4. Socialismo tra realtà e mito
... noi dobbiamo in realtà puntare soprattutto su una
categoria che è la categoria dell’apprendimento. E’ una
categoria che Mao ha saputo far valere soprattutto nel saggio, credo
del 1935, sulla pratica. Mao insiste che come la lotta di classe si
sviluppa attraverso contraddizioni, così anche il processo di
conoscenza per comprendere la lotta di classe si sviluppa attraverso
contraddizioni. E io credo che questo tema della necessità
dell’apprendimento sia stato sviluppato soprattutto da due grandi
autori, uno è Mao Tse Tung, un’altro autore, vittima anche lui di
una costante rimozione, si chiama, lo voglio dire, Deng Xiao Ping.
Deng Xiao Ping ha scritto pagine memorabili su questo tema. Lo devo
dire. Quando ho incominciato, da poco tempo, a leggere Deng Xiao
Ping, ho di nuovo ritrovato un’emozione intellettuale che non
trovavo da molto tempo, cioè da quando leggevo Lenin polemizzare
contro la frase vuota che non significava assolutamente nulla.
Domenico
Losurdo. Rivoluzionari
e riformisti di fronte alla storia.
Karl Marx (Marx 1973, 195-196)
David Schweickart,
citando questo brano di Marx, ricorda che è questa fantasia, questa capacità
creativa che ci permette di sviluppare le nostre forze produttive e le nostre
relazioni sociali, estendere il nostro controllo sulla natura, aumentando la
nostra capacità di essere specie solidale. Così ha un significato parlare di
"progresso umano." Certo, spesso commettiamo errori. I nostri
esperimenti spesso portano a vicoli ciechi. Ma pragmaticamente impariamo dai
nostri errori. Questa capacità di apprendimento collettivo distingue anche noi
da altre specie... o almeno dovrebbe distinguerci. Il marxismo vivente è
quello che impara dai propri errori e che ha fatto un bilancio storico
costruttivo di questa esperienza che ha permeato il XX secolo e che (forse)
permeerà ancora di più quella del XXI.
Il problema della
transizione al socialismo è stato variamente discusso e approfondito nella
storia del movimento comunista internazionale. Lenin diceva al congresso degli
economisti sovietici di non ricordare nessuna norma precisa dai testi Marx ed
Engels che riguardasse la transizione. Marx, infatti, si era rifiutato di dare
“ricette per la cucina dell’avvenire” intendendo con questo che il suo compito
era stato di scoprire l’ineluttabilità del socialismo non i processi
specificaci che vi avrebbero portato. Marx e Engels non hanno stabilito
chiaramente le tappe attraverso le quali si potesse arrivare all’eliminazione
del mercato e del denaro[1]. Il socialismo è stato costruito dai primi
pionieri oltrepassate le colonne d'Ercole del capitalismo con l'Ottobre
attraverso la navigazione a vista inoltrandosi i mari perigliosi e territori
non mappati. Nessun esempio davanti per potere imparare e trarre insegnanti.
Oggi disponiamo di un’esperienza storica da cui vanno tratti insegnamenti e
suggerimenti.
Lenin nell'utopia
libertaria di “Stato e rivoluzione” pensa ad un’economia in cui il mercato non
avesse spazio. Lenin capisce all'indomani dell'Ottobre che non è possibile
sopprimere immediatamente le leve economiche utilizzate dalla borghesia. Ma
l’intervento straniero costringe i bolscevichi a ricorrere sempre più
massicciamente ai metodi amministrativi di direzione. Sebbene all'indomani
dell'Ottobre non si fosse, di fatto, intaccata la struttura dell'economia di
mercato si deve passare rapidamente al comunismo di guerra per effetto della
guerra civile. In questa ottica si possono fare al massimo momentanee
concessioni ai contadini che sono abituati all’economia di mercato e con cui si
vuole mantenere l'alleanza stabilita nella Rivoluzione d'Ottobre. Le terre sono
nazionalizzate e i contadini devono consegnare il surplus prodotto rispetto al
puro sostentamento delle loro famiglie. Spesso però si deve ricorrere alla
requisizione forzata. Questo sistema privo del mercato, che coincide col
comunismo di guerra corrisponde a necessità contingenti (la guerra civile) ma
riflette anche gli elementi utopistici serpeggianti tra i bolscevichi
favorevoli all’eliminazione di molte funzioni statali.
Durante il periodo del
comunismo di guerra ossia dal 1919 al 1921 molti bolscevichi si pongono il
problema del superamento immediato delle relazioni monetario-mercantili
nell’economia socialista con conseguente eliminazione del denaro e del
commercio sostituendola con l’interscambio diretto dei prodotti. Il comunismo
per costoro va costruito subito. Gli economisti come Smit e Kreve intendono
sostituire gli indicatori di valore con una nuova forma di contabilità del
lavoro oppure su forme di standardizzazione del lavoro socialmente necessario. S.
Strumilin ed E. Varga propongono di registrare il costo del lavoro in unità di
tempo e non in denaro, altri propongono unità fisiche di produzione (Lenin 1921c). Ma alla fin fine questi economisti propongono
surrogati del denaro come è il caso del Tred di Strumlin.
Come sempre l'estrema sinistra accuserà Lenin di tradimento: "Molti aspiravano inoltre a una completa nazionalizzazione dell'industria, mentre la sinistra del partito, rappresentata da Bucharin e altri, premeva per una rapida collettivizzazione delle campagne. La grande maggioranza dei militanti bolscevichi riteneva poi che, qualora la rivoluzione avesse subito uno smacco negli altri paesi europei, fosse preciso dovere del partito innescare una «guerra rivoluzionaria» allo scopo di esportare la rivoluzione anche in Occidente. Lenin, tuttavia, appariva assai più cauto. Durante tutto il 1917 sia lui sia Stalin avevano affermato che il partito doveva essere pronto a fare concessioni ai popoli di etnia non russa dell'ex impero zarista, altrimenti i bolscevichi avrebbero incontrato insormontabili difficoltà e ostilità. Lenin, inoltre, insisteva affinché la nazionalizzazione dell'economia si limitasse a quei settori in cui si era avuto un maggiore sviluppo del capitalismo - come industria pesante, sistemi bancario, trasporti e commercio estero - e paventava che la nazionalizzazione delle terre avrebbe trasformato le masse contadine in pericolosi nemici del partito. Nell'inverno 1917-18, il leader bolscevico era anche giunto alla conclusione che lo stato sovietico non avrebbe potuto rifiutare le richieste di una pace separata avanzate dalle potenze centrali. Lenin venne subito accusato di voler tradire il bolscevismo e la «rivoluzione socialista europea». (Service 2006).
Ma con la fine della
guerra civile, per ridare fiato all'economia e evitare le requisizioni forzate
nelle campagne, occorre ristabilire il libero mercato nelle campagne e nel
commercio, ristrutturare le aziende anche con la collaborazione del capitalismo
mondiale, formare joint-venture, importare di tecnici ed esperti dall'Occidente
e via dicendo. Questo avviene nonostante la sorda ostilità dell’Opposizione
Operaia e dell’Estrema Sinistra. Lenin rivaluta anche la cooperazione, e la
cosa è importante perché questa è stata vista in precedenza come una cosa
arretrata e riformista o addirittura propria del capitalismo di stato. Il passaggio ad un’economia pianificata, per Lenin,
deve avvenire gradualmente in un periodo tutto sommato abbastanza lungo. Per Lenin se il potere
è saldamente in mano al proletariato si possono adoperare metodi di scambio
mercantile e la libertà di commercio che, sebbene generi costantemente il
capitalismo, può essere utilizzata per procedere verso il socialismo.
Dal marzo del 1921
inizia con la NEP
l'uso delle relazioni commerciali per la costruzione del socialismo e si inizia
a capire che la produzione mercantile non dipende esclusivamente dai rapporti
di produzione capitalisti. “La vita ci ha rivelato il nostro errore” dice
Lenin. E non avrebbe potuto essere più chiaro. Il comunismo così come è stato
pensato e come si è cercato di realizzarlo sull’onda dell’entusiasmo iniziale è
fallito. La prassi ha dato la sua risposta inequivocabile:
Trasportati dall'ondata dell'entusiasmo e avendo risvegliato l'entusiasmo popolare — prima genericamente politico e poi militare — noi contavamo di adempiere direttamente sulla base di questo entusiasmo anche i compiti economici non meno grandi di quelli politici e di quelli militari. Noi contavamo — o forse, più esattamente, ci proponevamo, senza aver fatto un calcolo sufficiente — di organizzare, con ordini diretti dello Stato proletario, la produzione statale e la ripartizione statale dei prodotti su base comunista in un paese di piccoli contadini. La vita ci ha rivelato il nostro errore. Occorreva una serie di fasi transitorie: il capitalismo di Stato e il socialismo, per preparare — con un lavoro di una lunga serie d'anni — il passaggio al comunismo. Non direttamente sull'entusiasmo, ma con l'aiuto dell'entusiasmo nato dalla grande rivoluzione, basandovi sullo stimolo personale, sull'interesse personale, sul calcolo economico, prendetevi la pena di costruire dapprima un solido ponte che, in un paese di piccoli contadini, attraverso il capitalismo di Stato, conduca verso il socialismo, altrimenti voi non arriverete al comunismo, altrimenti voi non condurrete decine e decine di milioni di uomini al comunismo. Questo ci ha detto la vita. Questo ci ha detto la marcia obiettiva dello sviluppo della rivoluzione (Lenin 1921c).
Che raramente appaia
qualcosa di nuovo sotto il sole lo confermano le parole di Lenin. La rivoluzione
deve arretrare di fronte ai disastri della Guerra Civile, ma onestamente
dovremmo dire noi anche davanti all’utopia. E tutti a sinistra “gridano” alla
restaurazione del capitalismo (tipico!):
"Il leit-motiv dei menscevizzanti è: ”I bolscevichi hanno fatto
marcia indietro, verso il capitalismo; questa sarà la loro tomba. (…) E allora,
come non lasciarsi prendere dalla paura? Soprattutto quando si è degli eroi
come lo sono i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, i paladini
dell'Internazionale due e mezzo, gli anarchici impotenti e gli amatori delle
belle frasi «di sinistra». «I bolscevichi ritornano al capitalismo; i
bolscevichi hanno i giorni contati; anche la loro rivoluzione non ha superato i
limiti della rivoluzione borghese». (…) I menscevichi urlano che l'imposta in
natura, la libertà di commercio, l'autorizzazione di concessioni e il
capitalismo di Stato significano il fallimento del comunismo. A questi
menscevichi fa eco dall'estero l'ex comunista Levi. (…) Su questo punto Levi si
trova perfettamente d'accordo con i semianarchici e gli urlatori, e in parte
con alcuni membri dell'ex «opposizione operaia», i quali amano proclamare con
frasi altisonanti che oggi i bolscevichi «non hanno fiducia nelle forze della
classe operaia». E i menscevichi e gli anarchizzanti trasformano il concetto
«forze della classe operaia» in un feticcio, incapaci come sono di comprenderne
il contenuto reale, concreto. Allo studio e all'analisi di questo contenuto si
sostituisce la declamazione" (Lenin 1919),
Lenin si rende perfettamente conto che il socialismo si costruisce con i materiali più avanzati della precedente civilizzazione borghese di cui in qualche modo diventa l’erede: "La scienza e la tecnica sono per i ricchi, per gli abbienti; il capitalismo dà la cultura solo a una minoranza. Ed è con questa cultura che dobbiamo costruire il socialismo. Non abbiamo altro materiale [...] Ecco come si pone il problema dell'eredità storica del capitalismo mondiale! .] Il problema consiste in questo: come unire la rivoluzione proletaria vittoriosa con la cultura borghese, con la scienza e la tecnica borghese, che sinora sono stati patrimonio di pochi" (Lenin 1923).
Non diversamente Deng che afferma: “...se il socialismo vuole vincere deve avere l’audacia di assorbire ed imparare tutti i successi della civilizzazione umana e tutte le forme avanzate di operazioni e di meccanismi di gestione che riflettono le leggi che governano la moderna produzione socializzata praticata oggi in diversi paesi del mondo, ivi incluse le nazioni a capitalismo sviluppato” (Deng Xiaoping 1994) 12..
Lenin era cosciente di
questo e ritiene che i comunisti dovessero utilizzare tutto ciò che fosse
positivo del passato e del capitalismo. Lenin sostiene che il “il passato è la
farina che viene impastata oggi per fare il pane domani”. Egli pensa che
l'avanzamento culturale dipenda in larga misura dallo sviluppo della base
materiale e non si possa costituire una società più avanzata indipendentemente
dal progresso della base materiale. Lenin infatti scrive: “Ora a noi basta
compiere questa rivoluzione culturale per diventare un paese compiutamente
socialista; ma per noi questa rivoluzione culturale comporta delle difficoltà
incredibili, sia di carattere culturale (perché siamo analfabeti), sia di
carattere materiale (perché per diventare colti è necessaria una certa base
materiale, un certo sviluppo dei mezzi materiali di produzione” (Lenin 1923), per cui era molto più difficile passare al
socialismo in un paese arretrato che in uno avanzato.
Per Lenin, infatti, un
paese arretrato può facilmente iniziare la rivoluzione socialista perché il suo
avversario è debole, perché la sua borghesia non è organizzata, ma proprio per
questo quel paese richiede un’azione più circospetta e cauta. Sarà diverso in
Europa occidentale, prosegue Lenin, dove sarà infinitamente più difficile
iniziare, ma infinitamente più facile andare avanti.
Al contrario Mao pensa
che il passaggio al socialismo sia meno difficile nella misura in cui il paese
è più arretrato; più è arretrato più la gente vuole la rivoluzione (Catone 2001). In effetti, le rivoluzioni sono state fatte
esclusivamente nei paesi arretrati e una ragione ci sarà. Ad esempio l'adozione
del welfare e l'interventismo dello stato nei paesi occidentali avanzati sono
serviti come ammortizzatori delle tensioni sociali e a ridurre l'impatto delle
crisi ricorrenti. Lenin con la teoria dello sviluppo ineguale e dell'anello
debole aveva dato una risposta a questo. Ma sembra che per Mao l'arretratezza
possa e debba diventare una risorsa (Franssen 2007). Allora questo discorso stride radicalmente
con il discorso di Lenin e con la tradizione del pensiero marxista. Il
socialismo come fase superiore di evoluzione dell’umanità che prende il meglio
della vecchia è un punto comune di tutti i classici del marxismo.
Hu Jntao ha cercato una sintesi dell’esperienza storica del comunismo cinese senza le demonizzazioni che hanno caratterizzato il rapporto con l’esperienza sovietica dopo il XX congresso del PCUS. Per Kruscev i problemi incontrati dalla società sovietica vengono tutti attribuiti sbrigativamente alla malvagità di Stalin, che spiegava ogni cosa. Come tutte le semplificazioni ciò ha evitato di dare soluzioni e risposte a problemi complessi. Dunque il segretario del PCC si è posto l’obbiettivo di “sintetizzare l’insieme della saggezza e dei contributi di diverse generazioni di comunisti cinesi”(Cit. In Sorini 2007). Per i cinesi le riforme ispirate da Deng costituiscono “una autentica nuova rivoluzione” fatta però sulle fondamenta della rivoluzione maoista. A Mao vengono riconosciuti indubbi meriti storici anche se il giudizio sulla Rivoluzione culturale e la relativa teoria del primato della lotta di classe rimane fortemente critico (Sorini 2007).
Bisogna soprattutto
imparare dalle esperienze anche di altri paesi, giacche come rileva giustamente
Losurdo il socialismo è un processo di apprendimento per prova ed errore. E
occorre tenere in conto tanto gli errori quanto i successi del socialismo:
Qualsivoglia progetto politico di trasformazione sociale - che non limiti, quindi, la prospettiva politica alla battaglia quotidiana, giusta e necessaria, ma non sufficiente, dell’opposizione e della resistenza - non può illudersi di ripartire da un incontaminato grado zero, in cui tutta l'esperienza del comunismo del `900 sia annullata e vanificata. Si può discutere sugli errori, le involuzioni, o anche le aberrazioni di quell'esperienza, non la si può rimuovere. Perché essa è stata il primo tentativo significativo per durata ed estensione - diversamente dalla Comune di Parigi o di altre meno rilevanti esperienze di piccole comunità autogestite - di trasformazione rivoluzionaria consapevole dei rapporti sociali esistenti. (Catone 2001)
Non si può dedurre il
fallimento del socialismo dal crollo dell’URSS. Ma questo lo si può dire solo
se si fa propria questa esperienza. Questa è stata un’esperienza condotta, nel
bene e nel male, da comunisti. Anzi si può dire che è stata la più radicale
esperienza condotta dai comunisti. Solo considerandola parte dell'esperienza
storica del comunismo che la si può criticare in maniera costruttiva ed evitare
di commettere di nuovo gli stessi errori. Infatti, coloro che ripropongono
puramente e semplicemente quell'esperienza oggi, sotto mentite spoglie, non la
conoscono affatto (spesso sono “antistalinisti” che ripropongono sic et
simpliciter lo stalinismo).
Indubbiamente la crisi
di quella esperienza è dipesa in larga misura dai problemi incontrati dalla
rigida pianificazione economica e dalla stagnazione. Ma se un insegnamento si
deve trarre è che la soppressione del mercato è avvenuta troppo presto in paesi
che non avevano pienamente sviluppato l’economia di mercato prima dell’avvento
del socialismo. La Russia
era nel 1917 un paese piuttosto arretrato economicamente con un basso sviluppo
delle forze produttive.(Duan 2005)
[1] In nessuna parte
le opere di Marx, Engels e Lenin, si trova una descrizione del socialismo, che
esiga che tutte le imprese, dal chiosco di giornali alla produzione di
satelliti spaziali, siano possedute e gestite dallo Stato e che debbano essere
determinati con decreto dal centro i prezzi di decine di migliaia di merci con
le loro relative diverse varianti che determinano una quantità astronomica di
prezzature (Bjarnason 1997).
Bibliografia
Bjarnason, Emil. 1997. “The Problem of the Socialist Market.” Spark! (10): 17–19.
Catone, Andrea. 2001. “Il Problema Della Transizione in URSS.” Atti Del Convegno “Quali Sono Le Prospettive Del Comunismo Nell’epoca Della Globalizzazione” (March 3). http://www.webalice.it/zinelli1/prelevamenti/interventi_singoli_pdf/II_socialismo_reale/Catone_transizione_in_URSS.pdf.
Deng Xiaoping. 1994. “Gist of Speeches Made in Wuchang, Shenzhen, Zhuhai and Shanghai.” Beijing Review 37 (6-7) (March 7).
Duan Zhongqiao, 2005, Market Economy and Socialist Road, III Conferencia Internacional La Obra de Carlos Marx y los desafios del Siglo XXI, ,http://bibliotecavirtual.clacso.org....ist%20Road.pdf
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Franssen, Peter. 2007. “Le Développement Du Socialisme En Chine.” Etudes Marxistes (78) (November 19). http://www.marx.be/FR/cgi/emall.php?action=get_doc&id=76&doc=554.
Lenin, Vladimir Illich. 1919. “Economia e Politica Nell’epoca Della Dittatura Del Proletariato.” http://www.marxists.org/italiano/lenin/1919/10/30-ecpol.htm.
Lenin, Vladimir Illich. 1921a. “Per Il Quarto Anniversario Della Rivoluzione d’Ottobre.” Pubblicato Per La Prima Volta Nella Pravda, N. 234. http://www.marxists.org/italiano/lenin/1921/10/14-anniversario.htm.
Lenin, Vladimir Illich. 1921b. Tesi Per Il Rapporto Sulla Tattica Del P.C. Di Russia Al III Congresso dell’I.C. Editori Riuniti.
Lenin, Vladimir Illich. 1923. Sulla Cooperazione. http://www.marxists.org/italiano/lenin/1923/1/sullacooperazione.htm.
Losurdo, Domenico. 2002. La dialettica della rivoluzione in Russia e in Cina: un'analisi comparata. http://www.pasti.org/losurdo5.html
Service, Robert. 2006. Dizionario del comunismo nel XX secolo. Vol. 1: A-L. (a cura di Pons, Silvio; Service, Robert). Einaudi. 2006.
Vascós González, Fidel. 2004. “Socialismo e Mercato”. Quaderni di Contropiano. http://www.ricercastoricateorica.org/Prospettive/GONZALEZ-socialismo-mercato.htm.
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