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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

mercoledì 7 marzo 2012

2.1.12: Leaderismo, mancanza di democrazia, elitarismo.

2. Ancora una primavera. Tienanmen e dintorni 

2.1 Il mito del massacro di Tienanmen


Ragazzetti innamorati del mito della Coca Cola
Edoardo Sanguineti

Il numero degli occupanti di Piazza Tienanmen era salito perché gli studenti provenienti da altre province continuavano ad arrivare (in numeri molto grande a volte), desiderosi di essere parte della scena della storia influenzando le decisioni e condividere l'eccitazione del momento. Questi nuovi arrivati non desideravano la fine dell'occupazione, e sono stati una forza importante nello sfidare chi come Wu'er Kaixi voleva porre fine all'occupazione. Chai Ling inizialmente aveva votato per la conclusione, ma in seguito si schierò con i nuovi arrivati, che si erano raggruppati per formare la loro fazione di potere (Jones 2009).

Geremie Barmé cerca di fare qualcosa contro il deterioramento della situazione igienica nella Piazza, che era 'sporca' e con una terribile e puzza di urina. Scrive Francesco Sisci: “La piazza puzzava di urina, di pattume non raccolto, di sudore. Non c’era più uno spazio per camminare liberi. Ogni angolo era occupato da tende improvvisate con ragazzi con la fascia rossa o bianca, di lutto come pronti alla morte, visto lo sciopero della fame (Sisci 2009c). Per quanto riguarda il nesso causale tra cattiva organizzazione, servizi igienici, e il morale in declino - sembra ci sia un collegamento. Alcuni studenti hanno cominciato a lamentarsi apertamente della leadership – come riferivano i quotidiani di Hong Kong e Mike Chinoy della CNN rileva anche come a partire dalla metà di maggio in poi il numero di chi rimane sulla piazza ha cominciato a diminuire rapidamente, come gli studenti si siano semplicemente annoiati e stufati di tutto questo - egli cita il fattore igienico-sanitarie o come una delle cause per il drastico declino (Jones 2009). Fiore riporta: "Usano l'acqua dell'autocisterna comunale per la­vare lo sporco, ma da giorni non si raccolgono le immondi­zie ammucchiate all'aperto e il tanfo è insopportabile se camminate col vento in faccia" (Fiore 1989, p. 114). Del resto problemi analoghi si sono verificati durante l'occupazione dello Zucchotti Park da parte del movimento Occupy Wall Street. Anzi la polizia prese preso dalle condizioni igieniche per fare sgomberare gli occupanti.

Scrive Pecora: "La piazza era ridotta in condizioni igieniche spaventose dopo giorni di manifestazioni ininterrotte. Sul lato occidentale e su quello orientale, dove le autorità comunali, spaventate dal possibile diffondersi di malattie, avevano fatto installare dei gabinetti da campo, aleggiava un fetido puzzo di urina. Gruppi di studenti dormivano all'addiaccio, sulle panchine ai lati del Mausoleo di Mao, una grande costruzione a un piano tra il Monumento agli Eroi e il lato meridionale della piazza" (Pecora 1989, pp.87-88). Dunque furono le tanto bistrattate autorità comunali a portare i servizi igienici nella Piazza. La leadership degli studenti ha riconosceva che ci fossero questi problemi, ma 'li ha respinti in quanto poco importanti, sostenendo invece che è stato lo 'spirito' del movimento che contava di più. I medici che volontariamente passavano il loro tempo nelle stazioni di fortuna di pronto soccorso della Piazza erano certamente preoccupati per il peggioramento problemi igienico-sanitari. Gli studenti avevano aperto un canale di drenaggio sotterraneo per usarlo come un bagno pubblico, ma come Orville Schell, spiega, quasi subito il fosso aveva cominciato a straripare e un intruglio fetido di urina ed escrementi era sparso in tutto il marciapiede. Entro la metà di maggio, aggiunge Schell, c'era tanta immondizia e rifiuti sparsi in giro, che alcune parti della piazza sembravano una discarica. Jan Wong ha anche espresso disgusto per la mancanza di coscienza ambientale degli studenti, e si è dichiarata perplessa sul motivo per cui così tanti di loro buttavano i loro 'mozziconi di sigarette, giornali e bottiglie di plastica' direttamente per terra, trasformando l'intera piazza in 'un casino' (Jones 2009). Il 23 maggio un comunicato del comune proprio avvertiva che a causa dell'agitazio­ne, che da giorni impediva la pulizia del centro cittadino, si erano verificati casi di gravi malattie infettive.

La Macartney nota che il movimento studentesco piuttosto che operare democraticamente riproduca elites gerarchiche simili a quelle del partito. Rappresentati di università rivali sono spesso impegnati in una battaglia per il potere complessa come quella interna al partito. La battaglia per il potere era un segnale delle ambizioni di essere riconosciuti come eroi del momento. Praticamente tutti i prominenti leader almeno una volta furono cacciati come frutto di battaglie interne e non come richiesta popolare.
Nel libro Pechino in coma l’autore Ma Jian mostra che sebbene agli occidentali gli studenti di Tienanamen abbiano dato l’impressione di un solido ed energico consenso contro la dittatura e per la democrazia essi erano egoisti e litigiosi lacerati sulla tattica e divisi sulla spartizione del denaro ricevuto, Questi scismi si sono ampliati durante gli anni di esilio con i leader che si rimpallano la colpa a vicenda per il fallimento della protesta. Ma Jian ripercorre queste recriminazioni per centinaia di pagine, raffigurando i personaggi della vita reale e ripercorrendo le differenze tra le posizioni del Quartier-generale dello sciopero della fame, la Federazione degli Studenti di Pechino e la Federazione Provinciale degli Studenti (Mishra Sd). Raimondo scrive che: "La leadership del movimento studentesco era divisa, e raramente ha parlato in una sola voce, ma la "Comandante in Capo" eletta dell'accampamento di piazza Tiananmen, Chai Lin, aveva molta autorità morale, e fu in gran parte attraverso la sua influenza che migliaia di studenti non hanno evacuato la piazza, anche dopo la notizia che i carri armati stavano arrivando li aveva raggiunti.(come riferito dal figlio di Deng Xiaoping, Deng Pufang)". (Raimondo 1999).



Alcuni tra i giornalisti presenti a Pechino nel 1989
hanno messo in dubbio la comprensione della
democrazia che avevano gli studenti della piazza.
James Kynge dell'Agenzia Reuters presente a Pechino nel 1989 mette in dubbio la stessa narrazione occidentale degli studenti che chiedono democrazia:
La potente iconografia di quei giorni - la pacata statua in polistirolo della "Dea della Democrazia", che ​​guarda verso la Città Proibita, lo studente che sfida in piedi una colonna di carri armati - sostiene una chiara dicotomia tra bene e male, la libertà e la repressione, la democrazia e la dittatura. In un mondo di mutevolezza morale, Tiananmen è un ancoraggio, un punto di riferimento fisso per soddisfacentemente nostri giudizi sugli altri... Io metto in dubbio, tuttavia, l'affermazione basilare dei media occidentali che le manifestazioni fossero "pro-democrazia". Anche ora, una serie di editoriali per commemorare il 20 ° anniversario delle manifestazioni ripetono il mantra che gli studenti "chiedessero la democrazia". La realtà era meno coerente, come mostrato in Beijing Coma, un recente romanzo di Ma Jian, uno scrittore cinese che ha vissuto le manifestazioni in prima persona. Intrecciando i singoli motivi e i grandi temi, Ma Jian dimostra che il movimento non ha mai aderito a definizioni ordinate e coerenti... La verità è che gli studenti in piazza hanno avuto solo una nebulosa comprensione della democrazia in stile occidentale. Nella misura in cui le proteste sono state rivolte ad abusi del sistema esistente da una élite emergente, essi erano motivati ​​più dalla rabbia per il tradimento degli ideali socialisti che da aspirazioni per un nuovo sistema. L'umore in piazza era perlomeno più conservatore di quanto fosse innovatore. Tali argomenti possono sembrare arcani due decenni più tardi. Ma, a mio avviso, sono acutamente rilevanti. Lo stile di Tiananmen come un movimento per la democrazia ha contribuito a rendere inidonea la narrazione occidentale su passato e futuro della Cina.
E' probabile che in effetti il sentimento generale della massa non volesse rovesciare il sistema socialista indipendentemente dalla volontà dei leader della piazza e da chi li strumentalizzava. Ebbene questo sentimento fu in qualche misura tradito dagli stessi leader. Molti di coloro che dicono di aver partecipato in qualche modo al movimento oggi ne condannano i leader e sono contenti che questi non abbiano vinto.


“Non vi fu nessuna democrazia in Piazza Tienanmen.” secondo Xiaoping Li “Chiunque controllava l'altoparlante parlava per conto di tutti. Fazioni di studenti combattevano per controllare l'altoparlante. Giornalmente vi erano circa tre-quattro colpi di mano (Xiaoping Li 2008). Philip J. Cunningham riconosce il fatto che dal punto di vista organizzativo, il movimento studentesco era “poco democratico in parole e azioni”, ma trova notevole che tanti di loro siano stati abili a utilizzare gli strumenti politici originariamente di ispirazione comunista per organizzare le masse ad un livello impressionante (Jones 2009). Nel Manifesto dello sciopero della fame, il popolare cantante e attivista Han Dejian, l’Assistente Professore dell'Università Normale di Pechino e futuro premio Nobel Liu Xiaobo, l'ex sociologo Università di Pechino Zhou Duo e il membro del Partito Comunista Cinese Gao Xin, hanno espresso il parere che gli errori degli studenti si sono principalmente manifestati nel caos interno delle loro organizzazioni e la loro mancanza di procedure democratiche. Anche se il loro obiettivo è la democrazia, i loro mezzi e le procedure per realizzare la democrazia non sono democratici. La loro mancanza di spirito di cooperazione e il settarismo che fa si che le loro forze si neutralizzino le une con le altre portandole ad una finale mancanza di risultati. Gli altri difetti sono stati il caos finanziario, un eccesso di emotività e mancanza di ragionamento, l’insistenza nell'atteggiamento che essi sono dei privilegiati, e non sufficiente fiducia nell’egualianza (Jones 2009).


Secondo la Macartney, per l'intera durata del movimento, gli studenti hanno mantenuto barriere attorno alla piazza in modo da limitarne l'ingresso. Molti giornalisti cinesi e lavoratori sono stati spesso allontanati dai 'cenacoli', e i giornalisti stranieri erano tenuti a mostrare pass di fortuna timbrati dalla leadership studentesca. Gli studenti hanno tenuto numerose conferenze stampa, in cui spesso avevano poco da dire, ma che puntualmente si disintegravano in dispute con conseguente confusione tra gli organizzatori (Jones 2009). Il quartier generale al Monumento degli Eroi dove Wang Dan, Wuer Kaixi, Chai Ling e gli altri leader passavano la maggior parte del loro tempo era circondato da anelli con tanto di guardie studentesche che assicuravano a quelli che erano all’interno uno status privilegiato. Scrive M-A. Jones:
Trascinati dal loro senso di auto-esaltazione, i leader degli studenti sono diventati sempre meno raggiungibili della stampa, proprio come i capitribù anziani del partito che tanto disprezzavano. Guardie del corpo negavano l'accesso ai giornalisti. Era una farsa, ma di quelle fortemente gravi ... Le sedicenti "forze di sicurezza degli studenti" sono diventate sempre più cattive con i giornalisti e le troupe televisive. Un pomeriggio, un giovane che dichiara di essere un cadetto dell'esercito ha avvicinato John Lewis nei pressi del monumento e si è offeto di dare un'intervista. Quando John e Mitch Farkas hanno finito di girare, delusi dal fatto che il cadetto aveva ben poco di interesse da dire, gli altri studenti si sono avvicinati e hanno chiesto il nastro e insistendo sul fatto che non avevano avuto avuto il loro permesso di svolgere tale colloquio. Quando John rifiutò, gli studenti iniziarono a spintonarlo. Vito Maggioli, che ha lavorato alla CNN, ricordato come le troupe televisive e i produttori tornassero dalla piazza, lamentano la burocrazia creata dagli studenti, che si riferivano ai leader studenteschi come 'fascisti' (Jones 2009).
Francesco Sisci descrive bene ciò che avviene in Piazza:
…in mattinata avevo trovato i passaggi bloccati con delle strisce di plastica o stoffa stese per terra come le fondamenta di un muro: “di qui non puoi passare se non hai il lasciapassare”, “ma ieri sono passato e nessuno mi ha chiesto niente, avevo risposto”, “ieri era ieri, oggi abbiamo istituito delle norme di sicurezza ci sono troppe spie del governo in giro”. A quel punto avevo cercato di ragionare, ma lui era inflessibile, proprio come uno di quei portinai del mio dormitoio studentesco che obbediva perché gli avevano dato un ordine e nient’altro. Allora mi ero infuriato, avevo protestato e gridato: che spia potevo essere io che ero palesemente straniero? Di chi poi? E questa storia della spia me la ripetevano in ogni salsa da quando ero arrivato in Cina: i tassisti dicevano: sai il cinese?! Allora sei una spia! Ma anche loro, gli studenti che volevano democrazia e libertà, avevano diviso gli spazi in segreti, più segreti, segretissimi, e davano la caccia alle spie. Come facevano a volere la trasparenza, la glasnost di Gorbaciov e poi erano i primi a non applicarla (Sisci 2009c).
Un certo numero di funzionari del governo statunitense che si occupava della Cina, hanno poi lamentato che i media non abbiano scritto nulla delle tecniche “leniniste” utilizzate dagli studenti e degli anelli di sicurezza che i giornalisti hanno dovuto attraversare per raggiungere i leader degli studenti.


John Promphet, un giornalista dell'Associated Press ha scritto che "il sindacato studentesco è stato organizzato in un maniera deprimente simile al partito comunista, istituito su linee leniniste con tanto di Politburo e Comitato Centrale." Gli studenti non hanno sempre predicato con l'esempio e alcuni di loro hanno trasformato piazza Tienanmen in una nuova dittatura in cui loro si trovavano al posto Mao (Mendez 2010). Secondo Jeffrey N. Wasserstrom gli studenti hanno ripreso, durante la loro occupazione di piazza Tiananmen, molte delle caratteristiche del regime del PCC. Egli aggiunge inoltre che durante la feroce lotta interna tra fazioni in piazza Tiananmen, i manifestanti hanno resuscitato le vecchie etichette della Rivoluzione Culturale del tipo "rinnegato" e "traditore" per attaccare i loro nemici. Da questo punto di vista era perfettamente motivata la paura dei dirigenti di essere di fronte ad un revival della Rivoluzione Culturale (Jones 2009). L’economista di origine cinese Gregory Chow poi mette in relazione i fatti di Tienanmen, con molti casi di comportamento scorretto da parte di studenti “dissidenti” all’estero che lo studioso americano paragona alle diffamazioni della Rivoluzione Culturale. Egli riferisce che a Princeton nel 1989 questi ipotizzavano di diffondere voci false sulla Cina tipo l’assassinio di cittadini giapponesi mentre ad Harvard uno studente mise in giro la voce, rivelatasi falsa, della morte di Li Peng (Chow 2007, p.91).


Mark Mohr del Dipartimento di Stato Usa per esempio, ritiene che la stampa fosse;troppo tenera con gli studenti, spiegando come egli stesso aveva assistito più volte al fatto che ragazze venissero rimproverate, in termini gravi dai loro capi per aver passato documenti ai giornalisti prima di ottenere un permesso ufficiale in tal senso (Jones 2009). Il mondo esterno pensava a manifestanti disciplinati, e si meravigliò. Ma dopo aver vissuto la Rivoluzione Culturale gli studenti non mi impressionavano, dice Mohr, sembrava che gli studenti solo scimmiottassero i loro oppressori. Hanno stabilito un regno lillipuziano in piazza Tiananmen, completo di una mini-burocrazia con le commissioni per i servizi igienico-sanitari, la finanza e 'propaganda'. Hanno anche adottato titoli grandiosi. Chai Ling è stato eletta Supremo Comandante in Capo di Piazza Tiananmen del Quartier Generale Unificato d’Azione (Jones 2009).

Nei Tienanmen Papers viene scritto: "«Il movimento mette a nudo le debolezze degli studenti» il 3 giugno un articolo comparso sul Mingbao, il giornale di Hong Kong, attirò l'attenzione dei vertici politici cinesi. Era sostanzialmente un'intervista con due studenti attivisti che si dichiaravano favorevoli a lasciare la piazza, ma quelli provenienti dalla provincia, che ormai costituivano la maggioranza di quelli presenti in piazza, erano contrari. Questi non avrebbero lasciato la piazza finché il governo non si fosse piegato alle loro richieste. I due attivisti lamentavano il fatto che nonostante il movimento studentesco fosse a favore della democrazia e della libertà, gli studenti usavano metodi poco democratici, confiscando vetture o pre­tendendo di usare i mezzi pubblici senza pagare il biglietto; inoltre sostenevano che i leader studenteschi non erano stati eletti dagli altri studenti e si erano immi­schiati nella lotta di potere tra Zhao Ziyang e Li Peng, alla quale era opportuno restare estranei. Uno dei due studenti, Chen Zhen, esprimeva la preoccupazione che la piazza fosse in balia di ogni genere di persone. La situazione era com­plessa e si augurava che il movimento studentesco non si dividesse provocando una vera e propria rivolta". Tienanmen papers 2011, p.423)

In occasione del ventesimo anniversario un lettore domanda a Kristof, vecchio corrispondente del NYT : 
Perché i media occidentali in gran parte hanno rifiutato di riconoscere l'impatto negativo dei leader studenteschi? Perché non vediamo mai la famosa frase della leader studentesca Chai Ling, dalla sua video-intervista pochi giorni prima della repressione, nel quale si afferma definitivamente che i leader studenteschi hanno volutamente spinto il governo alla violenza, nella convinzione che il solo modo per " aprire gli occhi al popolo cinese" era di versare " il sangue "? Perché non hanno mai parlato i media occidentali delle migliaia di persone che lasciavano Tiananmen ogni giorno durante l'occupazione, perché sentivano che i leader erano troppo provocatori, dittatoriali, o semplicemente non avevano voglia di ascoltare? Perché non hanno mai discusso i tentativi di golpe da parte di gruppi moderati in piazza contro i leader studenteschi perché hanno rifiutato di tenere elezioni libere per la leadership del movimento (ironicamente dando quasi le stesse risposte che il governo ha dato alle loro stesse domande) o perché essi ritenevano che le azioni dei leader fossero inutilmente provocatorie e mettessero in pericolo tutti i presenti? O sulle rappresaglie che attendevano coloro che hanno tentato di imporre la democrazia se non fossero fuggiti dalla piazza? (Kristof, 2009).
La protesta non divenne mai propriamente di massa perchè: gli studenti erano assai elitari. I lavoratori avrebbero voluto unirsi alle dimostrazioni ma gli studenti delle migliori Università della Cina non desideravano associarsi a loro (Cheek 2007, p. XXVI)”. Questa è la tesi di Elisabeth Perry che parla dunque di un movimento tutto sommato elitario di figli di papà.

Alcune grandi imprese cinesi come Sitong e Kangshua che esigevano un programma radicalmente liberale come afferma Wang Hui, diedero appoggio al movimento (Wang Hui 2002).

Uno dei quattro "intelletuali" tra gliscioperanti della fame Zhou Duo era un alto dirigente della Stone Corpora­tion, la più grande impresa commerciale privata della capitale, che doveva la sua fortuna alla vendita di computer e di macchinari per ufficio alle numerose università cittadine e che ovviamente aiutò finanziariamente il movimento (Pecora 1989, p.24). Gregory Chow rileva poi che questa tendenza ad utilizzare personalmente i fondi da parte dei leader continua anche nell’esilio: “il leader più conosciuto era un playboy che fuggito negli Stati Uniti, utilizzava il denaro che doveva servire per promuovere la democrazia in Cina per comprarsi abiti costosi e condurre una vita brillante circondato da belle donne” (Chow 2007, 91). Secondo i gongzilian (ossia i lavoratori del Sindacato Autonomo) tra gli studenti c’era lo stesso livello di corruzione che essi addebitavano ai funzionari governativi. Secondo loro è stato ampiamente confermato che i due principali leader tra i manifestanti degli studenti non solo avevano la più grande tenda, ma anche dormivano su un materasso Simmons, e che la dimensione e la qualità di tende e materassini sono stati ripartite tra i leader degli studenti in base alla loro posizione gerarchica, e infine molti dei leader studenteschi avevano ventilatori elettrici nelle loro tende. Gli studenti avevano preso in enormi somme di denaro in donazioni da cittadini comuni e dall'estero, e ci furono leggendarie lotte per il controllo di questi fondi, e questo ha disgustato i lavoratori. Erano “capitalisti”, quelli avevano un sacco di soldi. I gongzilian si vantavano di parlare la lingua del cittadino comune parlando di abbigliamento, cibo, abitazioni e non quella degli intellettuali che facevano fumosi discordi sulla democrazia. Insomma gli studenti avevano gli stessi difetti che essi attribuivano al sistema (Walder e Gong Xiaoxia 1993). 

Scrive Ilario Fiore: "Il comitato studentesco di Beida ha un gruppo di coordinamento nazionale, nato nel­le due ultime settimane, nel quale sono emerse tre figure di spicco, due ragazzi - Wang Dan e Wuer Kaixi - e una ra­gazza di nome Chai Ling. Wang Dan, che frequenta la stessa Università di Beida, ha visto crescere i suoi poteri do­po che il «New York Times» ha pubblicato il suo articolo, ripreso anche in tutte le edizioni internazionali dell'«He- rald Tribune». Wuer Kaixi è iscritto al secondo anno della facoltà di Magistero ed è figlio del generale comandante la regione militare del Nord-Ovest ai confini con l'Unione Sovietica e le sue repubbliche dell'Asia Centrale. Sembra il leader studentesco destinato a diventare il capo effettivo del movimento, nel quale abbondano fra l'altro i cosiddetti figli di papà" (Fiore 1989, p.96). In effetti l'elemento demagogico della lotta alla corruzione e ai privilegi (che sembrano essere per loro la stessa cosa) aveva assai poco senso sulla bocca di chi aveva potuto frenquentare la migliore università del paese certamente anche grazie alla posizione dei loro gentori.
Le caratteristiche negative del movimento e di chi lo rappresentò non finiscono qui. Una volta al sicuro in America gli esuli cercarono nientemeno di porre la censura sulle notizie che si andavano diffondendo sul comportamento del leader studenteschi durante quelle tragiche giornate. Prendiamo il caso del documentario The Gate of Heavenly Peace con cui subito iniziò la polemica come abbiamo visto. Per un certo tempo la polemica si assopì e Chai fondò assieme al merito la Jenzbar azienda di software didattico. Nel 2006 la Long Bow, produttrice del documentario, riceve la richiesta della Jenzbar di rimuovere tutte le pagine relative a Chai e alla sua società dal loro sito Web. La richiesta non viene accolta. La Hinton risponde che da un sito che si occupa di storia non si può chiedere di rimuovere informazioni storiche. Nel 2007 Chai, il marito e la Jenzabar avviano una causa legale contro la Long Blow per diffamazione e violazione del marchio. La diffamazione era dovuta al fatto che il sito citava storie negative con relativi link del Boston Globe, Forbes e del Chronicle of Higher Education verso le pratiche commerciali della Jenzabar. Ma Chai se la prende solo con la piccola casa di produzione ma non con i grandi giornali da cui venivano prese le notizie. Chai accusa la Long Bow di cattiva volontà, desiderio di discreditare i dissidenti e di simpatia per i dirigenti comunisti cinesi. Nel 2008 una corte americana ha respinto il ricorso di Chai dato che gli articoli in questione sono pienamente protetti dal primo emendamento.

Colpita duramente dalle spese legali la Long Blow si sppella alla comunità accademica per il sostegno finanziario e legale. 500 accademici firmano l’appello e un avvocato di Washington di un gruppo di avvocati no-profit assume la difesa della piccola casa di produzione. Il marito di Chai ha accusato la Long Blow di avere fatto perdere alla sua azienda milioni di dollari. Ma non è mai stato in grado di dimostrarlo. Inoltre la Jenzabar si è impegnata in una tattica dilatoria per prolungare le cause giudizirie come le grandi corporation, accusa la Hinton, che cercano di mandare in bancarotta attrverso i costi legali i loro oppositori. La causa, dice la Hinton, era stata avviata al fine dai fare ritirare il film dalla cirocolazione: “E’ pura persecuzione politica”. I giornalisti del Boston Globe e del New Yorker hannno sottolineato le sorpendenti attitudini anti-democratiche degli studenti pro-democrazia del 1989. E’ curioso che alla fine i maggiori censori siano stati i dissidenti.

I dissidenti cinesi lanciarono una campagna per discreditare la Hinton e il film. L’ex marito di Chai, Feng Congde, lui stesso ex leader degli studenti, scrive una lettera aperta che accusa gli autori del filmato di avere falsamente riportato il ruolo dei leader del movimento del 1989 intimando di correggere gli errori. Egli ha chiesto alla Long Bow di pubblicarla nel proprio sito, cosa che è stata fatta assieme ad una dettagliata risposta che Feng Congde si è ben guardato di pubblicare nel suo sito. Feng sostiene che dal film si evience che Chai non rimanga fino alla fine in piazza. La risposta è che dal film risulta chiaro che lei è restata. Secondo la Hinton i leader studenteschi avrebbero lo stesso atteggiamento dei leader comunisti nei confronti delle critiche. “In qualche modo loro hanno bisogno di avere un'immagine perfetta,” ha detto. “Non possono vivere con dei difetti” (Mooney S.d.). Insomma la censura che i dissidenti imputavano al governo cinese furono i primi a tentare di applicarla essi stessi ai loro supposti avversari.


I leader studenteschi che andarono in esilio negli Stati Uniti non sono stati capaci di formare nessun movimento che guadagnasse il sostegno delle comunità cinesi all’estero. Un’agenzia riferiva che a commemorare a Parigi l’anniversario di Tienanmen assieme a Repoter sans Frontieres si sono trovati in una ventina, ossia i soliti noti “dissidenti” isolatissimi dalle numerose comunità di cinesi emigrate all’estero.
Le dimostrazioni di massa, senza un chiaro programma, non hanno avuto alcun seguito organizzativo e nessun movimento “democratico” è nato in Cina. Anzi come vedremo, hanno dato vita a reazioni contrarie. Le dimostrazioni di Tienanmen hanno portato solo la repressione e semmai hanno danneggiato piuttosto che favorito il movimento democratico di base che pure era già iniziato e continuò. In un articolo di Repubblica su Tienanmen sei anni dopo si dice che senza quegli eventi ci sarebbe più libertà in Cina. Così la pensano almeno la grande maggioranza di coloro che vi hanno partecipato. Questi “Ora hanno un lavoro, sono inseriti e cercano di non occuparsi direttamente di politica, perché sono segnati e potrebbero pagarne le conseguenze, ma criticano aspramente l'estremismo di alcuni studenti del tempo. ‘Ma oggi Tienanmen è come una palla al piede della Cina, per il suo prestigio e i suoi rapporti con l'estero. Se la Cina non se ne libera, non potrà mai avere lo status internazionale che ambisce’, afferma l'ex attivista" (Noi studenti 1995). Scrive infatti Francesco Sisci; “I primi a volere mettere un punto su quella vicenda e far finta di dimenticarsene sono la maggior parte dei veterani del movimento, quelli che sono rimasti in Cina, hanno fatto carriera nello stato o nelle imprese e che hanno cambiato idea sugli eventi di allora. Il poderoso schieramento di forze dell'ordine in tenuta antisommossa di ieri era in realtà una misura preventiva. Serviva a scoraggiare gli attivisti coriacei quarantenni e 50enni, gli ultimi superstiti dell'89, contro gesti dimostrativi che avrebbero ricordato alla Cina, al mondo e soprattutto ai “pentiti” di Tiananmen, quello che era successo 20 anni fa” (Sisci 2009d).

Bibliografia

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Pecora, Giulio. 1989. Tiananmen : morire per la libertà. Milano: G. Mondadori
Raimondo, Justin. 1999. “China and the New Cold War.” http://www.antiwar.com/justin/justinchina1.html#more.
Sisci, Francesco. 2009b. “Dalla Tomba Zhao Ziyang. Pubblicate Memorie Postume Del Segretario Del Pc Cinese Deposto Per Avere Appoggiato La Protesta Di Tiananmen.” La Stampa. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?
Sisci, Francesco. 2009. “Tiananmen, 4 Giugno 2009.” La Stampa. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=98&ID_articolo=382&ID_sezione=180&sezione
Walder, A.G., and Gong Xiaoxia. 1993. “Workers in the Tiananmen Protests.” The Australian Journal of Chinese Affairs(29). http://www.tsquare.tv/links/Walder.html.
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