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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

venerdì 13 settembre 2013

6.4.2: La Cina come modello per i paesi poveri

6.4 Verso il benessere

La strategia di riduzione della povertà in Cina dovrebbe uscire dall'ombra e diventare parte integrante della politica economica globale.
Keith Griffin (Riskin 2004)

La Cina è un esempio a livello internazionale per ridurre la povertà, ha dichiarato Yukon Huang, capo del dipartimento cinese della Banca Mondiale (BM) dal 1997. Huang è stato chiaro "La politica di lotta alla povertà attraverso lo sviluppo si è rivelata un grande successo". Il governo cinese ha condotto una lotta su vasta scala contro la povertà in maniera organizzata e pianificata nel corso degli ultimi decenni, avendo accumulato risorse umane, materiali, la forza finanziaria e mobilitato tutti i settori della società per questo scopo. Mentre l'aumento degli investimenti per migliorare la produzione e le condizioni di vita nelle aree colpite dalla povertà, la Cina ha anche prestato maggiore attenzione alla tutela ecologica e ambientale e allo sviluppo sostenibile. 
Il governo cinese ha attivamente studiato l'esperienza internazionale di lotta alla povertà e ed ha attuato la cooperazione con organizzazioni internazionali di aiuto alla lotta contro la povertà sin dal dal 1990. "L'esperienza della Cina è molto utile alla Banca per gli insegnamenti circa gli approcci per ridurre la povertà, che siamo in grado di trasferire ad altri paesi", ha detto Huang. Debolezza delle infrastrutture, una popolazione in rapida crescita, le precarie condizioni fisiche e un basso livello di riduzione della povertà sono tutti fattori che potrebbero impedire futuri progressi nel migliorare gli standard di vita nei paesi più popolosi del mondo.

Percentuale di chi vive in povertà in Asia (Riskin 2004)

Anche il premio Nobel Amatya Sen approva l’impostazione rivolta allo sviluppo della Cina:
“Può ben accadere che il denaro, alla lunga, risponda a tutte le domande, ma allora la risposta arriva solo lentamente”, scrive il premio Nobel indiano Amartya Sen nel comparare la politica di sviluppo occidentale e quella cinese. Sen appoggia, con ciò, l’impostazione consapevole dei comunisti, rivolta allo sviluppo, contro l’impostazione dell’Occidente, generalmente orientata alla crescita. E in questo modo la vede anche la Banca Mondiale: “I comunisti hanno semplicemente preso la lotta alla povertà più seriamente di altri e hanno tentato di fare qualcosa con i loro mezzi”, dice Jürgen Vögele, economista tedesco della BM. Vögele confronta lo sviluppo cinese con quello dell’India e dell’America Latina: la crescita economica e l’apertura al mercato mondiale, lì, sarebbero stati efficaci nella lotta alla povertà molto meno che in Cina e in Vietnam. Ciò che l’economista della Banca Mondiale evita di dire è che la differenza sta nel sistema politico. Proprio negli anni Novanta, la democratizzazione nel Terzo Mondo - dove pure c’è stata - non ha camminato insieme ad una politica sociale orientata a sinistra. I metodi “fuori moda” di una tale politica sociale, basati su un forte ruolo dello Stato e su una riforma agraria socialista, sono sopravvissuti alla globalizzazione solo in Cina, in Vietnam e nella molto lodata Mauritius. Un esempio, quest’ultimo, che in questo periodo viene citato continuamente dagli avversari della globalizzazione nell’ambiente delle ONG, perché anche per loro elogiare Pechino o Hanoi rimane politicamente scorretto (Blume 2000).
La Banca Mondiale ritiene che se non fosse per i contributi della Cina (e del Vietnam), il numero della popolazione in povertà del mondo in futuro potrebbe registrare un aumento. Infatti è notevole il contrasto tra l’aumento della povertà nel mondo, dal miliardo di poveri nel 2000, si è passati al miliardo e trecento milioni nel 2004, mentre vi è stata una costante riduzione in Cina. Oggi nessuna delle 750 milioni di persone che soffrono la fame ogni giorno è cinese.

Come si vede da questa tabella qui sopra se si prescinde dal contributo cinese alla diminuzione della povertà, la povertà tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000 stessa sarebbe aumentata. In realtà, la Cina rappresenta da sola quasi tutta la riduzione della povertà globale raggiunta in tale periodo e più recentemente è stato di gran lunga il fattore più importante per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio per la riduzione della povertà globale.
Scrive John Ross: "Il numero di persone che vivono in estrema povertà, fuori dalla Cina è aumentato di 50 milioni tra il 1981 e il 2008 -. il numero di persone che emergono dalla povertà è stato inferiore all'aumento della popolazione. Ciò è dovuto all'aumento del numero di persone che vivono in estrema povertà nell'Africa sub-sahariana. Cina è quindi responsabile al 100% della riduzione mondiale del numero di persone che vivono in estrema povertà" (Ross 2013).

Secondo Wolfowitz: “Dal 1980, il 75% della riduzione della povertà nel mondo è merito della Cina (Finfacts Team 2005). Mentre per la citata Mohideen: “Nessun altro paese del Terzo Mondo ha ottenuto così tanto e dato un contributo così significativo alla riduzione della povertà globale, come ha fatto la Cina, in questo periodo” (Mohideen 2010).
Secondo il Direttore del Programma alimentare mondiale (Pam), James Morris la Cina “è riuscita a sollevare dalla povertà 300 milioni dei suoi abitanti, in meno di una generazione: una delle più grandi conquiste del 20simo secolo“ e oggi, “è ormai è in grado di aiutare: si è impegnata ad aumentare il suo contributo al Pam per l'anno prossimo”, anche se non sono state fatte cifre (quest'anno ha donato circa 25 milioni di dollari), e sembra disposta a mettere a disposizione anche la sua expertise nella risposta a disastri naturali o carestie:” spesso afflitta da simili disastri, la Cina ha sviluppato «capacità esemplari» nel gestire le conseguenze” (Forti 2004).


"Le crescenti relazioni tra l'Africa e la Cina sono spesso spiegate con la domanda del paese asiatico per le sue risorse naturali. Certo questo è vero, ma in gran parte lo si deve ad un alto fattore ossia la Cina serve come modello economico per il continente. La Cina è un esempio sorprendente di come un paese può sollevarsi dalla miseria all'interno di una generazione e diventare un protagonista dominante sulla scena mondiale "(Calestous Juma, 2007). Il nuovo ruolo della Cina come un importante investitore e donatore di aiuti in Africa, ha attirato molta attenzione nella regione e altrove, non ultimo tra i paesi europei che sono stati in primo piano in Africa fin dal periodo coloniale. Alcuni osservatori guardano con vivo interesse a questo nuovo rapporto "sud-sud" che indica come la politica estera della Cina si evolverà in futuro (Ravallion 2008).

Dal punto di vista africano, possono essere le implicazioni per la politica interna nella lotta alla povertà quelle che contano di più. Tra le cose su cui la Cina si differenzia dall’Europa occidentale, una sicuramente spicca: la Cina è un paese in via di sviluppo, che (a differenza dell’Africa) ha fatto grandi progressi contro la povertà assoluta negli ultimi 25 anni. I migliori dati attualmente disponibili indicano che nel 1981 due perzi nella Cina continentale vivevano sotto la soglia di 1 $ al giorno (a prezzi internazionali del 1995).
Allo stesso tempo, ciò era vero solo per circa il 40% della popolazione dell'Africa sub-sahariana. Entro il 2004, meno di una persona su dieci in Cina viveva in povertà con lo stesso standard (reale), ma la percentuale dell'Africa era ancora intorno al 40%. Nel 2008, il 47,5% dell'Africa sub-sahariana viveva con meno di 1,25 dollari al giorno. Martin Ravillion ha dichiarato: "Per l'Africa raggiungere ciò che la Cina ha raggiunto richiede tassi di crescita anche superiori a quelli avuti dalla Cina...". La crescita economica nei paesi in via di sviluppo rimane una priorità per la riduzione della povertà assoluta (Milnes 2012).
Tassi di povertà per la Cina e e l'Afrifa Sub Sahariana
(e il mondo in via di sviluppo nel suo complesso al di fuori della Cina)

Il tasso tendenziale di riduzione della povertà in Cina era di circa 1,9% punti per ogni anno tra 1981-2004, contro lo 0,1% nell'Africa Sub Sahariana. L'elevata dipendenza dell'Africa dai tassi elevati di fertilità, ma anche dall'alta mortalità degli adulti in età lavorativa a causa dell'HIV/AIDS  limitano la crescita e dunque la riduzione della povertà. La Cina ha iniziato ad entrare nella transizione demografica in termini di caduta dei tassi di natalità e mortalità, ben prima che le riforme iniziassero. Molti paesi africani hanno iniziato transizione demografica ma come nel caso del Kenya, i tassi di natalità hanno iniziato a salire di nuovo.

In Cina il 5,5% della popolazione deve ancora affrontare la malnutrizione. Tale cifra diminuisce progressivamente. In India, invece, la malnutrizione  riguarda ancora il 24% della popolazione. Negli ultimi anni è anche aumentato il numero di persone che soffrono la fame, quasi un quinto. "L'India ha goduto di anni di crescita inebriante, nonostante i problemi relativi estranei agli altri paesi dell'Asia orientale, come ad esempio le sue profonde divisioni di casta. Ora, però, una serie di problemi ha portato allo stallo. Il sistema pubblico di istruzione è disastroso. La modernizzazione promessa del sistema finanziario è avvenuta solo a singhiozzo. La riforma agraria necessaria per stimolare l'industrializzazione non è mai partita. E la malnutrizione rimane molto diffusa" (Beckett 2011).



Vi è una differenza fondamentale nel grado di coesione interna trovato in Cina, coesione economica, sociale e politica, che è  un grande paese e relativamente omogeneo piuttosto che i 48 piccoli paesi dell'Africa, etnicamente diversi e geograficamente dispersi. Non vi è alcun governo centrale africano che generalizzi e trasmetta insegnamenti politici da un luogo ad un altro.
L'esistenza di un unico stato unitario vantaggi economici; nella pubblica amministrazione, nella fornitura di beni pubblici nazionali, nei negoziati sul commercio estero ,nell'accesso ai mercati esterni. secondo Ravallion niente di tutto questo implica che l'Africa non possa imparare dalla Cina.
I paesi africani tendono ad avere istituzioni statali deboli, con un effetto feedback negativo   (tra l'altro) sulla qualità e la quantità dei servizi sociali fondamentali e le infrastrutture. Gli Stati più deboli derivano da una geografia politica ad esempio confini su base piuttosto arbitraria derivati dalle  partizioni coloniali ormai diventate stabili, bassa densità di popolazione e alta disuguaglianza (in varie dimensioni), conflitti endemici tra i vari paesi.


Per replicare il successo della Cina contro la povertà nel lungo periodo occorre andare oltre l’agricoltura ma l'Africa deve dare la massima priorità all'agricoltura e allo sviluppo rurale nel breve termine. La ricerca in agricoltura è aumentata di tre volte in Cina nel corso degli anni 1981-2000 (ma solo del 20% in Africa). Le infrastrutture rurali, le strade rurali, lo sviluppo del mercato, la scuola e la salute sono altri elementi propri della Cina che non hanno riscontro in Africa. Il problema è che molti governi africani pensano di poter ignorare i loro settori agricoli e lasciare il compito della riduzione della povertà all'assorbimento del lavoro da settori non agricoli. Peggio ancora, a volte cercano di far ripartire le loro economie da un rapido sviluppo moderno con relativamente alta intensità di capitale attraverso il settore manifatturiero. Non si deve ignorare il vantaggio comparato per cominciare lo sviluppo direttamente dalla fine. Una percorso di sviluppo basato sul capitale intensivo con manodopera abbondante potrà fare ben poco per ridurre direttamente la povertà rurale, e può anche danneggiare i poveri delle campagne indirettamente attraverso la necessità di finanziario (in particolare la pesante tassazione del settore agricolo) e le distorsioni dei prezzi. I problemi con il percorso di sviluppo di alta intensità di capitale sono ingigantiti in paesi con elevata disuguaglianza iniziale. E' anche un problema di sviluppo delle risorse umane. Relativamente pochi lavoratori poveri possono ottenere questi posti di lavoro che richiedano un'alta specializzazione. Per questo la Cina, avrà un ruolo importante nello sviluppo dell'Africa.

Calamita faceva osservare che: “L’indice di povertà della popolazione della Cina (5%) è decisamente minore di quello di nazioni appena entrate nell’Unione europea a 25 come l’Ungheria (17%) o l’Estonia (9%)” (Calamita 2002). Questi successi sono ancora più ragguardevoli se si pensa che negli Stati Uniti uno dei paesi più ricchi del mondo e senz’altro il più potente circa 25 milioni di persone non consumano un valore calorico giornaliero sufficiente secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Jabbour 2006). Il numero di persone che vivono in povertà nel 2010 è salito a 46,2 milioni secondo un rapporto del governo degli Stati Uniti, il più alto degli ultimi 50 anni. I redditi delle famiglie sono diminuiti drasticamente. Secondo Arianna Huffington, autrice di Third World America, ciò pone gli Stati Uniti sulla strada dei paesi del terzo mondo. Nel 2009, il numero complessivo degli americani che è sceso sotto la soglia ufficiale di povertà è stato di 43,6 milioni di euro. Poi si sono aggiunti 2,6 milioni l'anno successivo, oltre il 60 per cento ha detto che non ha lavorato nemmeno una settimana l'anno scorso. La percentuale di americani che sono privi di copertura sanitaria è passata dal 16,1 per cento al 16,3 per cento. Il tasso di povertà è aumentata al 22 per cento tra i bambini. Mentre tra i bambini neri, il tasso di povertà è aumentata al 39 per cento, e tra i bambini ispanici ha toccato il 35 per cento (Prasad 2011).

Nel 2011, secondo Eurostat ha riferito, 119,6 milioni di persone nell'Unione europea (24,2 per cento della popolazione dei 27 Stati membri) erano a rischio di povertà o di esclusione sociale. In questione sono almeno tre forme di esclusione: rischio di povertà, carenza o ridozione grave del lavoro. Numeri che saranno sicuramente superati a causa della mancanza di risposte alla grave crisi economica e sociale che affliggono questi paesi (Pobreza 2012).

Per fare un esempio di paese confrontabile con la Cina circa 52 milioni di messicani sopravvivono in condizioni di povertà, secondo il Consiglio nazionale per la valutazione della politica di sviluppo sociale (CONEVAL). La stessa entità rivela che, tra il 2008 e il 2010, più di tre milioni e 200 mila persone hanno gonfiavano il numero dei miserabili.


Nel complesso, il 46,2 per cento dei messicani vive in miseria, la maggior parte delle quali in termini assoluti necessario al conseguimento di prodotti alimentari. Questo gruppo è cresciuto nel periodo di cui sopra da parte di più di quattro milioni di persone, soprattutto nelle aree urbane. Reagendo ai dati CONEVAL, il segretario generale della Coalizione delle organizzazioni democratiche, e Urban Peasant, Marco Ortiz, ha accusato il governo di Felipe Calderon di immobilità rispetto alla crescita della povertà e alla produzione alimentare insufficiente nelle comunità rurali e nel segmento di l'agricoltura familiare, notando che il privilegio dell'agroindustria e il prezzo dei beni hanno un forte impatto sul reddito disponibile delle famiglie. L'inflazione sui beni di prima necessità in Messico supera l'otto per cento l'anno, mentre il salario minimo è aumentato solo del 4 per cento (México 2012).


Bibliografia

Calamita, Umberto 2002Il capitalismo alla cinese, una via non convenzionale al “libero mercato” del capitale, La Conraddizione, 103 lug-ago 2004.
Jabbour, Elias 2006. A defesa da humanidade no modelo da China, intervista di Zillah Branco, Avante 1701, 6 Luglio 2006.
México 2012. Pobreza alastra no México, Avante, N.º 1994,16.Fevereiro.2012
Milnes, Richard 2012. Economist Martin Ravallion discusses poverty in recent lecture Special, Digital Journal. 12 luglio 2012
Park, Albert 2009Still much to be done in fight against poverty, China Daily 08-04-2009
Pobreza 2012. Pobreza na UE, Avante, N.º 2037, 13.Dicembre.2012.
Prasad, Bhaskar 2011. Alarming Poverty Rate: Is U.S. Becoming a Third World Country? I.B. Times, 14 Settembre 2011.
Ravallion, Martin 2008Are There Lessons for Africa from China’s Success Against Poverty? Development Research Group, World Bank, OECD-DAC POVNET Workshop on China and Africa, Paris, 2008.
Riskin, Carl  2004. The Fall in Chinese Poverty: Issues of Measurement, Incidence and Cause, Queens College and Columbia University, Weatherhead East Asian Institute, Marzo 2004 
Ross, John 2013. China accounts for 100% of the reduction in the number of the world's people living in poverty, Key Trends in Globalisation, 24 Novembre 2013.
WB 2003. World Bank Says China Is Poverty Reduction Model,  Xinhua News Agency ,25 Febbraio 2003



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1 commento:

  1. Buon Pomeriggio,
    Trovo i suoi post molto interessanti, tuttavia ho notato che ci sono parti mancanti nella bibliografia: ad esempio non è segnato da dove vengono le citazioni da (Blume, 2000), (Finfacts Team, 2005), (Mohideen, 2010), (Beckett, 2011), (Forti, 2004) e (Calestous Juma, 2007). Mentre sono riuscito a ritrovare quella di Forti, non riesco a capire da quale opera/articolo siano tratte le citazioni di Blume e di Juma (per le altre non ho cercato). Se non mi sbaglio questo problema sussiste in altri articoli del blog. I riferimenti mancanti possono essere trovati nel suo libro "Crisi, crollo e rinacita del socialismo"?

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Debunkers dei miti sulla Cina. Avversari della teoria del China Collapse e del Social Volcano, nemici dei China Bashers.