4. Socialismo tra realtà e mito
La Russia della NEP diventerà la Russia socialista |
Ci troviamo qui di fronte al problema più difficile. L'imposta in natura significa, s'intende libertà di commercio. Il contadino, dopo aver pagato l'imposta in natura, ha il diritto di scambiare liberamente quel che gli rimane del suo grano. Questa libertà di scambio significa libertà per il capitalismo. Noi lo diciamo francamente e lo sottolineiamo. [...] Vale a dire che noi, in una certa misura, ricreiamo il capitalismo. E lo facciamo del tutto apertamente. Si tratta del capitalismo di Stato. Ma il capitalismo di Stato, in una società in cui il potere appartiene al CAPITALE, e capitalismo di Stato in uno stato proletario sono due concetti diversi. In uno Stato capitalistico, capitalismo di Stato significa capitalismo riconosciuto e controllato dallo Stato a vantaggio della borghesia e contro il proletariato. Nello Stato proletario, viene fatta la stessa cosa a vantaggio della classe operaia e allo scopo di resistere alla borghesia ancora forte e di lottare contro di essa. E' ovvio che dovremo cedere molte cose alla borghesia e al capitale straniero. Pur non snazionalizzando nulla, cederemo ai capitalisti stranieri miniere, boschi, pozzi petroliferi, per ottenere in cambio prodotti industriali, macchine, ecc... per ricostruire in tal modo la nostra industria. [...] Dobbiamo pagare per la nostra arretratezza, per la nostra debolezza, per quello che impariamo, per quello che dobbiamo imparare. [...] Che cosa ci costringe a fare questo? Nel mondo non ci siamo noi soli. Viviamo in un sistema di stati capitalistici. Da un lato ci sono i paesi coloniali, che non ci possono ancora aiutare, dall'altro i paesi capitalistici che sono nostri nemici. [...] Non nascondiamo, ammettiamo anzi con tutta franchezza, che le concessioni nel sistema del capitalismo di Stato significano pagare un tributo al capitalismo. Ma noi guadagniamo tempo, e guadagnare tempo significa guadagnare tutto, specie in un'epoca di equilibrio, in cui i nostri compagni stranieri si preparano seriamente alla rivoluzione; e quanto più seriamente sarà preparata, tanto più sicura sarà la vittoria. Ebbene, fino a quel momento saremo costretti a pagare un tributo.
Lenin (Lenin 1921b).
Tutto fu determinato dal fallimento della rivoluzione tedesca guidata da Rosa Luxemburg e Karl Liebnecht e dal fallimento della rivoluzione in Occidente che è il centro dello sviluppo economico e tecnologico. La Russia paese periferico ha necessità di ovviare al fatto che la prima esperienza socialista si deve sviluppare in un paese arretrato che manca di capitali e tecnologie.
Nel 1921 la Russia sovietica era prostrata e stava sprofondando. La produzione industriale, crollata ad un quinto di quella anteguerra. La produzione di acciaio si è ridotta di ventitré volte. Il raccolto dei cereali scende del 37% nel 1922. L'illuminazione stradale e il riscaldamento vengono sospesi per mancanza di elettricità e gas. I contadini coltivano i campi solo per soddisfare il fabbisogno famigliare, milioni di ettari di terreno non vengono coltivati. I lavoratori sono delusi. A San Pietroburgo scioperi e cortei contro il governo si susseguono. Le forze di opposizione ancora presenti nei Soviet come socialrivoluzionari e menscevichi soffiano sul fuoco. Scoppia la rivolta a Kronstadt dove i rivoltosi chiedono il ripristino del libero commercio.
In Lenin ritorna un argomento che troveremo implicitamente in Stalin ed esplicitamente in Deng ossia la concentrazione in un settore più limitato delle “deboli forze del proletariato”. Stalin lo farà quando sceglierà di concentrarsi sull’industria pesante per le esigenze di difesa militare. Per Deng le motivazione sono le stesse ma ancora più vicine a quelle di Lenin: liberiamoci da ciò che è secondario e concentriamo i nostri pochi capitali su ciò che è essenziale. Scrive Lenin:
Cerchiamo quindi di definire con la massima, assoluta cautela i nostri compiti in questa fase nuova, superiore, della lotta. Definiamoli con la maggior modestia possibile; facciamo il più gran numero di concessioni, nei limiti, beninteso, in cui il proletariato può cedere rimanendo classe dominante; raccogliamo quanto più rapidamente è possibile una moderata imposta in natura; diamo la maggior libertà possibile allo sviluppo, al rafforzamento, alla ricostituzione dell'economia agricola; cediamo gli stabilimenti che non ci sono strettamente necessari ad appaltatori, compresi i capitalisti privati e i concessionari stranieri. Abbiamo bisogno di un blocco o di un'alleanza dello Stato proletario con il capitalismo di Stato, contro l'elemento piccolo borghese. Quest'alleanza deve essere realizzata con abilità, seguendo la regola: «Misura sette volte prima di tagliare». Riserviamoci un campo di lavoro meno vasto, quello che ci è assolutamente necessario, e nulla più. Concentriamo in un settore più piccolo le forze indebolite della classe operaia; ma in compenso ci rafforzeremo più solidamente, affronteremo la prova dell'esperienza pratica, non una e due volte, ma più volte. Passo passo, un pollice dopo l'altro: per un cammino così arduo, in una situazione così grave, tra tali pericoli, un «esercito» come il nostro non può avanzare oggi in altro modo. Chi trova questo lavoro «noioso», «privo di interesse», « incomprensibile», chi arriccia il naso o cade in preda al panico, o si lascia ubriacare da declamazioni sull'assenza dell'«antico slancio», dell'«antico entusiasmo», ecc, deve essere — o meglio sarà — «esonerato dal lavoro» e relegato negli archivi, affinché non possa portare pregiudizio, poiché non vuole o non sa riflettere sulle particolarità della situazione attuale, della fase attuale della lotta (Lenin 1922b, 262).
Boffa ne parla in termini gramsciani: “Sono formulazioni che lasciano intravedere come quello che, nelle categorie gramsciane, era il passaggio dalla “Guerra di Movimento” alla “Guerra di Posizione”, e si erano delineate nel pensiero di Lenin non solo per le lotte internazionali ma anche per l’evoluzione interna del Paese” (Boffa 1979, p 239). Secondo Lenin il periodo della NEP doveva servire agli esperti sovietici per acquisire le tecniche di management e nozioni tecniche dall'Occidente avanzato e poteva avere una durata superiore ai dieci anni. Giustamente osserva Catone: "La Rivoluzione francese, come dire, scoperchiava un involucro, toglieva semplicemente l’involucro giuridico e politico che ricopriva una società cui ormai quell’involucro non corrispondeva; la Rivoluzione proletaria dovrà fare diversamente, poiché questo proletariato – questo credo valga la pena sottolinearlo–, a differenza della borghesia, non è classe dirigente, dal punto di vista sociale ed economico" (Catone 2001).
Lenin infatti ritiene che il proletariato non sia in grado di costruire il comunismo con le proprie mani proprio perché non è mai stato classe dirigente dal punto di vista economico “l’idea di costruire il comunismo con le mani dei comunisti è puerile, assolutamente puerile; essi potranno dirigere l’economia soltanto se sapranno costruire questa economia con le mani altrui, e nello stesso tempo impareranno dalla borghesia e le faranno seguire il cammino da loro voluto (Lenin 1922b, 262). e le mani altrui sono quelle dei capitalisti: “Ciò può sembrare un paradosso: il capitalismo privato nella funzione di collaboratore del socialismo? Eppure non è affatto un paradosso, ma un fatto assolutamente indiscutibile dal punto di vista economico (Lenin 1921 p. 334)”.
Il socialismo è il potere sovietico + l'elettrificazione |
Durante la NEP il capitalismo di stato viene realizzato attraverso varie forme. Innanzitutto la formazione di uno stabile sistema monetario, legato al rublo oro. Si formano joint-venture tra compagnie straniere e nazionali anche e le cosiddette “concessioni” vengono affidate ad imprese di proprietà estera. A questo proposito Lenin invita apertamente gli americani a sfruttare i “tesori inimmaginabili” dell'URSS. Lenin pressapoco sostiene che gli Stati Uniti e Unione Sovietica sono complementari. L'URSS oggi è una nazione in decadimento, con immensi tesori inesplorati. Gli Stati Uniti possono trovarvi materie prime e il mercato per le macchine e quindi per i manufatti. Soprattutto, l'Unione Sovietica ha bisogno della tecnologia e dei metodi americani, ma anche delle loro macchine, dei loro ingegneri e insegnanti (Jabbour 2007 b). I dirigenti bolscevichi hanno "lo sguardo rivolto all'America assumeva un carattere immediatamente pragmatico. Come ebbe a dire Trockij (ma in modo analogo si espressero anche altri dirigenti sovietici, compreso lo stesso Stalin): «la tecnologia americana congiunta all'organizzazione sovietica della società produrrà il comunismo». Erano infatti principalmente il pragmatismo americano, e soprattutto l'efficienza delle sue soluzioni tecniche, ad attrarre l'interesse di un regime che voleva disperatamente accorciare i tempi dell'industrializzazione e sviluppare quasi dal nulla una produzione industriale su larga scala affidata a una manodopera comune di origine contadina" (Romero 2006).
Nel 1923 sono pronte oltre quattrocento richieste di concessioni provenienti in particolare dagli Stati Uniti, dalla Francia e dall'Inghilterra. La prima fabbrica di trattori Ford viene costruita vicino a Kharkov, allora capitale dell'Ucraina.
Come si vede l'idea di far leva sugli investimenti stranieri non è propriamente una esclusività dei comunisti cinesi: “Lo Stato operaio dà in affitto determinate miniere, lotti di foreste, pozzi petroliferi, ecc., ai capitalisti stranieri, senza procedere ad alcuna denazionalizzazione, per riceverne attrezzature complementari e macchine, che permettano di accelerare la ricostruzione della grande industria sovietica. Lasciando ai concessionari una quota di preziosi prodotti, lo Stato operaio certamente paga un tributo alla borghesia mondiale...” (Lenin 1921 b pp. 433-434).
La Nep da slancio all'industria, al commercio e all'agricoltura dove, dove nonostante le carestie, migliorano i redditi dei contadini. I mezzi di comunicazione che avevano ridotto di due terzi i collegamenti riprendano a funzionare normalmente. La Russia sovietica stipula accordi commerciali con Polonia, Inghilterra, Turchia. La valuta infine si stabilizza. Lenin sottolinea: “Poiché non abbiamo ancora la forza di passare immediatamente dalla piccola produzione al socialismo, il capitalismo è inevitabile, in un certo modo, come prodotto spontaneo della piccola produzione e dello scambio; e noi dobbiamo quindi utilizzare il capitalismo, incanalandolo specialmente nell'alveo del capitalismo di Stato come un anello intermedio tra la piccola produzione e il socialismo, come un mezzo, una via, un modo, un metodo per aumentare le forze produttive." (Lenin 1921 b p. 431). In questa affermazione di Lenin è chiaro cosa intenda per capitalismo di stato. Il capitalismo di stato non sono tanto le aziende gestite dallo stato ma le aziende capitaliste o gestite con metodi capitalisti sotto la direzione dello stato dei lavoratori.
Il leit motiv di Lenin è l'analisi concreta della situazione russa, la sua arretratezza la quale fa si che non si possa passare immediatamente ad una fase socialista avanzata, ma si debba avanzare su elementi di economia capitalista sotto l'egemonia dello stato: "Ma ci si domanda: quali sono gli elementi che predominano? È chiaro che in un paese di piccoli contadini predomina, e non può non predominare, l'elemento piccolo-borghese; la maggioranza, anzi l'enorme maggioranza degli agricoltori sono piccoli produttori di merci. L'involucro del capitalismo di Stato - il monopolio del grano, imprenditori e commercianti controllati, cooperatori borghesi - viene spezzato qua e là dagli speculatori, e l'oggetto principale della speculazione è il grano" (Lenin 1921 p. 311).
Lenin rivaluta il ruolo delle aziende cooperative basate su principi di mercato, prima guardate con sospetto dai bolscevichi - Marx aveva definito i cooperatori “capitalisti di se stessi”- e si spinge a definire il socialismo come «regime dei cooperatori civili». “Una concezione ben diversa da quella espressa anni prima dallo stesso Lenin quando aveva paragonato l’economia socialista ad «un’unica grande fabbrica, un unico grande ufficio» (Sargis 2004)[1].
Lenin vuole coinvolgere gli stessi mercanti capitalisti (i nepmen), nella strategia socialista: “Un commerciante all'ingrosso sembrerebbe un tipo economico lontano dal comunismo come il cielo dalla terra. Ma questa è appunto precisamente una delle contraddizioni che nella vita reale portano, attraverso il capitalismo di Stato, dalla piccola azienda contadina al socialismo [Lenin 1921 b p. 15-16]”.
Le misure introdotte con la NEP prevedono l’utilizzo di amministratori economici e tecnici specialisti formati con metodi capitalisti di gestione e di organizzazione; l’attribuzione in leasing d’imprese di proprietà statale e delle risorse naturali sia a capitalisti stranieri che nazionali. Le aziende sono affidate a imprenditori nazionali o stranieri con il compito di rimetterle in attivo. Viene applicato un principio che poi sarà imitato dai cinesi secondo cui le imprese vengono affidate a capitalisti per un periodo di dieci-quindici anni al termine del quale l'azienda tornerà di proprietà dello stato. Le fabbriche inattive sono affidate ai vecchi proprietari o a imprenditori stranieri con il compito di rimetterle in funzione. Gli imprenditori possono trarne profitti anche considerevoli per un periodo di dieci o quindici anni, al termine dei quali le stesse diventano proprietà dello stato sovietico. Nella Russia sovietica, analogamente alla Cina di Deng si formano dei veri e propri trust, imprese di proprietà statale, che comprendono molte imprese e controllano i commanding heights, le alture strategiche. Viene mantenuta da parte dello stato la proprietà delle miniere, degli altiforni e dell'industria pesante. I Trust sono autosufficienti e operano nel contesto di profitti e perdite ovvero del calcolo economico. Questi sono autorizzati a pagarsi in proprio le materie prime, il combustibile, ecc., a vendere i loro prodotti finiti, a preoccuparsi dell'organizzazione della produzione, della sua redditività, ecc. Il governo, in pratica, li obbligava a operare sulla base di costi e ricavi e di rimanere sul mercato. La legge del valore è riconosciuta nelle sfera dell'attività economica dello stato come una categoria obiettiva ed estesa all'intera economia; legami di mercato esistevano non solo tra i settori socialisti e non socialisti ma all'interno dello stesso settore socialista (Bufarale 2006). I contadini vengono incoraggiati a riprendere la coltivazione delle zone abbandonate per rifornire le città di generi alimentari e quindi spingere l'industria ad una ripresa produttiva. Le tasse diminuiscono del quaranta per cento, il commercio viene liberalizzato. Contadini ed artigiani possono vendere liberamente la loro merce senza temere più requisizioni. Scompare il sistema annonario del comunismo di guerra. Secondo Trotsky addirittura le misure della NEP avrebbero dovuto avere corso anche nel caso della vittoria della rivoluzione in Occidente: “Si può tuttavia dire con tutta certezza, che anche in questa felice ipotesi si sarebbe dovuto rinunziare alla ripartizione dei prodotti da parte dello Stato, e ritornare ai metodi commerciali (Trotsky 1936 p. 48)” .
Quando negli anni '60 si riapre in URSS il dibattito sull'economia di mercato addirittura si pensa alla NEP come elemento di attualità e non come una ritirata temporanea:
L’economista A. Birman, ad esempio, nell’articolo Sulla riforma, pubblicato nel 1968 su «Novyi Mir», ricostruendo le ragioni delle proposte riformistiche, ricordava che Lenin – che pure nel periodo rivoluzionario non aveva scartato la possibilità di introdurre lo scambio diretto dei prodotti senza la mediazione del mercato – alla fine della guerra civile, «sulla base di un’analisi conseguentemente marxista dello sviluppo dell’economia nazionale, giunse alla conclusione che non si poteva abbattere il capitalismo con un “attacco di guardie rosse”, che era necessario un cammino più lento, ma allo stesso tempo più realistico che ci avrebbe condotto con successo sulla via del socialismo proprio sfruttando il commercio, la finanza, il credito, ecc.». Birman si riferiva probabilmente ai discorsi e agli scritti di Lenin del periodo 1921-23, in cui il leader sovietico aveva difeso la NEP come l’unico modello in grado di garantire la tenuta del potere bolscevico e lo sviluppo economico, facendo leva sugli incentivi personali e il calcolo economico. Pensare di liquidare il mercato subito dopo la presa del potere si era rivelato pericolosamente illusorio. Occorreva, invece, dare spazio alle spinte dal basso, potenziando al tempo stesso gli strumenti regolativi dello Stato. Come è noto, all’inizio Lenin aveva presentato il nuovo modello come una «ritirata strategica» rispetto alle prospettive del socialismo. Man mano che l’esperimento economico andava avanti, tuttavia, Lenin, anziché preparare la ‘controffensiva’, continuava a difendere il ruolo del mercato e degli incentivi materiali, come fece, ad esempio, in uno dei suoi ultimi scritti, Sulla cooperazione, apparso sulla «Pravda» nel maggio 1923, più di due anni dopo l’avvio della NEP . Su queste basi i riformisti contestavano l’idea che la NEP fosse spiegabile soltanto come un rimedio temporaneo alla crisi economica del dopoguerra o allo scarso consenso del partito presso i contadini. Essa si configurava, dal loro punto di vista, come un modello radicalmente alternativo rispetto a quello perseguito a partire dalla fine degli anni ’20 e, per molti aspetti, ancora valido per il presente (Atkins 2007).
Ci si doveva allontanare dal "comunismo di guerra", cioè dalla rigida centralizzazione gestita con metodi volontaristici e amministrativi, ma l'idea stessa di attività commerciale e di libera iniziativa a cui erano stati costrette le aziende scandalizza l'estrema sinistra, che ritiene indegno dei militanti sostenere le attività di profitto.
Nella NEP la concorrenza economica è la norma, sia all'interno dei settori statali che tra i settori con differente proprietà e i piani di stato si materializzano prevalentemente attraverso meccanismi di mercato più che attraverso meccanismi amministrativi. Se la concorrenza viene condotta correttamente, il settore socialista deve dimostrare la propria superiorità marginalizzando il settore capitalista. Lo stato deve dominare solo i "commanding heights":
Tetsuzo Fuwa presidente del Partito Comunista Giapponese riassume molto bene i caratteri della NEP:I "commanding heights" è riferito ai settori vitali dell'economia, come l'energia, i trasporti, finanza, banche, e l'acciaio - quei settori che, di fatto controllano o sostengono la maggior parte degli altri settori dell'economia. Sotto la NEP, lo stato ancora formulava un piano complessivo per l'economia, ma ciò era ottenuto principalmente attraverso mezzi di mercato, non amministrativi. La produzione di beni e servizi individuali si sarebbe basata sulla domanda e sull'offerta, non sul decreto di un'autorità centrale di pianificazione. La concorrenza economica definiva i rapporti tra settore pubblico e privato. Di primaria importanza in questa competizione era quale settore avrebbe vinto (Sargis 2004).
Primo, essa era legata alla creazione e sviluppo di una struttura socialista che non avrebbe perduto con il capitalismo in termini di competitività all’interno di un’economia di mercato. Lenin ha utilizzato il termine russo “uklad” per indicare questa struttura, cosa che farò anch’io, dal momento che non esiste un termine equivalente nelle lingue giapponese e cinese.In secondo luogo, l’economia di mercato in determinate condizioni avrebbe permesso al capitale privato di emergere e svilupparsi, come anche al capitale straniero di produrre incursioni, determinando un importante grado di sviluppo. Fino ad allora l’economia di mercato era stata considerata come un “nemico”, dal momento che avrebbe consentito al capitalismo di crescere anche attraverso i piccoli produttori, cosa che la Rivoluzione Russa non avrebbe potuto tollerare.Terzo, la nuova politica consentiva agli elementi chiave dell’economia di essere preservati come parte della struttura socialista. Lenin definì questi elementi chiave le “alture strategiche”, un termine militare usato all’epoca per significare che, in un’era nella quale i cannoni erano le armi maggiori in guerra, occupare le alture che dominano il campo di battaglia era vitale per ottenere la vittoria.Due anni or sono, abbiamo avuto il ministro del commercio estero dello Sri Lanka tra gli ospiti stranieri al nostro congresso. Sono rimasto davvero sorpreso quando mi ha detto che essi stanno tentando di assumere il controllo delle “alture strategiche sul terreno economico”. Alla mia osservazione: “non ho sentito questa definizione da molti anni”, egli mi ha confidato di aver studiato a Mosca in gioventù.Quarto, la nuova politica richiedeva alla Russia di apprendere tutto quanto il capitalismo avanzato potesse offrire, affinché la struttura socialista potesse guadagnare il potere economico.Quinto, la nuova politica si riferiva anche ai contadini, nel senso che la futura organizzazione di questi ultimi nelle unioni cooperative non avrebbe dovuto essere realizzata attraverso un ordine esterno o meccanismi di coercizione, bensì attraverso una libera scelta.(Tuwa 2002)
Lenin, si riferisce più volte al processo processo messo in atto come il pagare lezioni ai nostri capitalisti per un “capitalismo sottosviluppato”, apprendere a commerciare “come gli uomini d'affari europei”, “avanzare verso il socialismo attraverso metodi di gestione capitalisti” e mettere alla prova attraverso la concorrenza le imprese di Stato con quelle capitalistiche (Bufarale 2006).
Addirittura Lenin pensa ad una ulteriore ritirata i cui limiti sono posti non da ragioni astratte da da questioni pragmatiche nella Relazione per la VII conferenza del Governatorato di Mosca, infatti afferma: «Dobbiamo ammettere che non ci siamo ritirati abbastanza, che dobbiamo ritirarci ancora, fare ancora un passo indietro passando dal capitalismo di Stato all’instaurazione della compravendita e della circolazione del denaro disciplinate dallo Stato». Nella conclusione del discorso... Lenin, dopo aver sottolineato l’importanza dl calcolo economico, così risponde alle obiezioni che gli venivano poste: «Dove sono i limiti della ritirata? […] Questa questione è posta male perché soltanto l’ulteriore attuazione della nostra volta permetterà di dare una risposta» (Franssen 2007). Lenin doveva addirittura ammettere: “È necessario fare in modo che sia possibile il decorso abituale dell'economia capitalistica e della circolazione capitalistica, perché ciò è indispensabile al popolo e senza di ciò è impossibile vivere." (Lenin 1922 b p. 253).
Il capitalismo per Lenin deve essere subordinato allo stato e servire lo stato socialista. Lo stesso concetto viene utilizzato da Deng che per la verità sostiene che il criterio principale per discernere tra via socialista e via capitalista è ciò che aiuta a sviluppare le forze produttive della società socialista, rafforzare lo stato socialista e aiutare l’innalzamento degli standard di vita [2].
Deve essere chiaro che l'eredità “comunista” di Lenin, che secondo alcuni Stalin avrebbe tradito, altro non era che un sistema molto simile al socialismo di mercato cinese in cui si doveva utilizzare il mercato per rafforzare, attraverso la concorrenza, l'efficienza del sistema economico socialista. Molti oppositori di estrema sinistra addirittura, in attesa della rivoluzione mondiale, propongono una sorta di comunismo da caserma basato sul capitalismo di stato e la militarizzazione del lavoro da una parte e d'altra parte sullo sfruttamento coloniale dei contadini (ad esempio il maggior economista dell’opposizione di sinistra Proebrazevsky).
Jabbour parla di convergenza tra il modello NEP e quello attuale cinese. Ambedue i modelli si basano sula direzione del Partito Comunista, la concentrazione della proprietà statale nei settori a elevato grado di monopolio, l'internazionalizzazione della tecnologia avanzata basata sugli investimenti stranieri, commercializzazione dei prodotti agricoli che porta ad una divisione sociale del lavoro caratterizzato da rapporti di amicizia della campagna con la città e la conversione delle risorse inutilizzate in agricoltura in un risparmio iniziale per la modernizzazione industriale del paese (Jabbour 2008).
Si pose poi il problema del superamento della NEP e se dovesse essere superata in breve tempo attraverso una offensiva socialista che avrebbe portato al ripristino di una economia interamente statalizzata con metodi simili al comunismo di guerra, oppure in un lungo periodo attraverso una economia mista in cui la legge del valore avrebbe giocato un ruolo importante come regolatore dell’attività economica. Come si vede le problematiche reali si sono poste anche in URSS. Fu allora che Lenin cercò di dimostrare che il comunismo di guerra fosse stato un male necessario per superare un periodo critico. Il che è vero solo in parte. Esso rifletteva anche onestamente le aspirazioni di molti bolscevichi, anche se prima di passare al comunismo di guerra il governo sovietico nel 1918 aveva adottato un piano che prevedeva l’utilizzo di leve economiche, del mercato, delle banche e del denaro. Infatti ricorda Stalin che con la NEP si era tornati alla politica economica delineata all'indomani della rivoluzione e interrotta dalla guerra civile (Vascós González 2004).
E' significativo che Stalin sostenga di fatto che la vera eccezionalità non fosse la NEP ma il comunismo di guerra. Tra l’altro è lo stesso Trotsky che nell’Autobiografia scrive di avere proposto, già un anno prima che venisse adottata la NEP, l’abbandono del “comunismo di guerra” per dare spazio agli interessi materiali e alle leve propriamente economiche.
La Russia della NEP diventerà la Russia socialista |
Preobrajensky, il maggior economista dell’opposizione di sinistra, oppone il piano al mercato come regolatore dell’economia nel periodo di transizione. La “legge dell’accumulazione socialista”, che è indipendente dal mercato e la “legge del valore” sono in conflitto. Egli si oppone alla produzione mercantile nell’economia pianificata come alla legge del valore in base al costo del lavoro, contro la merce a favore del prodotto. Preobrazenskij, sostiene che non può esistere coesistenza pacifica tra la produzione mercantile privata e l’economia socialista per cui è per il passaggio veloce (e violento) all’economia pianificata del socialismo. La storia della collettivizzazione, sebbene con degli stop and go, ha portato all’inasprimento della lotta di classe.
Alla fine del 1927 la crisi della produzione dei cereali porta a dimezzare la quantità di cereali disponibili per la vendita e si deve ricorrere alla requisizione per evitare la carestia. Infatti nelle campagne si fa incetta di merci con conseguente aumento del prezzo del grano. Molte città si trovarono di fronte alla penuria di cibo, i cittadini spesso non trovano il pane; nel 1928, nelle città l’approvvigionamento viene razionato attraverso il “il libretto di acquisto”. A questo punto però la NEP entra in crisi. Essa non ha, in realtà, dato i frutti sperati. L'agricoltura privata della NEP non riusce più a sostenere lo sviluppo industriale. Si erano registrate una serie di crisi dei rapporti tra città e campagna. Ciò ha portato a periodi di interruzione dell'interscambio tra città e campagna dovuto alla scarsa efficienza della produzione industriale, agli stipendi relativamente alti degli operai che impediscono ai contadini di acquistare merci a prezzi modici e di conseguenza questi ultimi non sono incentivati a produrre surplus per rifornire la città. Bisogna ricordare che la NEP si fonda proprio sulla saldatura tra città e campagna anche da un punto di vista di alleanza di classe. L'idea di Lenin è che per mantenere l'alleanza con i contadini finché lo stato non può fornire ai contadini i prodotti dell'industria socialista in cambio di tutte le sue eccedenze, si deve mantenere la libertà di commercio che significa necessariamente libertà di sviluppo del capitalismo. Entro certi limiti ciò non è pericoloso per il socialismo fino a quando i trasporti e la grande industria restano nelle mani dello stato (Catone 2001). Scrive infatti Lenin: “Il nocciolo della questione sta nel comprendere che questo è il capitalismo che possiamo e dobbiamo permettere, che possiamo e dobbiamo mantenere entro certi limiti, perché questo capitalismo è necessario alle masse contadine, e al capitale privato, che deve commerciare in modo tale da soddisfare i bisogni dei contadini (Lenin 1922 b)“.
I contadini non riuscendo a procurarsi prodotti industriali, non hanno necessita di commercializzare le eccedenze quindi producono quel poco che gli basta a campare, le cose essenziali o magari tengono il grano imboscato per eventuali speculazioni. Le città sono soggette a crescenti crisi di approvvigionamento. Questo esaspera le città e gli operai addirittura arrivano a manifestare minacciando di andare a prendersi il raccolto con la forza. L’alleanza tra contadini e operai che è la base dello stato socialista viene continuamente messa alla prova. L'alternativa alla collettivizzazione sarebbe stata l'abbassamento degli stipendi degli operai (che poi sono il punto di forza dei bolscevichi). In altre parole la via sta diventando molto stretta. O si ritorna al comunismo di guerra con tanto di requisizioni del raccolto oppure si abbassavano i salari degli operai. La scelta fatta dalla maggioranza del Partito bolscevico è quella della collettivizzazione delle campagne, scelta dettata dall'intenzione di risolvere la diatriba tra città e campagna senza fare ricorso a mezzi largamente impopolari quanto temporanei come la requisizione, e con l'intenzione di dare una soluzione definitiva e strutturale alla questione. La collettivizzazione viene realizzata anche in vista dell’industrializzazione e modernizzazione del paese per prepararlo alla difesa in caso di guerra. La collettivizzazione e la conseguente meccanizzazione dell'agricoltura avrebbero consentito la liberazione di forza lavoro per l'industria. Descrivo questo processo perché bisogna capire che se in URSS la strada verso il socialismo è stata di un certo tipo ci sono state delle precise ragioni.
Stalin nel 1931 prevede la guerra nel giro di 10 anni [3]. Nel 1939 l'Europa infatti è in Guerra e nel 1941 anche l’URSS. L'URSS deve arrivare preparata all'appuntamento, con una base economica adeguata. La rottura delle relazioni diplomatiche tra GB e URSS nel 1927 e poi l'assassinio del Console Sovietico a Varsavia, l'attentato a Leningrado contro la sede del Partito ecc., hanno prodotto in URSS un clima di paura della guerra che provoca l'accaparramento delle merci e la conseguente mancanza di derrate alimentari nelle città. Questo dimostra la fragilità dell'economia di mercato in una situazione di incerta coesistenza pacifica. La collettivizzazione dell'agricoltura corrisponde in definitiva ad una misura largamente praticata dai socialisti anche in Occidente: si tratta di formare delle cooperative su base volontaria.
[1] Sarà uno dei tanti cambiamenti nelle opinioni di Lenin e dei bolscevichi di fronte alla realtà concreta
[2] Deng Xiaoping in un discorso durante la sua visita in Cina del sud, dice: 'Il punto cruciale della questione è se la strada sia capitalista o socialista. Il criterio principale per rispondere a tale domanda dovrebbe essere quello se ciò aiuta a promuovere la crescita delle forze produttive in una società socialista, ad aumentare la forza complessiva dello stato socialista e a innalzare gli standard di vita.(Social Sciences in China, Vol. XX, No. 2, pp. 29)”.
[3] “Noi siamo in ritardo rispetto ai paesi avanzati da cinquanta a cento anni. Dobbiamo coprire questa distanza in dieci anni. O lo faremo, o saremo schiacciati.(Stalin 1931 pp.730-31)”.Per Stalin è impossibile difendere l’indipendenza dell'URSS senza istituire un’adeguata industria di base per la difesa nazionale.
Bibliografia
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Boffa, Giuseppe 1979. Storia dell’Unione Sovietica 1917-1941, Mondadori.
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Vascós González, Fidel. 2004. “Socialismo e Mercato”. Quaderni di Contropiano. http://www.ricercastoricateorica.org/Prospettive/GONZALEZ-socialismo-mercato.htm.
"Le nostre fabbriche lavorano senza capitalisti,queste vengono mandate avanti dalla classe operaia,questo è quello che in pratica chiamiamo socialismo.I nostri campi sono lavorati da contadini senza nè padroni nè kulak:il popolo ne è alla guida.Questo è quello che chiamiamo socialismo quotidiano"Stalin 11 Dicembre 1937;penso che questa citazione possa essere un interessante spunto di riflessione!
RispondiEliminaNaturalmente c'erano anche ingegneri, agronomi, manager e via dicendo. Nel 1991 tutto crollò senza che nessuno si sia opposto. Su questo bisogna riflettere. Come bisogna riflettere sul fatto che il governo cinese abbia l'87% dei consensi.
RispondiEliminala situazione di cui parla Stalin assomigli a quella delle aziende statali cinesi e delle cooperative e di molte TVE in CIna.
si si penso si riferisse all'assenza di capitalisti non ovviamente all'assenza di dirigenza ecc ecc..
EliminaSenza che nessuno si sia opposto è una parola grossa:vedi Mosca nel 1993.Inoltre buona parte della popolazione si è "opposta" a posteriori perchè l'avvento dell'economia di mercato era presentato come qualcosa che avrebbe migliorato le loro condizioni di vita,non peggiorate come poi è successo concretamente!