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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

martedì 6 marzo 2012

2.1.1: Gli antecedenti e la situazione sociale

2. Ancora una primavera. Tienanmen e dintorni 

2.1 Il mito del massacro di Tienanmen


... le vieux monde voulait vivre un printemps encore.
Emile Zola (Germinal 1993, p. 499)


La debolezza del regime cinese inizia, nella visione occidentale con la repressione della rivolta studentesca di piazza Tienanmen del 1989. Tienanmen si inserisce nel contesto del crollo dei regimi socialisti nell'89. Se avessero vinto questi "rivoluzionari" oggi la Cina sarebbe in preda alla mafia, alla disgregazione sociale e territoriale. I nostalgici di Tienanmen sono davvero pochi in Cina, visto com'è andata all'ex-URSS. Nel 2007 la Russia dopo avere venduto quintalate di petrolio è tornata al livello produttivo dell'URSS (dopo 16 anni). La Cina nello stesso tempo ha più che triplicato il PIL e il livello di vita.

I fatti di Tienanamen si inseriscono nel contesto del delicato passaggio della Cina da un sistema pianificato centralmente all’economia di mercato con tutti gli scompensi che ciò porta. La Cina naviga ancora in mare aperto. C’è una carenza di esperienza nel gestire l’economia di mercato. La ventata portata con il sistema di responsabilità famigliare comincia a segnare il passo. Dopo il 1985 il governo abolisce l’acquisto obbligatorio dei cereali che comporta un abbassamento dei prezzi dei prodotti agricoli. Aumentano i prezzi dei fattori produttivi quali fertilizzanti e pesticidi e diminuisce il prezzo delle derrate. I contadini devono dunque dedicarsi ad altri lavori più remunerativi e diversificare la produzione. Comincia soprattutto l’esodo verso le città. Il sistema di incentivazione delle imprese e la maggiore autonomia comportano un aumento dei prezzi con il surriscaldamento dell’economia e un netto aumento dell’inflazione in un’economia che da segni di stagnazione. Il governo non ha ancora affinato gli strumenti di controllo dell’economia. L’inflazione galoppante porta ad un avvertibile disagio in particolare nelle città (Cheek 2007, p. 69). Anche la situazione sul piano della criminalità stava peggiorando. La criminalità economica in particolare era preoccupante. Nel marzo del 1989 i casi di corruzione, sempre perseguiti duramente in Cina, erano in aumento del 27% ed era avvertita in ogni strato della società (Nathan and Link 2001, p. 49). Le misure di austerità che comportavno un taglio ai finanziamenti di opere infrastrutturali e quindi problemi occupazionali e anche una stretta sui consumi famigliari per combattere l'inflazione, che in effetti rientrò in carreggiata alla fine dell'anno, comportavano un una diminuzione della popolarità del governo, come sovente avviene nei periodi di crisi, soprattutto tra i ceti urbani. A livello popolare si faceva ricadere la colpa su Li Peng anche se alcuni riconoscono che le difficoltà era state ereditate dal "temerario programma di sviluppo di Zhao" il segretario del Partito.
Giulio Pecora corrispondente dell'ANSA descrive così le opzioni in gioco:
Da qualche tempo avevano per giunta cominciato a emergere gravi problemi e preoccupanti crepe nell'edificio delle rifor­me: l'inflazione innanzitutto, alimentata dalla liberalizzazione dei prezzi di molti generi di prima necessità; il crescente divario tra le zone costiere, teatro di una fioritura senza precedenti di attività produttive e di commerci, e le vaste regioni dell'entroterra occidentale, ancora immerse in un'ata­vica povertà; la corruzione dilagante soprattutto tra la piccola burocrazia statale, abbagliata dal miraggio del guadagno facile e senza fatica. Per il segretario generale, ormai avviato a seguire senza esitazioni le orme della scuola liberista occiden­tale, si trattava di mali necessari, che si sarebbero automatica­mente corretti una volta che la corsa allo sviluppo avesse acquistato un ritmo e una portata tali da permettere all'econo­mia di decollare definitivamente. Insomma, sosteneva Zhao, si accetti un po' di disoccupazione, si lasci correre un po' l'inflazione, si dica ai pastori del Xinjiang di portare pazienza, perché alla fine di questa salita ci sarà, fra qualche anno, un po' di benessere per tutti.
Li Peng, formatosi alla scuola sovietica dei primi anni Cin­quanta, tirava la coperta dall'altra parte: reclamava il diritto di occuparsi da solo dell'economia e cercava di attuare un programma diametralmente opposto a quello del capo del partito. Stretta creditizia per frenare gli investimenti eccessivi; riaccentramento del controllo sulle attività produttive e com­merciali, che Zhao avrebbe voluto affidare progressivamente alle singole imprese rendendole responsabili dei loro bilanci; forte limitazione dei consumi delle famiglie per frenare l'inflazione (Pecora 1989, p. 81).
Occorre dire che le preoccupazioni di Li Peng era più che fondate. Ormai l'inflazione aveva raggiunto a metà del 1988, il 40 per cento su base nazionale e, per alcuni beni particolarmente richiesti, arrivava a toccare punte del 100 per cento nelle grandi città costiere. Era un fenomeno fin o allora sconosciuto in Cina e dovuto alla forte espansione dei consumi che contrariamente ad una credenza diffusa sono sempre sono sempre aumentati fortemente negli ultmi 40 anni di riforme. A Shanghai c'era stato un aumento delle vendite del sessanta per cento in un anno. La gente acquistava qualsiasi bene durevole per sottrarsi all'inflazione e nel contempo l'inflazione aumentava per via deglla corsa agli acquisti (Pecora 1989, p. 169).

Dai documenti declassificati si vede come risultino chiari anche
all'ambasciata americana i problemi economici legati del passaggio
all'economia di mercato in Cina

La cosa è tuttavia abbastanza scontata se si pensa ai paesi dell'est che proprio all'inizio degli anni novanta, a seguito del passaggio brusco all'economia di mercato, ebbero tassi di inflazione dal 30% al 200%. Gli stessi documenti desecretati dell'Ambasciata americana a Pechino rivelano che già da mesi prima delle proteste di piazza Tiananmen, il governo cinese ha cercato di "smorzare l'inflazione e rallentare la crescita industriale eccessivamente rapida che comporta una forte carenza di materie prime e di energia." Tuttavia, la serie di misure adottate dalla governo inclusa l'imposizione di nuove tasse, controlli di spesa, aumento deil tass di interesse come le restrizioni sull'esportazione di beni scarsi erano inefficaci. Nonostante il disagio sociale che ha accompagnato la trasformazione economica nell'Europa orientale, mancava l'attivismo occidentale finalizzato a destabilizzare la situazione dato che questi paesi hanno accettato il sistema occidentale ed erano disposti ad entrare nell'Unione Europea, nella NATO e allinearsi alla politica estera degli Stati Uniti. In particolare Ungheria e Jugoslavia, i primi paesi a sperimentare le riforme del socialismo di mercato, erano scivolati nella stagnazione economica.
Paese \ CPI inflazione
1993
1992
1991
Ungheria
34.85%
23.72%
22.52%
Polonia
79.05%
46.19%
37.25%
Slovenia
109.33%
237,96%
33.96%
Romania
205,5%
199,5%
295,5%

Sebbene ancora le disparità economiche non fossero così marcate, per la prima volta dopo decenni iniziavano a farsi sentire. La differenziazione delle retribuzioni era anche corretta nella situazione in cui si trovava la Cina ma era un novità a cui i cinesi non era abituati. Indubbiamente alla base della protesta di Tienanmen c’erano anche problemi di ordine sociale: il cambiamento comporta grossi problemi, anche psicologici, senza sottovalutare che si recepiva un livello di corruzione in ascesa (Jones 2009).

I grafici tratti dai documenti desecretati dell'Ambasciata americana indicano 
il livello di surriscaldamento dell'economia cinese. 
Gli intellettuali non sono la sola categoria toccata dalla riforma economica. Nell’autunno del 1988 l’inflazione arriva al 30%. Il governo si vede costretto ad adottare severe misure di austerità per evitare che il fallimento delle misure liberalizzatrici. Sia l’inflazione che le politiche restrittive vanno a colpire coloro che sono a reddito fisso o dipendono da sussidi ossia lavoratori, impiegati delle aziende di stato e del governo, pensionati oltre che intellettuali e studenti (Jones 2009). 

Il livello di vita è comunque cresciuto. Dal 1978 il livello di vita, ci informa la Tamburrino è più che raddoppiato. I consumi sono aumentati del sette per cento l'anno tre volte e mezzo più che nel ventennio precedente. L'indice Engel che misura il consumo totale rispetto a quello alimentare è un buon indicatore della soddisfazione dei consumi essenziali.. Le famiglie contadine dedicavano al cibo il 60 per cento delle proprie entrate nel 1981 all'inizio degli anni anni '90 solo il 51 mentre per i cittadini mentre per cittadini le percentuali sono state rispettivamente del 56,7 e del 46,6 (Tamburrino 1993, p.9).

In ogni caso dividere quando la sinistra radicale dei nostalgici della rivoluzione Culturale farà di Zhao un il proprio eroe forse ignora che Zhao era stato vittima della stessa e che nel dibattito interno non rappresentava propriamente la "sinistra" sebbene non significa con questo che in tante cose non avesse torto.
L'ambasciata americana era cosciente della situazione di difficoltà del
governo cinese

Comunque fu proprio Zhao che, nel settembre del 1988 "ricevette con grandi onori a Pechino, intrat­tenendosi a lunghissimo colloquio con lui, Milton Friedman, premio Nobel per l'economia e ascoltato consigliere della Casa Bianca. Considerato il portabandiera della più estrema scuola liberista, secondo la quale minori sono i controlli statali sull'economia, più si lascia la briglia sciolta alla concorrenza e all'iniziativa privata e meglio vanno le cose, Friedman consi­gliò ovviamente il segretario generale di insistere con le riforme più audaci, in attesa che la ricchezza generata dal boom economico annullasse i fenomeni negativi, come l'infla­zione e la stagnazione della produzione agricola" . Li Peng, dal canto suo, promuoveva riunioni su riunioni tra i responsabili governativi dell'economia, che avevano messo a punto un piano di severe misure per la restrizione del credito, per drastici tagli agli investimenti e per un ritorno sotto le autorità centrali delle attività economiche che erano state delegate agli organismi periferici dello stato. Fu Li Peng a vincere il confronto e, durante il comitato centrale svoltosi a novembre, Zhao dovette pronunciare una sorta di autocritica, promettendo che non si sarebbe opposto ai duri provvedimenti di austerità approntati dal governo (Pecora 1989, p. 171).
Le teorie neo-liberali di Hayek
 influenzarono molto gli intellettuali 
che diressero il movimento 
studentesco cinese negli anni 
ottanta


La penetrazione di idee liberali portò ad un diffuso fermento politico nei campus delle università. L'economista Li Minqi (poi diventato marxista) che ebbe parte attiva nel movimento ricostruisce bene il clima dei campus. Egli era studente di economia all'Università di Pechino. Infarcito di idee liberiste della "Scuola di Chicago", sul liberismo e sul "governo leggero" che sarebbe stato in grado di risolvere i problemi economici in modo efficiente. La convinzione era che l'economia socialista fosse ingiusta, oppressiva, e inefficiente con premi per i lavoratori improduttivi dello stato e punizioni per le persone capaci come imprenditori e intellettuali. Le imprese statali per loro natura inefficienti e inefficaci dovevano essere privatizzate e i lavoratori dello stato dovevano essere costretti a porsi sul mercato e coloro che che risultassero pigri dovevano essere abbandonati al loro destino (Li Minqi 2008).

Gli anni '80 sono stati un decennio di eccitazione politica e intellettuale in Cina. L'intellighenzia cinese politicamente attiva si basa sul movimento cosiddetto della "emancipazione di idee" (Jiefang sixiang). La critica al socialismo cinese era ancora all'interno di un discorso marxista. Gli intellettuali dissidenti hanno chiesto più democrazia senza mettere in discussione la legittimità della rivoluzione cinese o dell'economica socialista. Scrive Li Minqi:

Dopo il 1985tra gli intellettualici fu una brusca svolta a destra. Anche in precedenza, la fase del socialismo maoista cinese è stata vista come un periodo di oppressione politica e di fallimento economico. Il socialismo cinese avrebbe dovuto "fallire", come aveva perso la corsa della crescita economica con il Giapponela Corea del Sud, Taiwan e Hong Kong. "Molti consideravano Mao Zedong stesso un ignorante, arretrato contadino cinese che si trasformò in un crudele despota, assetato di potere, responsabile dell'uccisione di decine di milioni di persone. Gli intellettuali politicamente attivi non si sono più riferiti al marxismoAl contrario, il liberalismo occidentale classico e il neoliberismo economico, rappresentati da Friedrich Hayek e Milton Friedman, sono diventati la nuova ideologia di moda (Li Minqi 2008).
Questo clima porta alle manifestazioni studentesche del 1986. In quell'anno le manifestazioni sono di piccole dimensioni, se le si confronta con quelle dell’89, ma cominciano a manifestarsi le contraddizioni, tra le varie anime del partito. Con il diffondersi delle manifestazioni, la lotta nel partito risulta intensificata. Il risultato è la rimozione del Segretario Generale del partito, Hu Yaobang. In una relazione ad una riunione del Politburo allargato,  Bo Yibo, uno dei veterani o "anziani" del partito, ha spiegato come gli “errori” di Hu abbiano contribuito a gettare le basi per le manifestazioni (Kelly 1992).

Secondo Bo, Hu Yaobang si sarebbe opposto alla lotta contro “l'inquinamento spirituale” in particolare al Quarto Congresso dell'Associazione degli Scrittori nel dicembre del 1984, evitando i riferimenti alla liberalizzazione borghese, compromettendo il lavoro ideologico a livello nazionale. Il movimento contro l'inquinamento spirituale era praticamente morto prima del dicembre 1984. Questa tendenza è andata avanti tra stop and go nel 1985 quando il Comitato permanente del Politburo ha chiesto un’azione di contrasto e nel 1986, quando le riforme politiche sono state attuate. Secondo Bo questa mancata operazione di contrasto avrebbe aperto la strada alle manifestazioni degli studenti a livello nazionale, nell'inverno del 1986. (Kelly 1992). Quando si arriva al XIII° Congresso del Partito (1987), vari elementi di tensione attraversano  la società cinese e anche il partito. Voci parlano di una forte polarizzazione dei delegati al congresso. Se questo è vero, non può che indicare una grande quantità di insoddisfazione all'interno del partito. Il partito è già diviso (Kelly 1992).
Il primo gennaio 1987, alcune centinaia di studenti si erano raccolti sulla piazza Tiananmen. Dopo avere percorso in corteo un centinaio di metri, vennero dispersi da un plotone di poliziotti disarmati ma esperti in arti marziali ma con l'inizio delle vacanze invernali ma portò dopo qualche settimana alla caduta di Hu Yaobang.
Hu Yaobang con l'ex segretario del 
Partito Hu Jintao e il primo ministro 
Wen Jiabao

Il partito era indubbiamente diviso. Una prima tendenza più liberale che finì con il dare corda alle richieste sempre più radicali degli studenti, avrebbe accellerato gli elementi più propriamente capitalistici dell'economia cinese. Di questa tendenza facevano parte il segretario Zhao Zyang, Lu Dingyi (ex responsabile della propaganda del Partito), Wang Li (vicepremier e presidente dell'Assemblea Nazionale del Popolo), Xi Zhongxun (membro della segreteria del Partito e vicepresidente della'Assemblea permanente del Popolo).

Mentre Li Peng (primo ministro), Chen Yun (economista sostenitore della pianificazione), Li Xiannian (capo di stato fino al 1988), Peng Zhen (presidente dell'ANP fino al 1988)), la vedova di Zhou Enlai, Deng Yingchao, gli ideologi Hu Qiaomu, Deng Liqun propugnatori della "civiltà spirituale socialista" e Bo Yibo (vice presidente della Commissione Consultiva del PCC) erano i sostenitori di una linea più indirizzata verso gli elementi socialisti nell'economia cinese. In questa divisione si inserisce il movimento studentesco: "Gli intellettuali liberali sono espressi a favore di una "Riforma" orientata verso il capitalismo. Per fare questo, essi erano generalmente inclini a fare affidamento su un'alleanza con l'ala "riformista" del partito che diretta da Zhao Ziyang. I leader studenteschi erano ideologicamente influenzati dagli intellettuali liberali, erano politicamente inesperti e anche molto spinti dalle loro ambizioni politiche personali." (Li Minqi 2008)

Nel 1988 erano comparsi dazebao all'Università dello Sichuan e a Shanghai che invitavano a dimostrare contro il governo ritenuto responsabile dei problemi economici che attraversava il paese. (Nathan and Link 2001, p. 58). Nel giugno del 1988 un rapporto sugli orientamenti ideali dei giovani il 40% riteneva il comunismo irrealizzabile, la maggioranza non voleva diventare membro del partito, altrettanti pensavano che per ottenere la modernizzazione si dovesse seguire il sentiero socialista ma erano ancora di più coloro che pensavano che non era importante a quale ismo ci si richiamasse purché ci si arricchisse. Una parte molto minoritaria ma comunque significativa pensava che si dovesse aggiungere il capitalismo e lavorare alla completa occidentalizzazione del paese. Molti poi non davano un giudizio negativo delle manifestazioni studentesche del passato  (Nathan and Link 2001, pp.59-61). Sono molo attivi il fisico Fang Lihzi e sua moglie Li Shuxian. Molti studenti erano poco propensi ad accettare il mutato tono dei media che li accusavano di avere uno stile di vita stravagante e li avevano retrocessi dopo le manifestazioni del 1985-86 da favoriti dal cielo criticandoli con frasi del tipo "i lavoratori non sono daccordo nel mantenere il vostro tenore di vita e siete solo una minoranza".

In un rapporto-inchiesta del marzo 1989 sullo stato dell'ideologia tra i giovani viene detto che sebbene la maggioranza è ha favore dei quattro punti cardinali che costituiscono l'asse dell'ideologia del partito e che il marxismo leninismo è una ideologia adatta al proseguimento della riforma. La percentuale non trascurabile di coloro che vi si oppongono, però, si trova quasi esclusivamente tra i laureati. le opinioni di chi riteneva il partito in ascesa di consensi pareggiavano quelli che lo ritenevano in calo. Le proteste studentesche sono in generale guardate favorevolmente. La maggioranza dei giovani ritiene che siano uno strumento legittimo. Preoccupa l'aumento dei prezzi e si assiste ad un graduale declino dell'etica sociale che porta un numero sempre maggiore di giovani a mettere davanti a tutto l'interesse individuale  (Nathan and Link 2001, pp.55-57). In un altro rapporto sempre del marzo 1989, sul settantesimo anniversario del Movimento del 4 Maggio, Si rileva che molti giovani ritengono che, storicamente, una riforma moderata sarebbe stata meglio della rivoluzione comunista e che comunque il marxismo sarebbe stato stravolto dalla base contadina del Partito.

Un documento di Hong Kong riferisce che un certo numero di attacchi terroristici ha avuto luogo nell'estate del 1988, tra cui un attentato vicino a Piazza Tienanmen, e un giovane con bombe a mano è stato fermato nel tentativo di colpire il Mausoleo di Mao, in Piazza Tienanmen. Slogan come "Abbasso la nuova Banda dei Quattro- Peng Zhen, Bo Yibo, Hu Qiaomu, Deng Ligun" furono scritti sui muri intorno a Pechino. Secondo Shen Zuying, leader della Federazione dei Sindacati Cinesi, ci sono stati scioperi, la maggior parte in risposta al peggioramento della situazione economica (Kelly 1992).


I curatori dei Tienanmen Papers fanno rilevare come la riforma industriale si fondasse sino ad allora "sulla cultura conservatrice della proprietà statale" (Nathan e Link 2001, p. 47). Questo per chi sostiene che i fatti di cui parliamo siano stati il frutto della brutale restaurazione del capitalismo. Teoricamente, sia detto per gli stravaganti sostenitori della teoria secondo cui dopo Tienanmen la Cina avrebbe imboccato la strada della Shock Economy e del turbo-capitalismo, i difensori dell'economia socialista sembrano soprattutto i secondi (Li Peng, Chen Yu ecc.) piuttosto del movimento studentesco che li considerava come degli avversari.

Ma veniamo ai fatti del 1989. In Italia troviamo comunisti che diffondono la versione più calunniosa e infamante del “giornalismo passivo”: “A Tienanmen, già illuminata dai riflettori della globalizzazione, venne consumato uno dei massacri più feroci e crudeli del mondo contemporaneo: almeno diecimila ragazzi immolati sull'altare del nuovo ordine di Deng Hsiao Ping, i mucchi di corpi schiacciati dai carri armati, sepolti sotto un fiume di sangue, poi buttati via, chissà dove, come spazzatura umana di cui liberarsi al più presto” (Gagliardi 2005). In effetti, la Gagliardi ripete le affermazioni del giornalismo passivo che si è sempre riferito a Tienanmen come ad una “strage di studenti” per di più inermi.

Ma questo atteggiamento è significativo di come la sinistra reagì ai fatti di Tienanmen. Scrive la Napoleoni: "Più che il crollo del muro di Berlino sono i fatti di Tienanmen ha mettere in moto un processo inarrestabile, che porta alla disintegrazione della sinistra europea. Nell’immaginario collettivo occidentale il sangue degli studenti trasforma la Cina nel nuovo nemico dell’umanità. Sommersi dalle macerie sovietiche i partiti socialisti non hanno più un punto di riferimento reale. Nessuno osa guardare alle riforme di Den Xiaoping e al modello cinese infinitamente più flessibile rispetto a quello sovietico ed anche a quello nostrano come un esempio di marxismo che si adatta alla globalizzazione prendendo in prestito dall’economia di mercato ciò che serve per mantenere in vita il socialismo" (Napoleoni 2009).

Il muro della democrazia nel 1976
Rimaniamo alla Cina degli anni Ottanta. L'economista Li Minqi suggerisce che, dalla metà degli del decenio in questione, gli intellettuali cinesi non siano molto soddisfatti della situazione economica. Le riforme avrebbero favorito maggiormente i dirigenti delle aziende di stato e gli imprenditori privati (in genere quasi degli artigiani) mentre lamentano che i redditi della loro categoria non siano cresciuti più rapidamente di quella dei lavoratori urbani (Jones 2009). Un'inchiesta del 1988 "ha dimostrato che il laureato medio guadagnava 9 dollari al mese meno di quelli che non erano andati al college, e questo fatto ampiamente noto ha alimentato gran parte del fervore rivoluzionario degli studenti." (Raimondo 1999). A parte vaghe affermazioni sulla necessità della "democrazia", ​​i dettagli più concreti del programma degli studenti erano notevolmente corporativi. "Al culmine delle riforme, con sussidi statali agli studenti ridotti all'osso, gli intellettuali hanno visto i loro redditi rimanere stagnanti o addirittura diminuire nel momento in cui i contadini relativamente ignoranti si mettevano in proprio e in adempimento della massima Deng di diventare gloriosamente ricchi: pur insistendo sulla loro diritto di manifestare, e la libertà di parola gli studenti hanno anche chiesto "più soldi per l'istruzione superiore e stipendi maggiori per gli intellettuali." (Feigon 1990, p. 135). Rileva il corrispondente della RAI (Radio Televisione Italiana) Ilario Fiore: "Decimati e perseguitati sotto tutte le dinastie, gli intel­lettuali sono quelli che di più hanno sofferto sotto il vecchio modello maoista fino al loro smembramento fisico nei dieci anni della 'Grande Rivoluzione Culturale e Proletaria'. Nel successivo decennio, poi, mentre i contadini - il 62% della mano d'opera nazionale - hanno triplicato il loro reddito e gli operai lo hanno raddoppiato, chi continua a ricevere stipendi da fame sono sempre gli intellettuali, la cui funzione per il successo della Riforma è stata ed è indispensabile" (Fiore 1989, p.10). E’ questo un elemento che spiega come mai gli studenti siano sempre stati restii a formare un fronte unito con i lavoratori. Mike Chinoy corrispondente al tempo dei fatti di Tienanmen ricorda che ormai il laureato medio guadagnava meno del parrucchiere Dong Aizhi, che egli aveva intervistato subito dopo il suo arrivo a Pechino. Che i lavoratori autonomi guadagnino più di un laureato è una condizione normale da noi ma non in un paese dove gli intellettuali erano stati a lungo considerati una classe privilegiata. Ora una buona educazione non garantisce più un posto di lavoro (Jones 2009). Un sondaggio condotto all'inizio del 1989 nelle università degli Stati Uniti ha permesso di appurare che oltre la metà dei quarantamila studenti cinesi ospiti del paese, se ne avranno l'occasione, si stabiliranno all'estero alla ricerca di un futuro migliore (Pecora 1989, p. 65).


Raimondo fa notare un aspetto poco conosciuto ossia quello razziale, 'politicamente scorretto': "Mentre gli studenti cinesi sono stati costretti a vivere 6 o 8 in una stanza non più grande di un armadio, gli studenti stranieri promossi dal governo cinese, principalmente dall' Africa, sono stati ospitati in quartieri relativamente di lusso e buon cibo, il tutto gratis. Le proteste anti-africane sono scoppiate nella città di Hehai, e sono finite nella violenza. Gridando slogan contro i negri i militanti studenteschi scorrazzavano nei dormitori degli africani, malmenato tutti gli stranieri, e assediando le autorità locali. Le proteste nei campus presto si sono diffuse a Shanghai, Pechino, e altrove. Il sentimento anti-stranieri era una significativa sottocorrente della rivolta di piazza Tiananmen. Il 19 aprile, militanti marciarono sulle abitazioni dei dirigenti più prestigiosi del partito che compongono la famosa Zhongnanhai: urlando insulti a Deng, ma hanno anche urlato "Uccidi gli stranieri!" (Raimondo 1999). Quella degli anni '80 era soprattutto una xenofobia contro gli stranieri provenienti dal Terzo Mondo, tradizionalmente aiutati dalla dirigenza comunista e molto differente dallo spirito patriottico che infervorerà gli studenti negli anni successivi rivolto contro i paesi "egemonisti" ossia imperialisti occidentali. 

Proprio il problema della corruzione era sintomatico di un certo rigurgito della Rivoluzione Culturale. Non che questo problema non fosse importante come in tutti i paesi in via di sviluppo. Spesso si faceva ricorso, come durante la Rivoluzione Culturale, alla diffamazione pura e semplice. Le leggende metropolitane imperversavano: le scommesse sui cavalli ad Hong Kong dei figli di Deng Xiaoping e dello stesso Deng che avrebbe avutio 400 milioni di dollari all'estero (Mackinnon 1999), oppure il prezzo pagato da Zhao Ziyang per il privilegio di giocare a golf, quante ville avessero i leader politici e a quali costi e via dicendo. Scrive Fiore: "I dazebao di Tien An Men ripetono la campagna sul "Muro della Democrazia" di dieci anni fa. Il tema dominante è la corruzione. La lista dei personaggi e dei misfatti è lunga. In testa c'è la famiglia Deng, la famiglia imperiale. La primogenita, Deng Lin, pittrice di 47 anni, è accusata di sfruttare il nome del padre per viaggiare all'estero e pro­muovere le mostre dei suoi quadri a Hong Kong, a Tokyo, in America. Il figlio maggiore, quello buttato fuori della fi­nestra del terzo piano della scuola dalle Guardie Rosse, paralizzato a vita, è presidente dell'associazione nazionale dei portatori di handicap, sospettato di imbrogli finanziari. Il fi­glio che era andato a studiare fisica a Harvard non è più tornato, si è sposato con una cinese d'America dalla quale ha avuto un bambino che, per il cosiddetto right of birth, potrebbe essere un giorno presidente degli Stati Uniti" (Fiore 1989, pp. 157-158). Fiore continua la lista della corruzione, che poi si riduce ai "si dice" e che tra l'altro colpisce più di ogni altro quello che era lo strumentale eroe degli studenti ossia Zhao:
La corruzione non risparmia, come si è già detto, nem­meno la famiglia del segretario del partito, come lo stesso primo ministro ha tenuto velenosamente a precisare nel suo incontro con gli studenti di venerdì scorso. Il figlio pri­mogenito, Zhao Tachun, già direttore generale della Zona Economica Speciale di Shenzen, accanto a Hong Kong, è conosciuto a Pechino come "il commerciante dei televiso­ri". Il secondo, Zhao Erijn, era condirettore della Nahai Hainan Company, una compagnia di sviluppo edilizio nel­la zona franca dell'isola di Hainan, ed è molto chiacchiera­to per i suoi rapporti coi giapponesi, compreso uno scandalo di automobili importate in franchigia. La lista delle criti­che non risparmia il ministro della Cultura Wang Meng, che in un periodo critico come l'attuale, con i suoi intellet­tuali in rivolta, è partito per Roma e Parigi, in Italia per ri­tirare un premio letterario e promuovere un suo bel ro­manzo - Figure intercambiabili - pessimamente tradotto e in Francia per assistere al festival cinematografico di Cannes. Non ancora soddisfatto, mentre a Pechino brucia la casa della cultura, Wang Meng ha voluto fare una sosta in Egit­to per visitare le tombe nella Valle dei Re a Luxor (Fiore 1989, pp. 157-158).
Che poi il ministro della Cultura si interessi di cultura a noi abituati a ben altro non sembra particolarmente grave. Ma Fiore aggiunge: "Nella campagna contro la corruzione i fatti vanno presi col bene­ficio dell'inventario, una certa vena di qualunquismo po­polare è sempre presente e non si può fare, come si dice, di ogni erba un fascio" (Fiore 1989, p. 160). Significativo per altro l'atteggiamento occidentale nei confronti della corruzione cinese. Fiore nota: "Cronache gialle di arricchimenti spericolati, come quel­lo dell'ex direttore generale della CAAC, la compagnia ae­rea di bandiera, ora rifugiato negli Stati Uniti dove viveva già un suo figlio, indignano la coscienza popolare. Scoper­to il bottino delle tangenti versategli dalla Boeing per l'ac­quisto dei Jumbo - si parla di 250 mila dollari - l'altro figlio rimasto a Pechino sarebbe caduto vittima della moglie che ha denunciato l'imbroglio essendo rimasta fuori dalla divi­sione della somma" (Fiore 1989, p. 160). L'Occidente è stato prodigo, almeno fino ad un certo momento, nel dare asilo ai corrotti cinesi spesso spacciati per dissidenti (a proposito!) o aderenti al Fulan Gong. Riservandosi poi di fare la morale ai cinesi.

Abbiamo citato all'inizio Emile Zola: "Il vecchio mondo voleva vivere ancora una primavera". Ma chi rappresentava, a posteriori forse possiamo ipotizzarlo, il vecchio mondo? Gli studenti che si richiamavano al vecchio verbo neo-liberale oppure i comunisti che proponevano l'innovativo socialismo con caratteristiche cinesi? Risponderemo alla fine del nostro tragitto di analisi a questo interrogativo.


Bibliografia

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Fiore, Ilario.1989. Tien An Men. RAI-ERI.
Gagliardi, R., 2005. Tienanmen, 4 giugno: quel giorno nacque il capitalismo cinese. Liberazione.
Jones, M.A., 2009. Sorting fact from fiction – Tiananmen revisited (Part 1). Fool’s Mountain: Blogging for China. Available at: http://blog.foolsmountain.com/2009/05/08/sorting-fact-from-fiction-%E2%80%93-tiananmen-revisited-part-1/ [Accessed November 27, 2010].
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Debunkers dei miti sulla Cina. Avversari della teoria del China Collapse e del Social Volcano, nemici dei China Bashers.