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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

mercoledì 29 maggio 2019

7.10: La costruzione del socialismo in Cina nella prospettiva del processo di apprendimento


7. Socialismo vs. turbo-capitalismo



Il maggior trionfo del liberalismo si ha con la caduta del Muro di Berlino (sotto le cui macerie è rimasto sepolto definitivamente il cervello della sinistra) e con la propagazione del mito del massacro di Tienanmen, che ha comportato la rinuncia a vedere nella Cina una risposta realistica al liberismo (Cadoppi 2019). Domenico Losurdo è stato tra i pochi che hanno reagito elaborando, in risposta a questi drammatici avvenimenti, la tesi della costruzione del socialismo come processo di apprendimento. Ecco cosa scrive in una delle prime formulazioni di tale concetto:





[...] noi dobbiamo in realtà puntare soprattutto su una categoria che è la categoria dell’apprendimento. E’ una categoria che Mao ha saputo far valere soprattutto nel saggio, credo del 1935, sulla pratica. Mao insiste che come la lotta di classe si sviluppa attraverso contraddizioni, così anche il processo di conoscenza per comprendere la lotta di classe si sviluppa attraverso contraddizioni. E io credo che questo tema della necessità dell’apprendimento sia stato sviluppato soprattutto da due grandi autori, uno è Mao Tse Tung, un altro autore, vittima anche lui di una costante rimozione, si chiama, lo voglio dire, Deng Xiaoping. Deng Xiaoping ha scritto pagine memorabili su questo tema. Lo devo dire. Quando ho incominciato, da poco tempo, a leggere Deng Xiaoping, ho di nuovo ritrovato un’emozione intellettuale che non trovavo da molto tempo, cioè da quando leggevo Lenin polemizzare contro la frase vuota che non significava assolutamente nulla (Losurdo 2000).
Se la borghesia, già da prima delle rivoluzioni che l’hanno portata al potere, aveva in mano le leve dell’economia, così non è stato per il proletariato e le masse popolari le quali hanno dovuto apprendere l’esercizio del potere politico e l’arte della costruzione di una nuova economia socialista. Le rivoluzioni guidate da partiti comunisti hanno dovuto in genere misurarsi con paesi con una presenza debole della classe operaia industriale e della stessa borghesia; con un’economia arretrata; con rapporti di produzione spesso feudali agendo in una situazione di isolamento e di accerchiamento e in uno stato d’eccezione.
Dunque il movimento comunista ha dovuto far fronte a queste sfide. La domanda è perché coloro che hanno seguito il percorso iniziato dai comunisti cinesi nel 1978 hanno resistito e si sono sviluppati mentre altri hanno dovuto cedere. Certamente il processo di apprendimento riguarda l’interpretazione e il bilancio del passato. Riguarda indubbiamente gli scontri di Lenin e Stalin contro i fautori del tutto o niente, dell’utopismo e del messianesimo retaggio della tradizione ebraico cristiana, ma riguarda ancora di più il presente con i comunisti cinesi il cui processo di apprendimento è stato significativamente più efficace di quello dei loro compagni sovietici. Per questo Losurdo si è impegnato in prima persona per diffondere in Italia e in Occidente la conoscenza della realtà cinese contemporanea e del socialismo con caratteristiche cinesi; una pratica che ha fatto i conti con l’intera esperienza dell’edificazione del socialismo in Unione Sovietica e nelle democrazie popolari.
Uno studioso russo rilevava che nella prima metà degli anni Novanta c’erano intere sezioni delle librerie cinesi dedicate al riesame critico dell’edificazione del socialismo nell’Europa Orientale e le cause della sua caduta.
Per Losurdo si può partire da un caposaldo del marxismo quale la lotta di classe che si può dire, aristotelicamente, in diversi modi. I percorsi dell'emancipazione e del riconoscimento riguardano certo l'emancipazione sociale, ma anche quella di genere e quella nazionale che dunque sono una forma particolare di conflitto sociale. In specifico la lotta di liberazione nazionale è la vera cifra del movimento comunista e rivoluzionario internazionale del XX secolo. La questione nazionale è l’espressione dell’universale concreto dell’autentico internazionalismo. La Rivoluzione d'Ottobre diventa immediatamente una lotta di liberazione nazionale dopo l'invasione da parte di numerosi paesi (tra cui l'Italia) a sostegno dei controrivoluzionari “bianchi”. Bisogna ricordarsi che verso la fine della guerra civile l'Unione Sovietica è addirittura invasa dalla Polonia, che il Giappone se ne va dalla Siberia solo nel 1926 e che dal 1932 al 1939 aggredisce per ben tre volte l'Unione Sovietica, approfittando delle condizioni di debolezza da cui è uscita dalla guerra civile.
Lenin incita l’Armata Rossa a combattere una battaglia “sacra” per la Patria sovietica. E sottolinea patria contro l’estrema sinistra occidentale che ironizza sulla “difesa della patria” nella Russia dei Soviet, condannando i bolscevichi come dei social-patrioti qualsiasi. La guerra civile combattuta contro i bianchi sostenuti dalle potenze imperialiste, che contribuirono invadendo il suolo nazionale, continuata con la guerra polacco-sovietica si può considerare come la prima guerra patriottica.
Dal punto di vista interno il processo di apprendimento porta al passaggio alla NEP e poi alla collettivizzazione e alla pianificazione con grandissimi successi che però, in seguito, mostreranno anche dei limiti sostanziali. Dal punto di vista internazionale all’interno del Comintern viene superata l’infruttuosa fase del “classe contro classe”. Con il VII congresso si passa alla politica dei Fronti popolari che è in consonanza con quanto viene elaborato da Mao e dai comunisti cinesi con la lotta per la Nuova Democrazia che anticipa a sua volta la teorizzazione sulle Democrazie popolari. Si succedono allora altre tre grandi guerre patriottiche. Alcuni storici parlano espressamente della guerra di Spagna come una di queste guerre patriottiche che possiamo chiamare la seconda, dopo quella seguita alla Rivoluzione d’Ottobre. La terza grande guerra patriottica potrebbe essere quella del Fronte Unito Antigiapponese in Cina. Infine la grande epopea della Guerra patriottica sovietica che annienterà la peste grigia nazista che è la quarta guerra patriottica.
Se la concezione messianica del marxismo occidentale nega la centralità della questione nazionale occorre dire che anche i partiti comunisti che agiscono in Occidente diventano effettivamente partiti di massa nella lotta di liberazione nazionale. Il partito dei fucilati in Francia, il PCI di Togliatti che guida la resistenza patriottica in Italia, il Partito Comunista Cecoslovacco che assume un ruolo importante sul piano nazionale con la leadership della lotta di liberazione nazionale. Il PCC si proclama partito della nazione e nel 1948 raccoglie quasi due milioni e mezzo di iscritti.
Se nel 1917 i partiti comunisti e si erano formati nella lotta contro la guerra, esasperata dai nazionalismi, con la seconda guerra mondiale diventano partiti di massa partecipando in varia misura alla guerra. In seguito il movimento comunista si sviluppa con una serie di guerre patriottiche in Indocina, a Cuba e così via. Proprio Mao scriverà pagine indimenticabili, sempre ricordate da Losurdo, sul rapporto tra lotta nazionale e internazionalismo. Naturalmente in Occidente la sola pronuncia della parola patria genera sospetto, in particolare in Italia e Germania dove ha assunto il significato di razza, sangue e stirpe, insomma l'anticamera di Auschwitz. D’altra parte se in Occidente è più popolare parlare di estinzione dello stato e di eliminazione radicale della fonte di tutti i mali ossia il potere, in Oriente ci si batte per rafforzare lo stato, cosa che permette ad esempio alla Cina di resistere alla pressione dell'imperialismo (Losurdo 2017).
Losurdo è stato sempre molto attento ai successi della Cina nell’ambito dello sviluppo tecnologico. Così si esprimeva riguardo alla Cina Domenico Losurdo in un'intervista di qualche anno fa:
Il sentimento patriottico svolge un ruolo importante. Quando in una fabbrica si conseguono risultati rilevanti per quanto riguarda l’innovazione tecnologica e la rottura di un monopolio tecnologico sino a quel momento detenuto dall’Occidente, c’è una celebrazione corale per il successo conseguito e per il rafforzamento dell’indipendenza economica e tecnologica del Paese. Persino i cinesi d’oltremare partecipano a iniziative promosse dal governo di Pechino (Losurdo 2015).
Anche qui è presente il processo di apprendimento. Se in Occidente si tende a vedere nella futura società l'antitesi radicale, l’opposto della società capitalista in Oriente e già in Mao e soprattutto in Deng Xiaoping si tende vedere la società socialista come il superamento del capitalismo che non può prescindere marxianamente dallo sviluppo delle forze produttive. Superamento che però dialetticamente conserva i traguardi ottenuti, che in Cina sono ancora da raggiungere completamente, traghettando tutto il meglio della vecchia società in termini di economia, di eredità tecnico-scientifica e culturale nella nuova società incamminata verso il socialismo. In Cina si fa di più: si cerca di sinizzare il marxismo raccogliendo i frutti migliori della tradizione cinese come lo spirito confuciano. 
Dobbiamo prendere atto che il socialismo si sviluppa attraverso un faticoso processo di apprendimento. Non sono adeguate né la categoria di tradimento né quella di fallimento. Non ha senso fare valere tali categorie per un paese e per un partito che, dopo aver contribuito potentemente alla vittoria della rivoluzione anticolonialista mondiale, stanno oggi mettendo fortemente in discussione anche il neocolonialismo praticato dall’Occidente e dagli USA (Losurdo 2015).
Il processo di apprendimento in Cina ha fatto passare il paese attraverso tutte le fasi sperimentate negli altri paesi socialisti: dalla Nuova Democrazia ovvero Democrazia popolare a quella sorta di Comunismo di guerra che fu la Rivoluzione Culturale, alla gigantesca NEP chiamata da Deng Xiaoping “Politica di Riforma ed Apertura” fino al “socialismo di mercato” già sperimentato nei paesi dell’Est. L’attuale approdo dei comunisti cinesi che tiene le aziende strategiche sotto il controllo dello stato è più abbordabile del socialismo di tipo sovietico anche per l'Occidente capitalista. L'economia di mercato socialista evita l'instabilità macro-economica del capitalismo, mentre sfrutta l'efficienza micro-economica del mercato. Mercato che nella sinistra occidentale, anche per la commistione tra marxismo e controcultura anglosassone dopo il Sessantotto, suscita una condanna senza appello, per altro mai pronunciata dai classici del marxismo.
I cinesi sono arrivati a elaborare le tesi sul socialismo di mercato partendo da una revisione critica delle esperienze sulla costruzione del socialismo in URSS e nelle democrazie popolari. Proprio nelle democrazie popolari fioriscono le teorie e le prime applicazioni del socialismo di mercato che, dunque, non è per nulla estraneo all’esperienza storica dell’edificazione socialista. I cinesi non hanno demonizzato né Stalin né Mao. Hanno semplicemente rivisto in modo critico tali esperienze non per ricominciare da capo, ma per andare avanti.
Il marxismo proprio perché vuole essere una teoria scientifica deve evolversi e modificarsi a contatto con la realtà concreta. Il marxismo è una guida per l'azione ma non sostituisce l'analisi concreta della situazione concreta che sostiene l'azione.
Engels era il primo a dire, per esempio, che il materialismo deve cambiar forma con ogni grande scoperta delle scienze naturali che rivoluziona la nostra visione del mondo, come del resto sottolinea Lenin in Materialismo ed empiriocriticismo. 
Tutto può essere revisionato. Qui poi bisogna intendersi su cosa si intende per marxismo. È singolare che i dottrinari non citino mai il Lenin del dopo 1917. Quello che fa i conti con la "governance" diremmo oggi.
Il “tradimento” va di pari passo con il cosiddetto “antirevisionismo”. Lenin parla del revisionismo nella polemica contro Bernstein in Marxismo e revisionismo (1908). Poi non riprende più l'argomento anche perché l'estrema sinistra (Ossinsky, Bucharin, consigliaristi) accusa lui per primo di revisionismo. Lenin ha una profonda avversione per l'estrema sinistra, direi addirittura disprezzo tanto che tutta la sua produzione dopo il 1918 è diretta contro l'estrema sinistra dottrinaria e settaria. L'argomento del revisionismo viene ripreso dal gruppo dirigente cinese dopo il 1956. Gli alfieri di questo atteggiamento sono in particolare Deng Xiaoping e Liu Shaoqi che poi addirittura ne furono le vittime durante la Rivoluzione culturale. In particolare fu Deng Xiaoping il più coerente sostenitore della rottura con l'URSS e fu lui che effettivamente fu inviato a Mosca per rompere con Krusciov. Ma Deng, a mio avviso la più grande personalità politica del Novecento, rinsavì. "L'antitrevisionismo" è solo la rappresentazione massima della stitichezza del pensiero anzi è la rinuncia a pensare. Non a caso la forme più coerente di antirevisionismo fu l'enverismo. Bisogna ricordare che la prima “invasione” di immigrati avvenne dall'Albania enverista. In Cina ora il tasso di emigrazione è addirittura negativo.
Bisogna fare qui una premessa metodologica o epistemologica che dir si voglia. Il marxismo ambirebbe ad essere scientifico dunque implica quegli elementi empirici e pragmatici (in senso lato) che sono tipici delle metodologie scientifiche. Stalin metterà il pragmatismo degli americani come una delle qualità che deve avere il bolscevico. Adottando la pratica come solo criterio della verità, il marxismo cinese diventa un soggetto su cui si può riflettere per svilupparlo e rinnovarlo. In questo modo si è aperta la strada ad ogni possibile contributo al marxismo e all’apertura economica. I comunisti cinesi hanno praticato a più riprese la “liberazione del pensiero” il che implica l’emancipazione da tutti i tabù dogmatici che si sono incrostati nel marxismo. Questo è avvenuto in base alla massima di Mao secondo cui la prassi è il criterio della verità ovvero “cercare la verità nei fatti”. La qual cosa rappresenta un salutare bagno nell’empirismo dopo stagioni passate nel dogmatismo talmudico in cui era venerata qualunque cosa dicesse Mao, tempo in cui, come dicono i cinesi, uno pensava per tutti. Mettere una pietra dopo l’altra per attraversare il periglioso fiume è anche un’immagine che ricorre sovente nelle espressioni dei comunisti cinesi che corrisponde efficacemente del criterio epistemologico adottato in Cina. L'apertura verso l'esterno ha inoltre permesso al marxismo cinese di diventare una teoria competitiva che consente di confrontarsi alla pari con altre teorie come quelle neo-liberali. 
Occorre ricordare che per il marxismo è la pratica sociale che è fonte delle nostre sensazioni e la base anche delle nostre elaborazioni. La pratica sociale, collettiva e non meramente soggettiva ci permette anche di valutare storicamente, di fare un bilancio storico di un’esperienza ormai secolare di edificazione del socialismo. Il marxismo vivente si evolve continuamente in rapporto alla situazione concreta che abbiamo davanti e con il bilancio dell'esperienza accumulata che abbiamo alle spalle ovvero il “processo di apprendimento”.
La sinistra occidentale assomiglia da questo punto di vista ai filosofi, descritti da Brecht, travolti dal Fiume Giallo e che, proprio per questo, non sono riusciti a stabilire se esista una realtà esterna. In realtà il modo di pensare della sinistra occidentale ha impedito uno studio concreto di ciò che si stava verificando nei paesi capitalisti e delle sfide che ciò comporta per il socialismo, mentre nel “Manifesto” Marx e Engels sottolineavano come la borghesia non possa vivere senza rivoluzionare di continuo i mezzi di produzione e con essi tutta la società. Il capitalismo ha dimostrato di potere superare le crisi ricorrenti ristrutturandosi e di sapere ancora creare ricchezza. Per questo, il capitalismo non è da buttare bensì marxianamente da superare. Solo un sistema che superi il capitalismo nella creazione di ricchezza può essere appoggiato dalle masse popolari. Altrimenti, a ragione, lo rifiuteranno. C'è poco da fare, le masse sono materialiste (ancorché dialettiche).
I cinesi sono desiderosi di raccogliere il meglio della scienza e della tecnica occidentale favorendo il trasferimento di conoscenze attraverso le joint ventures della zone economiche speciali. Lo sviluppo economico ha permesso, ricordava sempre Losurdo, di togliere dalla povertà assoluta qualcosa come 850 milioni di individui facendo del governo cinese il più popolare del mondo presso il proprio popolo, non secondo l’opinione dei dirigenti cinesi, ma secondo la Pew Research americana che sonda periodicamente la governance nei vari paesi.
La Cina sta costruendo un’alternativa rispetto al tradizionale ordinamento internazionale che vedeva l’Occidente detenere il monopolio della tecnologia, confinando il Terzo Mondo al ruolo di erogatore di materie prime e di forza-lavoro a basso costo e di prodotti a basso contenuto tecnologico. Grazie al prodigioso sviluppo economico e tecnologico della Cina, il precedente modello di divisione internazionale del lavoro sta cadendo in crisi, ma la sinistra populista non presta alcuna attenzione a questa gigantesca trasformazione ovvero a questa grande rivoluzione. Sinistra populista è quella (ben presente in un quotidiano pur indispensabile com’è Il manifesto) che sarebbe pronta a versare fiumi di lacrime se dalla Cina provenissero decine di milioni di migranti affamati e disperati, ma che è incapace di riconoscere il merito di un gruppo dirigente che, avendo sviluppato in modo prodigioso l’economia del paese, ha prevenuto e reso impossibile la tragedia di masse disperate costrette a cercare la via di scampo in un’emigrazione a tutti i costi (Losurdo 2015).
Una nazione forte economicamente ha rafforzato la popolarità dei comunisti all'interno del paese e ha permesso al paese di proiettarsi verso l’esterno. Brics, Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, la Via della seta (Belt & Road Initiative) stanno cambiando il mondo indirizzandolo verso la fine dell’unilateralismo americano, rafforzando i paesi che resistono all’imperialismo occidentale e che reggono ai vari embarghi proprio grazie al dinamismo economico e commerciale della Cina. Questo viene troppo spesso scambiato per imperialismo dai semplificatori della sinistra radicale, ma in realtà rivela la loro sudditanza ideologica al mainstream anti-cinese che dà voce all’ideologia dominante.
Losurdo pone anche la domanda se ci sia più uguaglianza oggi o nel periodo di Mao? La risposta è che il grande sviluppo economico cinese ha portato maggiore eguaglianza promuovendo lo sviluppo dei paesi arretrati riducendo la distanza rispetto a quelli avanzati. L’eccezionale sviluppo della Cina ha contribuito a ridurre quella che Kenneth Pomeranz definiva la «grande divergenza». Centinaia di milioni di esseri umani hanno avuto accesso al primo dei diritti umani: vivere degnamente.
L’emersione della Cina dalla povertà, le politiche win-win nei confronti dei paesi africani e del terzo mondo hanno scatenato una gigantesca lotta di classe in cui le potenze dominanti e in particolare gli Stati Uniti cercano di ricacciare indietro i paesi emergenti. Oggi questo è l’aspetto principale che assume la lotta di classe a livello internazionale. La possiamo chiamare la quinta grande guerra patriottica in cui i paesi emergenti lottano per riaffermare la loro indipendenza per la fine del neo-colonialismo, succeduto all’ormai squalificato vecchio colonialismo.
Sta di fatto che l’altra grande divergenza quella tra “marxismo occidentale” e “marxismo orientale” di cui parlava Perry Anderson negli anni Settanta del secolo scorso ha lasciato sul terreno, dopo quarant'anni un solo vero contendente che possa affermare che la propria teoria sia diventata, secondo l’espressione di Marx, una forza materiale: il marxismo orientale mentre quello occidentale è ormai relegato all’accademia (Losurdo 2017).
Il marxismo con caratteristiche cinesi è l’esperienza storica dei comunisti cinesi ovvero ciò che essi hanno imparato dalla propria esperienza e dal confronto con le altre esperienze nel loro processo di apprendimento, è in diretta connessione con la prassi nella quale si verifica, dunque è scienza . Il marxismo cinese per Losurdo è Marxismo Vivente e non il marxismo morto e sepolto degli accademici, degli scolastici e dei dottrinari.

Bibliografia

Cadoppi Giambattista. Crisi, crollo e rinascita del socialismo. Il socialismo dalla «primavera di Praga» alla caduta nell'Europa orientale, alla rinascita in Asia, Cavriago : Anteo. 2018. p. 248.
Cadoppi Giambattista. Ancora una primavera. Il mito del massacro di Tienanmen.
Losurdo Domenico. Rivoluzionari e riformisti di fronte alla storia, 2000. http://www.pasti.org
Losurdo, Domenico. Dinanzi al processo di globalizzazione: marxismo o populismo?, L’Ernesto. Rivista Comunista (4) (febbraio): 78–85. Resistenze, 2002. http://www.resistenze.org.
Losurdo Domenico. Controstoria del liberalismo - Roma-Bari : Laterza, 2005. p. 384.
Losurdo Domenico. Come nacque e come morì Il "marxismo Occidentale", 2008.
Losurdo, Domenico. La lotta di classe. Una storia politica e filosofica. Roma-Bari : Laterza, 2013. - pp. 392.
Losurdo Domenco, Il ritorno della lotta di classe - intervista con Domenico Losurdo a cura di Paolo Ercolani. Critica liberale, 8 marzo 2013. http://www.criticaliberale.it
Losurdo, Domenico. Cos’è davvero la Cina? Intervista a cura di Fabio Massimo Parenti, (2), Il caffè geopolitico, 27 agosto 2015.
Losurdo, Domenico. Il marxismo occidentale: Come nacque, come morì, come può rinascere, Roma-Bari : Laterza, 2017. p. 213.

NOTE

[1] Ho tentato di spiegare il processo che porta i comunisti cinesi verso il socialismo di mercato alla fine del processo di apprendimento sulla base del bilancio dell’esperienza storica del socialismo mondiale in Cadoppi (2018).

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