del 3,6 per cento durante questo periodo. Si tratta di un buon record se messo a confronto con molte altre economie in via di sviluppo. Quindi la regione che si era sviluppata di meno, il Guizhou, aveva un aumento record nei confronti degli altri paesi in via di sviluppo già dagli anni '90. Figuriamoci quando è poi arrivata a uno sviluppo del PIL del 17% nel 2001.
58) Nel 2007 si è vista l’impennata delle esportazioni dalle regioni confinanti con Russia, Khazakhstan, Kyrgyzstan e Tajikistan, che ha modificato sensibilmente l’intera struttura del commercio estero cinese. Per queste zone in via di sviluppo si riconferma di fatto il modello delle province costiere “prima maniera”, ovvero una produzione essenzialmente quantitativa più che qualitativa, di modo da accumulare più capitale nel minor tempo possibile per ulteriori re-investimenti.
61) I processi di polarizzazione sono significativi nelle fasi iniziali di sviluppo economico, ma alla fine cedono il passo ai processi di diffusione del benessere dato che i vantaggi competitivi delle zone più ricche sono erosi dall'aumento dei costi. In accordo con la teoria economica e con quanto predicato da Deng, il cosidetto rich-first si dovrebbe procedere verso la convergenza cioè verso il riequilibrio. Questo modello è stato trovato anche da Ohnishi
Differenze regionali secondo Ohnishi
62) Le ricerche di Ohnishi sono importanti perché contraddicono le tesi fornite dal mainstream (e dai liberali) alle disegualianze territoriali in Cina. L'economista marxista giapponese Hiroshi Ohnishi mette l'accento sull'unica strada per superare la povertà ovvero la politica di Deng Xiaoping del rich-first, in cui ci si aspetta che alcune persone o alcune regioni diventino ricche in un primo momento. In altre parole, i tentativi di eliminare la povertà solo attraverso la redistribuzione del reddito, come è stato fatto a Cuba, non porteranno ad una diminuzione della popolazione povera, ma piuttosto al collasso economico.
63) Lo stesso Ohnishi fa una interessante ipotesi sull'evoluzione delle differenze regionali. Poiché le zone costiere della Cina hanno avuto una rilevante crescita economica, le disparità di reddito tra le aree rurali e urbane sono diventate importanti, e questa tendenza può essere misurata con il coefficiente di Gini e gli indici di Theil. Anche se questa disparità è diminuita a causa del rapido aumento del reddito degli agricoltori subito dopo il 1978, la tendenza ha cominciato a cambiare a partire dalla metà degli anni 1980, e in particolare nel corso del 1990. Ci sarebbe dunque una tendenza all'aumento delle disparità regionali di reddito.
64) Come funziona il coefficiente Gini? In questo modo: Assumiamo che che ci siano 10 persone di cui una sola è ricca. Sorprendetemente l'indice Gini è molto basso. Se sono due ad essere ricche e otto povere, quindi la povertà diminuisce l'indice Gini aumenta. Se a essere ricche sono in tre ancora più sorprendetemente l'indice Gini è ancora maggiore pur diminuendo la povertà. E questo lo schema paradossale della Cina. Fino ad un certo punto l'aumento degli indici di disugualianza va di pari passo con la diminuzione della povertà.
66) La tendenza alla convergenza ha dominato nel primo periodo delle riforme, mentre una tendenza di gran lunga più fondamentale è stato osservato dai primi anni 1990, quando non c'era convergenza. Questa è la vera ragione per cui la disparità regionale della Cina sarebbe aumentata nel suo complesso almeno fino al 2004, perché la convergenza all'interno delle aree orientali implica che il rapporto tra redditi più elevati è aumentata ad un terzo da un nono, da quando solo Shanghai, Pechino e Shenzhen erano ricche nei primi anni '90. La cosa più importante in questo schema è che questi progressi da un nono a un terzo sono statisticamente un processo di aumento della disparità regionale di reddito. Se il reddito di otto noni è 1 ed un nono è 2, il coefficiente di Gini è di 0,1, mentre se quella di sei noni è 1 e tre noni è 2 , il coefficiente di Gini è 0,18, quasi il doppio.
Ohnishi Hiroshi ipotizza che l"espansione delle disparità" potrebbe essere stata causata da un aumento della percentuale nella popolazione urbana uscita dalla povertà. Non vi sarebbe alcun cambiamento oggettivo dei guadagni medi della zona urbana se vi fosse solo una "persona ricca". Perciò, vi è la possibilità che le disparità tra zone urbane e rurali vengano considerate come la crescita del numero di "persone che per prime ha raggiungimento la ricchezza". Se si calcola che spesso i "ricchi" hanno redditi paragonabili a quelli normali in Europa o USA, l'evoluzione delle le disparità può anche essere interpretate come un calo della povertà, infatti, questa tendenza è di per sé un processo in cui le zone sottosviluppate tendono a recuperare sulle zone avanzate e uscire dalla povertà.
67) Ohnishi indica che l'ampliamento delle disparità nel 1990 e fin dall'inizio effettivo della riforma e apertura, indica l'ampliamento delle "disparità inter-regionali", e non delle "disparità infra-regionali". Si presume che le "disparità infra-regionali" si stiano restringendo nella costa orientale a partire dal 1990.
Secondo alcuni indici la differenze di ricchezza tra le provincie (regioni) cinesi si sarebbero ridotte persino rispetto al 1990 qundo registravano a loro volta una riduzione rispetto al periodo maoista. |
70) Siamo in presenza di due diverse tendenze contemporanee, convergenza (tendenza verso l'ugualianza) e divergenza (verso la disugualianza). Le tendenze dovrebbero essere divergenti nella fase di basso reddito e convergenti nella fase reddito più elevato, perché l'evoluzione delle disparità procede, come abbiamo già visto, nella forma di U inversa della curva di Kuznets.
Analizzando il grafico storico delle disparità regionali in Cina si scopre che la convergenza della prima fase è causata dalla rapida crescita del reddito degli agricoltori favorita dalla riforma agraria. Tuttavia nel successivo stadio vi è una tendenza alla disparità dovuta al fatto che il settore industriale si sviluppa più rapidamente di quello agricolo.
71) Dal 2005 la curva di Kuznets inizia a tendere alla convergenza indicando la diminuzione delle disegualianze tra regioni. Alcuni studiosi pensano che la nuova tendenza sia già in atto dal 2002. Nell'ultimo decennio, alcune delle province interne hanno raggiunto tassi di crescita molto elevati, mentre i tassi di crescita delle città più ricche, come Shanghai e Pechino, sono diventati relativamente più bassi. Quindi la tendenza verso la crescita alta sta migrando verso le zone interne frutto della politica del Go West, invece di quelle litoranee.
72) In questo senso, possiamo concludere che la disparità di reddito regionale si è spostata dalla fase della divergenza alla fase di convergenza, come ipotizzato dalla strategia di Deng Xiaoping con la politica dall"arricchirsi per primi" fondata sul riconoscimento delle leggi dello sviluppo economico e del loro funzionamento anche nelle aree sottosviluppate. La Cina è ora passata da una fase di crescita economica che si concentrava solo sulla parte ricca ad una fase di crescita economica che si concentra sulla parte povera.
Disparità regionali secondo Gibson
74) Finora abbiamo ragionato in base alle statistiche cinesi le quali poco ci dicono su due elementi essenziali ovvero sull'uso di inappropriati denominatori (domiciliati vs. residenti) per calcolare il PIL procapite o per il mancato uso di deflattori (il più famoso è il Big Mac) per trovare la reale differenza tra le diverse capacità d'acquisto sul territorio. Ad esempio se abbiamo davanti una città stato come Singapore piccola e piuttosto omogenea spazialmente e con pochi milioni di abitanti è molto probabile che la capacità d'acquisto sia piuttosto uniforme a differenza di un continente come la Cina.
Rapporto tra popolazione registrata e popolazione migrante |
76) Scrive infatti Gibson, uno studioso australiano, che i cambiamenti di percorso della disuguaglianza inter-provinciale durante l’era delle riforme hanno avuto 4 fasi, di cui una sola riguarda l’aumento della disuguaglianza. Tra il 1978 e il 1990 la disuguaglianza inter-provinciale è declinata quasi continuativamente. Circa un terzo di questo declino è stato rovesciato nei 3 anni successivi, poi un anno di crescita nel 2005 ha posto fine a una decade di cambiamenti minimi nella disuguaglianza. Ma anche con quella crescita, la disuguaglianza era tornata a soli due terzi dei valori di partenza del 1978. La disuguaglianza inter-provinciale è poi diminuita rapidamente dopo il 2005, cosi che nel 2010 tornava al di sotto dei bassi livelli già visti nel 1990. L’unico episodio prolungato di crescita della disuguaglianza inter-provinciale si è verificato tra il 1990 e il 1993, solo 3 anni su 3 decenni di era delle riforme in Cina. In soldoni la disuagualianza inter-povinciale è inferiore a quella dell'epoca maoista.
78) All’epoca del censimento del 2000, la provincia del Guangdong aveva una popolazione registrata di 75 milioni di persone ed una popolazione di residenti totali (compresi i migranti) di 86 milioni – il PIL pro capite era sovrastimato del 15%. La stessa cosa vale per Shanghai, Zhejiang, Fujian e il Guangodng a Beijing e Tianjin. Nelle singole contee e nelle grandi città, l’errore è ancora maggiore. La città di Shenzhen fornisce un chiaro esempio: mentre la popolazione registrata era appena superiore ad un milione di persone al censimento del 2000, la sua popolazione residente totale era di 7 milioni, facendo sì che il PIL pro capite fosse sovrastimato di almeno il 600% nei dati ufficiali. In termini di tassi di crescita, l’uso del PIL per popolazione registrata fa sovrastimare i tassi di crescita del Pil procapite a Beijing e Shanghai dal 1990 al 2010 di circa il 2% per anno.
79) Siamo in presenza anche di un doppio conteggio che può arrivare fino a 26 milioni di persone in più di quelle reali, dato dal fatto che alcune provincie hanno compiuto il passaggio verso il conto dei residenti registrati a quelli totali 18 anni prima delle ultime che l’hanno fatto. Quindi durante quel periodo qualcuno il loro PIL pro capite può essere stato registrato in due provincie contemporaneamente, ad es. come residente in una provincia e come registrato in un’altra.
80) Uno studio mostra che l’apparente crescita della disuguaglianza interprovinciale, e il cambiamento della tendenza nella disuguaglianza regionale attorno al 2003, è un artefatto statistico risultante da questi errori. La percezione di una crescente disuguaglianza regionale ha distorto il dibattito. Il cambiamento nella tendenza poi coincide con le iniziative per ridurre la disuguaglianza regionale che ha visto svariate centinaia di miliardi di dollari investiti nello sviluppo di infrastrutture nelle provincie occidentali.
81) Questi errori impattano sulle tendenze della disuguaglianza inter-provinciale. La disuguaglianza del PIL pro capite cresce ad un tasso annuale del 2% nella decade del 1990, quasi il doppio di quanto rivela il conteggio revisionato, basato sui dati del censimento del 2000. Se i calcoli del PIL pro capite non fossero cambiati, l’apparente disuguaglianza inter provinciale avrebbe continuato a crescere velocemente. I dati ufficiali del PIL hanno cambiato il conteggio dalla popolazione registrata a quella residente nel 2003. Dato che la disuguaglianza nel PIL per residente è molto inferiore di quella nel PIL per popolazione registrata, questo cambiamento ha automaticamente ridotto la disuguaglianza misurata dal PIL pro capite ufficialmente riportato. Questo da l’impressione di una brusca inversione di rotta nel 2003, senza che ci sia stato alcuno cambiamento nell’economia.
83) La causa principale del maggiore coefficiente di Gini delle aree urbane, secondo vari studiosi, rispetto a quelle aree rurali è la differenza nella qualità e nel valore delle abitazioni, che ha rappresentato i due terzi della disuguaglianza della ricchezza netta. Gli abitanti delle città che hanno acquisito la proprietà delle case che avevano occupato (pur pagando canoni nominali) hanno fatto enormi plusvalenze, capitalizzando le sovvenzioni per la casa. In altre parole lo stato ha ceduto ad un costo nominale le case possedute. Una misura dopotutto molto popolare e socialista, ma le case in città e soprattutto in certe zone della città sul mercato hanno assunto un valore maggiore di quelle in periferia o in campagna. Gran parte delle disugualianze si devono imputare a ciò. Ad una misura tutto sommato socialista.
84) Secondo Gisbson è la stessa differenza spaziale tra dei prezzi si deve soprattutto al diverso valore delle abitazioni. In generale tale variazione dipende di più dal mercato della terra che dai costi di costruzione. L'attenzione si concentra sulle abitazioni urbane perché i dati sui costi delle abitazioni rurali sono principalmente dovuti alla costruzione e non al costo della terra e riflettono i prezzi per i materiali in quanto spesso autocostruiti. Il costo dei terreni è assente perché il diritto di utilizzare il terreno rurale residenziale è a disposizione di tutti i soci dei collettivi di villaggio, che poi sono responsabili per l'auto-finanziamento, l'auto-costruzione e ristrutturazione delle loro abitazioni. Al contrario, l'alloggio urbano è più orientato al mercato dopo le riforme nel 1998. La maggioranza dei residenti urbani tende ad acquistare le loro abitazioni, piuttosto che pagare l'affitto o vivere in un'abitazione auto-costruita.
85) Gibson e Li stimano che la disuguaglianza in Cina possa essere sopravvalutata ignorando le differenze territoriali nel costo della vita. In particolare essi utilizzano i dati sui prezzi degli appartamenti nelle città a sviluppando indici spaziali disaggregati dei prezzi delle abitazioni, che vengono poi utilizzati come deflatori spaziali per il PIL pro capite di province e città.
86) Se non si tiene conto del costo della vita vi è una distorsione verso l'alto del coefficiente di Gini del 15-16% e del 30-35%di quello di Theil. Prendendo la media dei risultati per le due misure di disuguaglianza, circa un quarto della disuguaglianza spaziale apparente scompare una volta che si tenga conto delle differenze del costo vita, provenienti solo dai prezzi delle case.
87) Gli errori nelle misure di disuguaglianza calcolati a partire dai dati nominali sono aumentati nel corso del tempo. I mercati immobiliari urbani erano assenti all'inizio delle riforme, e la differenziazione territoriale è era più limitata di adesso. Così, l'apparente aumento della disuguaglianza in Cina che si trova in molti studi, è dovuto probabilmente solo alla differente crescita dei prezzi a livello territoriale, piuttosto che alla crescente disuguaglianza dei redditi reali.
Classe media
88) Come non ci sono più le mezze stagioni sembra che in Cina non ci sia nemmeno la classe media. Solo ricconi o morti di fame. Come si pressapochista questa visione ce lo dice uno studio del più del prestigioso istituto di ricerca cinese a livello internazionale, l'Accademia di Scienze Sociali di Pechino, che invece indica una struttura ad oliva. La struttura dei redditi ad oliva significa che questi si concentrano nella parte centrale e mentre parti sempre minori vanno alle estremità e un numero sempre minore sarà molto più ricco o molto più povero della media della popolazione. E' ciò che sta avvenendo in città come Chongqing che ha una popolazione di 35 milioni di abitanti più della metà della popolazione italiana.
Percentuale 100%
più ricchi-7,4
ricchi-10,46
classe media superiore-17,04
classe media-21,94
classe media inferiore-19,91
poveri-12,99
i più poveri-10,21
classe media totale 58.9%
Ovvero la tipica struttura ad oliva in cui il consumo è distribuito maggiormente a livello centrale (classe media) piuttosto che agli estremi. La classe media con il 60% dei consumi è la colonna portante del mercato interno cinese. In ogni caso quello che è significativo è che il 60% della popolazione sia costituito dalla classe media. Comunque qui viene considerato il nucleo famigliare a cui la percentuale è riferita. Siccome l'età varia da 16 anni a 70 (essendo una ricerca sui consumi vengono presi elementi a campione) il 3,4% dei senza lavoro (compresi studenti e pensionati) risulta tra i più ricchi per la ragione che sono evidentemente troppo giovani o troppo anziani. Il 4,3% dei funzionari di partito e dello stato risulta tra i più ricchi come il 3% degli operai: il che può essere sia perché il nucleo famigliare è quello che conta sia perché spesso gli operai specializzati dipendenti delle multinazionali ricevono salari molto alti per la media cinese.
Sempre tra i più ricchi ci sono il 6,3% dei manager, il 15,6% degli impiegati del settore industriale, l'8,5% dei tecnici, il 19,15 degli imprenditori, l'8,7 degli impiegati nel settore commerciale, il 9,6% degli artigiani e liberi professionisti.
Questa ricerca è interessante perché fa piazza pulita di alcuni miti diffusi sulla società cinese: pochi ricchi (i dirigenti del Partito) e il resto tutti schiavi, la fetta maggiore in realtà si trova tra la classe media. Le multinazionali (il 60% dell'export cinese) che sfruttano manodopera per una scodella di riso. Nessun dipendente delle multinazionali è classificato tra le due categorie dei poveri e appena il 7,7% nella classe media inferiore, il 15,4% tra i più ricchi. I funzionari di partito e dello stato tra i più ricchi sono appena il 4,3% mentre il 15% tra i poveri e il 2,2% tra i più poveri. L'11,4% dei lavoratori sono classificati nelle categorie dei ricchi. In realtà se andiamo a vedere l'indice Gini per entità omogenee lo troviamo piuttosto basso. Per questo che nelle città cinesi non ci sono le immense bidonvilles dei paesi in via di sviluppo.
Le città che stanno sviluppando maggiormente la "classe media" sono quelle cinesi. Tutto il contrario di quanto si dice in occidente sulla polarizzazione della ricchezza. |
Ormai la classe media cinese è costituita da 300/350 milioni di persone ossia quasi sei volte la popolazione italiana. Ecco perchè il mercato cinese in forte espansione e fa gola. Coloro che investono in Cina mica ci vanno solo per esportare ma anche per entrare nel mercato cinese dalla porta principale. Tra l'altro si prevede che il numero di classe media con capacità di consumo proveniente dalle città di terzo livello, che predominano nelle aree della Cina occidentale, sarà più che triplicata dai 27 milioni di famiglie nel 2010 ai 92 milioni nel 2020.
Il piano per ridurre le disugualinze
In fine una accenno al piano elaborato nel maggio 2012 per ridurre le disugualianze:Esso "porta il nome apparentemente inequivocabile di “piano per ridurre le disuguaglianze di reddito”. Il piano dovrebbe essere applicato a partire dalla seconda meta’ del 2012. Non si tratta di una trovata estemporanea: per elaborarlo ci sono voluti otto anni.
Quello che a prima vista sembrerebbe un obbiettivo generico di indebolimento relativo dello stato viene precisato, secondo Chi Fulin, come uno sforzo di riforma interna dello stato stesso. Alcune sue componenti che hanno goduto finora di una autonomia diventata ormai eccessiva, e spesso anche di posizioni monopolistiche (soprattutto grandi imprese statali e parastatali) viene richiesto di “riorientare i loro interessi e di rinunciare ai loro privilegi … le imprese pubbliche dovrebbero contribuire di più al finanziamento della spesa sociale …i dividendi versati allo stato dalle imprese pubbliche dovrebbero aumentare , dall’attuale 10-15% a circa il 25% in cinque anni”. Si tratta in sostanza di riportare il surplus generato dalle imprese pubbliche sotto un maggiore controllo dello stato centrale [28], così da utilizzarne una parte significativa e crescente direttamente per soddisfare i bisogni primari del popolo attraverso la spesa pubblica , e quindi a condizioni non di mercato, contribuendo indirettamente ma efficacemente alla lotta contro le diseguaglianze socioeconomiche. In caso di successo, si tratterebbe di un enorme passo avanti nella direzione di un socialismo di mercato assai più autentico di quello esistente attualmente, in cui la forte presenza dello stato nell’economia verrebbe finalizzata in modo esplicito alla soddisfazione diretta dei bisogni popolari, piuttosto che alla creazione di valore di per sé e allo sviluppo economico intesi in senso ristretto e tecnocratico.
Altri elementi positivi del piano (a cui si accenna per ora solo in termini generici e possibilisti) dovrebbero essere i seguenti:
-saranno prese misure volte a regolare gli stipendi dei manager delle imprese monopolistiche pubbliche e private ad alto tasso di profitto;
- coloro che guadagnano di più pagheranno più tasse;
- sarebbe auspicabile stabilire degli obbiettivi quantitativi.
L’ultimo punto è forse il più significativo. L’esperienza dimostra che in Cina (a differenza di quanto succede in quasi tutti gli altri paesi), una volta che il governo elabora e annuncia obbiettivi macroeconomici e sociali, il più delle volte fa di tutto per rispettarli – e di solito ci riesce. La versione definitiva del piano anti-diseguaglianze potrebbe contenere espliciti obbiettivi quantitativi (come, ad esempio, un indice di Gini non superiore a un certo livello x per l’anno 2020). Se fosse così, al di la’ degli aspetti tecnici, lo stato cinese starebbe dando un segnale fortissimo di volontà politica (Gabriele 2012).
Note
Bibliografia: vedere i capitoli precedenti
Gabriele, Alberto 2012. Cina: socialismo di mercato e distribuzione del reddito, Marx21.it, 22 Giugno 2012.
Greenfield, Gerald; Leong, Apo 1997. China’s communist capitalism: The real world of market socialism, The Socialist Register, Merlin press, 1997.
Nessun commento:
Posta un commento