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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

domenica 2 marzo 2014

6.3.6: Disugualianze regionali (1): il Go West

6. L'imminente crollo della Cina
6.3 Disugualianze

PIL procapite per le diverse regioni (provincie)

In Cina ci sono tre fondamentali disparità. Due, quella tra lavoratori industriali e agricoli, quella tra città e campagna le abbiamo già affrontate. Rimane da affronatre quella tra regioni che in Cina si chiamano provincie. La differenza tra regioni costiere e dell’interno si aggiunge a quella tra città e campagna in quanto le regioni litoranee orientali sono prevalentemente industriali e quelle interne sono agricole.  Le differenze sono anche originate sia dalle differenti sorgenti di reddito ad esempio l’aumento degli stipendi nelle aziende collocate in campagna sia dalla differenza nel ruolo dell’educazione in particolare nella spiegazione delle differenze regionali nei redditi cittadini. Dove l'istruzione è più sviluppata i redditi sono maggiori.
Differenze di PILe di consumo procapite tra le varie provincie cinesi nel 1952. Da rilevare la notevole disparità mitigata dai consumi che sono più omogenei, come abbiamo avuto occasione di spiegare riguardo ai sistemi di rilevamento delle disegualinze tra Cina e India.
Il paese viene diviso dal governo in tre principali regioni: le dodici province sviluppate dell’est e della costa, le nove meno sviluppate del centro e le nove sottosviluppate dell’ovest. Il governo ha stipendi differenziati a secondo delle province per i suoi impiegati già dalla metà degli anni ’50.



La Cina maoista, contrariamente a quanto si pensa, non era poi una società totalmente egualitaria. Lo sviluppo rimase concentrato a Shanghai e Pechino. Nel 1950 il divario tra regioni ricche e quelle povere era 11 a 1. Nel 1952 Shanghai era sette volte più ricca della provincia più povera del paese, nel 1978 era 14 volte più ricca. Alcune zone erano persino più arretrate rispetto al 1952.
Il PIL procapite per provincia nel 1978 dal quale si evince il forte squilibrio tra Shanghai e le altre provincie.
I redditi delle province cinesi non mostrano una forte convergenza o divergenza durante la fase iniziale della pianificazione centrale, dal 1952 al 1965. Paradossalmente è durante la rivoluzione culturale, dal 1965 al 1978, che la disuguaglianza regionale si è ampliata. La pianificazione socialista tendente all'industrializzazione accellerata già favorirva le regioni industriali più ricche a scapito di quelle povere e prevalentemente agricole. All'inizio della Rivoluzione Culturale i centri di pianificazione sono stati praticamente distrutti dagli sconvolgimenti politici interni e le regioni divenute semi indipendenti sono state costrette a politiche autarchiche come risultato della rottura degli scambi interregionali. In questo periodo le disugualinze si sono fortemente accentuate venendo a mancare il riequilibrio dovuto al centro. 

L'analisi econometrica mostra che il decentramento fiscale e la liberalizzazione degli scambi hanno contribuito alla crescita della disuguaglianza (Kanbur e Zhang 2005). La decentralizzazione della raccolta della tasse (il famoso federalismo fiscale) riduce la capacità del governo centrale di attutire le differenze regionali (Lessons 1996). Infatti durante il periodo di anarchia della Rivoluzione Culturale avvenne proprio questo come paradossalmente nel periodo di maggiore decentralizzazione e "liberalismo" agli inizi degli anni '90. Il decentramento fiscale ha permesso alle province costiere più ricche di aumentare le loro entrate e quindi di promuovere maggiormente lo sviluppo economico. La liberalizzazione del commercio ha permesso alle province costiere di crescere più rapidamente sia per il loro vantaggio geografico che per il trattamento preferenziale da parte del governo centrale (per quanto riguarda, per esempio, le infrastrutture e gli investimenti diretti esteri). Come diceva Deng bisognava cominciare dal più facile ossia concentrare gli investimenti nelle zone costiere e fare poi di queste la locomotiva dello sviluppo. Dopo la ricentralizzazione fiscale del 1994, il governo nazionale ha una maggiore potere di ridistribuire le entrate alle province più povere. Difatti le disgualianze regionali che si erano ampliate fino 1993 a cominciare 1994 cominciano a stabilizzarsi se non a declinare.

Fu solo dopo le riforme iniziate nel 1978 che i redditi regionali hanno cominciato a livellarsi. Questa convergenza è stata fortemente associata con l'aumento della produttività rurale, ed era particolarmente forte all'interno del gruppo delle province che si sono aperte per integrarsi con il mercato mondiale. A partire dal 1990, anche se la convergenza è continuata all'interno delle province costiere, esse però hanno cominciato a crescere sensibilmente più veloci rispetto all'interno, e quindi i redditi regionali hanno iniziato a divergere ancora una volta. 
La tendenza verso la convergenza (ugualianza) è variata nel corso del tempo, 
a seconda del tipo di politica, con la più forte tendenza verso la convergenza 
durante il periodo delle riforme.
Vediamo dalla figura 2 che la disegualianza del reddito regionale è leggermente diminuita tra il 1952 e il 1965, ma questo calo complessivo è stato interrotto da forti oscillazioni associate al Grande Balzo in avanti e alle catastrofi naturali nei primi anni 1960 per cui è difficile dire se vi fosse una tendenza chiara. La disegualianza dei redditi regionali poi è aumentata costantemente e sensibilmente durante il periodo della Rivoluzione Culturale. Dalle riforme del 1978 c'è stato un costante declino delle disugualianze durato 12 anni che sembra essersi concluso intorno al 1990 dopodichè ha ricominciato ad aumentare.

Il problema di superare le disegualianze si era già posto nell’epoca Qing:
L'intervento governativo per il miglioramento dell'agricoltu­ra, e dei sistemi di irrigazione e di trasporto via acqua, è parte in­tegrante dell'azione dei Qing mirata a superare le diseguaglian­ze geografiche dello sviluppo. Come si è già detto, per superare queste disuniformità dello sviluppo si attuarono politiche tese a incoraggiare quelle tendenze di mercato che portavano con sé il miglioramento economico delle periferie interne. Fra queste l'incoraggiamento dell'emigrazione verso aree meno densamen­te popolate mediante la diffusione delle informazioni, la realiz­zazione di infrastrutture e la concessione di prestiti; gli sforzi per diffondere l'adozione di nuove varietà di colture e l'esercizio di nuovi mestieri; la realizzazione di grandi opere per assicura­re la sussistenza anche in aree ecologicamente marginali; l'ado­zione di una politica di tassazione dei terreni che favorisse le zo­ne più povere (Arrighi 2008, pp. 363-4).
L'attenzione del partito per il problema non data da oggi. Nel settembre 1995, la quinta sessione del 14° Plenum del CC del Partito comunista, ha sollevato la questione: "Dal momento dell'adozione delle riforme e della politica delle porte aperte, abbiamo incoraggiato alcune regioni a svilupparsi più velocemente e diventare ricche, e abbiamo sostenuto che il più ricco dovrebbe fungere da modello per aiutare coloro che sono rimasti indietro. Ma per molte ragioni, le disuguaglianze economiche regionali si sono un ampliate" (citato in Jian e al. 1996). I dirigenti cinesi hanno insistito sulla necessità di uno sviluppo ugualitario che raggiunga tutta la popolazione, ma, ha osservato Higinio Polo, la Cina è un continente non un ministato. Una delle maggiori fonti di squilibrio in Cina è la differente crescita tra regioni costiere e regioni dell'Ovest, tradizionalmente le più povere. Questo squilibrio c'è sempre stato come abbiamo visto. Per ragioni abbastanza comprensibili la Cina ha sviluppato le regioni dove esisteva già una base industriale. La riforma e l’apertura sono state realizzate in un primo momento nelle aree litoranee negli anni ’80. Due zone di sviluppo sono state stabilite nel Pearl River Delta e nello Yangtze River Delta e venne incoraggiato anche lo sviluppo dell’area del Bohai Sea. Durante 25 anni la Cina ha utilizzato il suo litorale come piattaforma dell’accumulazione di capitale e tecnologia che oggi permettono il trasferimento di centinaia di miliardi di dollari all’interno del paese. Queste regioni sono state incoraggiate a prendere il comando dello sviluppo economico verso il benessere in modo che guidino il resto verso la comune prosperità. L’esperienza e i capitali accumulati hanno però permesso di sviluppare anche il resto della Cina. Oggi la misura del successo che permette di raggiungere la maturità al processo in corso non sta nello sviluppo del litorale ma in quello dell'interno del paese.
Alcune province sono disposte meglio di altre per approfittare dello sviluppo economico ovvero proprio le regioni costiere o in generale quelle frontaliere piuttosto di quelle interne o il Tibet dove i comunisti introdussero per la prima volta la ruota negli anni ‘50! Chi visita la Cina si rende conto di questa differenza di sviluppo tra regioni dell’est e dell’ovest. Questi scarti sono dovuti non solamente a ragioni storiche e geografiche ma alla politica di riforma che ha visto protagonisti inizialmente alcune regioni per poi arrivare a quelle più arretrate. Ossia come dicono i cinesi: partire dal più facile per arrivare al più difficile. E’ ovvio che non si potesse chiedere agli investitori di Hong Kong di andare a mettere le loro aziende nell’Ovest, privo di infrastrutture (nel Tibet non c’erano nemmeno le ferrovie), di mano d’opera specializzata, di basi tecniche ecc. magari dicendo che i trasporti sarebbero stati fatti a dorso di cammello. La necessità di sviluppare le zone che avevano già una base industriale ha accentuato ancora di più le differenza già esistenti tra la costa est e il resto della Cina. D’altra parte non c’erano alternative.

Cheek mette in contraddizione vincenti e perdenti della società cinese. Ma ciò non è inevitabile nel senso che se tutti migliorano, sebbene a velocità diverse, potrebbero anche non esserci solo vincenti ma in modo diverso: “La fase che iniziò nel 1992 con il famoso viaggio di Deng Xiaoping nel Sud della Cina, garantì la prosecuzione della politica di apertura e fece piovere sul paese un diluvio di investimenti esteri. Durante questa fase, emersero chiaramente i vincitori e i perdenti della riforma e si crearono anche i primi, significativi contatti sociali tra un gran numero di businessmen (erano quasi tutti di sesso maschile) di Hong Kong e Taiwan e la popolazione cinese, tanto urbana quanto rurale” (Cheek 2007, p. 80). Comunque la scommessa è che I “vincenti” aiuteranno i “perdenti”, i più favoriti aiuteranno i meno favoriti. Ciò di cui mette in guardia il Partito è appunto è l’egosimo delle zone ricche o come scrive Cheek: “I vincitori devono restituire qualcosa al sistema che ha consentito loro di prosperare e i perdenti non sono disposti ad aspettare ancora a lungo prima di abbandonarsi nuovamente al luan per ottenere il soddisfacimento dei loro bisogni elementari” (Cheek 2007, p. 78).

Squilibrio tra zone litoranee e interne
Negli anni ’80 la Cina ha messo in programma lo sviluppo delle zone costiere, nel 2000 ha lanciato lo sviluppo dell’Ovest e nel 2004 quello della ristrutturazione dei vecchi centri industriali del Nord Est. Nella ripartizione dell’economia Cinese, le tre strategie hanno ciascuna un aspetto privilegiato e possono essere intraprese parallelamente in modo che lo sviluppo diventi così “armonioso”.

Il problema è dunque di evitare la corsa a due velocità tra regioni dell’est e dell’ovest:
...è stato deciso che sia prioritario concentrare la crescita cinese in direzioni ben precise, tali da compensare gli squilibri connessi, quali il crescente consumo energetico e un sempre maggiore deterioramento ambientale, così come evitare lo scollamento in corso tra est (ricco) e ovest (povero). Per evitare che la Cina continui la sua corsa a due velocità, ora i governanti intendono concentrarla maggiormente sugli aspetti qualitativi più che su quelli quantitativi che hanno caratterizzato gli anni scorsi, favorendo il recupero delle aree rurali, rimaste indietro in questo frangente storico, attraverso tutta una serie di azioni ad hoc. La più importante e tangibile azione è stata quella di concentrare nella città di Chengdu, nell’ovest della Cina confinante con il Tibet, l’azione di innovazione tecnologica del paese, tanto da spingersi a definirla come la “Silicon Valley cinese”. Questa area, posta in un triangolo virtuale comprendente il potere economico di Shanghai e quello politico di Beijing, ha già attratto investimenti importanti da parte di aziende leaders a livello mondiale, quali ad esempio la Intel e intende essere l’area di propulsione dello sviluppo di tutto l’Ovest cinese. Strategico per i cinesi,,, recuperare la “sacca di povertà ad ovest”. Occorre sottolineare che quando i cinesi parlano di crescita qualitativa, i vertici governativi intendano azioni ben precise, quali una sostanziale innovazione di tutto il sistema industriale, oggi ritenuto obsoleto per competere con le economie occidentali, attraverso l’introduzione ed invenzione di nuove tecnologie, soprattutto a favore delle aree rurali, la vera chiave per il futuro cinese (Fattori 2007).
Già alla metà degli anni ’90  la strategia di sviluppo si è spostata verso regioni occidentali ed è stata pienamente sviluppata dopo il 2000 con la parola d’ordine del Go West, andare all'Ovest.  La politica del Go West riguarda le regioni del Gansu, Guizhou, Ningxia, Qinghai, Shaanxi, Sichuan, Tibet, Xinjiang, Yunnan e Chongqing, ossia due terzi del territorio con il 22,8% degli abitanti.
Dopo il 2000 ci si è proposti di rivitalizzare le vecchie basi industriali del nordest, promuovere lo sviluppo economico delle regioni centrali e sviluppare la costa attorno a Tianjin. Nel Nord Est si concentra la vecchia industria pesante cinese con una alta concentrazione di capitali e tecnologie. Queste regioni furono le prime a sviluppare una industria moderna. Attualmente la produzione in quelle zone di petrolio greggio rappresenta i due quinti di quella nazionale,  la produzione di legno da carpenteria la metà, un quarto la produzione automobilistica, e le costruzioni navali un terzo. Nel passaggio dall’economia rigidamente pianificata al mercato le aziende del Nord Est (Liaoning, Jilin et Heilongjiang) hanno progredito lentamente. La produzione industriale avanzava in modo lento, il rendimento economico era basso, il numero di nuovi occupati era insufficiente, l’industria predominante nelle città dipendente dalla sfruttamento delle risorse naturali era in declino e lo scarto di sviluppo con le regioni sviluppate della costa si stava accrescendo. Il governo ha istituito una serie di politiche preferenziali che sono partite dal bilancio fatto del sistema di sicurezza sociale del Liaoning che è poi stato allargato al Heilongjiang e Jilin. Sono stati versati svariati miliardi di yuan di sovvenzioni ai fondi di sicurezza sociale per perfezionare il welfare in queste due città (Salickij e Fisjukov 2008).
Scrive Alberto Gabriele che nel contesto della riduzione delle disugualianze la misura "più importante e la più efficace (almeno finora) e’ costituita dal programma “andare a Ovest”, volto a indirizzare prioritariamente gli investimenti statali (soprattutto infrastrutturali) verso il centro e l’ovest, le (macro)zone più povere del paese. L’ordine di grandezza finanziario di questo grande sforzo volto a contrastare consapevolmente i segnali del mercato è immenso, e i risultati sono ormai evidenti. Da qualche anno, la Cina è riuscita ad invertire la la “naturale“ tendenza all’aumento delle diseguaglianze tra le tre grandi zone e più in generale tra le diverse province cominciando quindi a ridurre una delle maggiori dimensioni della disuguaglianza a livello nazionale" (Gabriele 2012).

Il governo ha comunque investito tra il 1998 e il 2005 più 500 miliardi di dollari in infrastrutture soprattutto nelle provincie dell’interno del paese (Jabbour 2006). La mancanza di infrastrutture riduce la produttività delle regioni ancora sottosviluppate: "Per incoraggiare gli investimenti e ridurre le disparità il governo ha adottato la politica del “Go West” nel 2000. spendendo un trilione di yuan nel 2005 su 70 maggiori programmi di infrastrutture, includendo 1.140 km di ferrovia per Lhasa, la capitale del Tibet, secondo la China's National Development and Reform Commission. Nel mezzo del 2006, il governo ha stanziato 168 miliardi di yuan per gli aereoporti regionali, centrali idroelettriche, e altri progetti. Spesso attraverso miglioramenti, dei guasti nell’elettricità, strade al di sotto degli standard ferrovie congestionate che riducono la produzione del 9,5% nella città di Kunming, la capitale della provincia dello Yuinnan nel sudovest, secondo un rapporto della Banca mondiale. Questi avvenimenti hanno causato nello stesso periodo una perdita solo del 3,3% a Shanghai, nella costa del pacifico" (Hamlin 2008).


Il Go West ha proceduto attraverso obbiettivi intermedi: "La formazione nella prossima decade di una economia continentale cinese si specchia nello stesso processo verificato negli Stati Uniti nella seconda metà del XIX secolo. Nello stesso modo in cui gli Stati Uniti scelsero Chicago, per essere il centro dinamico della sua espansione all’ovest, la Cina ha scelto Chongqing. Come Chicago, Chongqing è localizzata nel medio-ovest del paese e dal 2001 ha ricevuto dal governo centrale investimenti annuali dell’ordine di 20 miliardi di dollari" (Jabbour 2007).

Le risorse minerarie e l’energia, compresa l’idroelettrica, sono abbondanti in queste provincie inoltre ci sono terre coltivabili e potenzialità per il turismo. All’ovest si è così cominciato a sviluppare le infrastrutture cercando di mantenere l’equlibrio con l’ambiente che si trova in una situazione molto delicata migliorando nel contempo la sanità pubblica, l’educazione e le altre opere sociali.
Abbiamo detto che la riscossa dell'Ovest è iniziata agli albori del 2000. Ne seguiremo l'evoluzione negli ultimi 14 anni per dimostrare come il problema non sia stato fatto incancrenire ma sia stato affrontato durante tutti questi anni. Anzi ci soffermeremo verso la seconda parte dell'ultima decade dove il cofficiente Gini avrebbe raggiunto il suo massimo per dimostrare come l'argomento sia stato affrontato per tempo.

L’investimento in infrastrutture già dopo pochi anni a partire dal 2000 era  superiore di dieci punti a quello previsto per l’est. La maggior parte dei grandi e medi progetti sono legati alle infrastrutture e all'ambiente. Dal 2000 al 2005, 460 miliardi di yuan per le costruzioni e 5000 miliardi di trasferimenti per le finanze pubbliche e sovvenzioni speciali, una parte consistente dello stimolo dovuto alla crisi economica è stato indirizzato verso l'ovest. Secondo le statistiche dal 2000 al 2004 la crescita media del valore della produzione delle regioni dell’Ovest è stata del 10% quella degli in vestimenti nell’immobilizzazione 20% quella delle rendite finanziarie locali del 14% che hanno permesso di ridurre lo scarto relativo rispetto allo sviluppo dell’est dall’1,5% allo 0,8%.
In politica fiscale, il governo ha diminuito l’imposta sulla risorse naturali, autorizzato la deduzioni dell’IVA sulle macchine e i nuovi macchinari aquisiti, ha diminuito l’imposta sui profitti di varie imprese e ha dato fondi all’agricoltura, per la sicurezza sociale, l'educazione, la scienza e tecnologia, la sanità pubblica cultura e la protezione dell’ambiente. Vengono appoggiate la ristrutturazione industriale e alla realizzazione di progetti chiave. Nella prima tappa sono stati finanziati 100 progetti di ristrutturazione industriale e in un secondo momento 197 progetti nel corso del 2004 per un investimento pari a 108,9 miliardi di yuan. Il governo ha anche investito dei capitali con tasso di sconto e una parte dei fondi provenienti dall’emissione dei Buoni del tesoro all’agricoltura, silvicoltura e alla costruzione di opere idrauliche, strade e quindi siti di estrazione del carbone in declino.

Reddito disponiobile per regione
Nel 2004 l'ovest è cresciuto del 12,3% ossia 2,8 punti in più della media nazionale c’è stato un buon raccolto per la produzione cerealicola con un più 16,7%, l’utilizzazione dei capitali stranieri è stata del 5,94 miliardi di dollari, cifra poco importante a confronto delle zone costiere ma con una crescita dell’83,6% e molto superiore alla media del paese. Naturalmente qui eravamo solo all'inizio. ma date le premesse poste nei primi anni 2000 i risultati hanno cominciato già a farsi sentire nel quinquennio a partire dal 2005-6. Dopo il 2004 si è raggiunto prima il pareggio e poi le provincie dell'ovest hanno cominciato a soparavvanzare l'est nello sviluppo.

Nel 2006 per il secondo anno consecutivo il tasso di crescita del valore globale della produzione delle regioni Occidentali ha superato la media nazionale. Dedotti gli aumenti dei prezzi nel 2006 c'è stato un aumento del 13,1% che ha sorpassato l'aumento del 2005 del 12,7% mentre la media nazionale è stata del 10,7% (Ovest 2007). Le 12 province e regioni autonome hanno realizzato il 17,1% del PIL cinese con un aumento dello 0,2% rispetto all'anno precedente. Nel 2007 per la terza volta consecutiva le province dell'Ovest sorpassano nella crescita quelle dell'est. La Mongolia interna ha avuto come l'anno prima il record dello sviluppo (+17%). Seguono Xijnkiang, Tibet, Hunnan in generale regioni frontaliere favorite dallo sviluppo degli scambi in Asia. Questo sviluppo è avvenuto in conseguenza dell'aumento degli investimenti che sono cresciuti del 22,3% rispetto a quelli dell'anno precedemte, a un tasso superiore a quello nazionale che è stato del 17,4%. Gli investimenti degli ultimi anni sono stati i più consistenti dal 1949 e hanno stimolato lo sviluppo economico e sociale dell’ovest.

Nel 2007 ha prevalso in particolare i territori di confine. La Mongolia interna ha giudato la crescita, mentre il Tibet ha assestato il maggiore aumento degli ultimi dieci anni. Nel Guangxi l'aumento è stato del 15%, il migliore degli ultimi 13 anni. Molto è dovuto al commercio con l'estero. Nel primo trimestre del 2007 il commercio estero attrverso i porti dello Xinjiang è aumentato del 67% mentre è aumentato del 47% quello tra lo Yunnan e i paesi dell'ASEAN e anche quello del Guangxi con questi paesi (Frontalières  2007).

Ormai sono gli industriali di Hong kong e di Taiwan che per primi arrivarono sulla costa negli anni '80 che oggi puntano all'Ovest: «È fisiologico che, dopo oltre vent'anni di crescita continua, i costi, tutti i costi non solo quello della manodopera, aumentino progressivamente sino a diventare non competitivi - sostiene Dick Chen, imprenditore e presidente dell'Associazione degli industriali taiwanesi di Canton -. Così per migliaia di aziende come la mia, che a suo tempo s'insediarono nel Guangdong per produrre manufatti da esportare nel mondo a basso costo, non resta che emigrare in altre zone della Cina, verso Nord o verso Ovest, dove i costi dei fattori produttivi sono ancora a buon mercato» (Vinciguerra 2010). Le opzioni non mancano continua il Sola 24 ore. C'è il selvaggio West che attende a braccia aperte gli investimenti dei grandi gruppi manifatturieri domestici o internazionali. Oppure, ci sono le province finora ignorate o lambite solamente dallo sviluppo industriale: il Guangxi, il Fujian, lo Hunan, il Jiangxi, l'Anhui. Lì i governi locali sono ancora disposti a fare ponti d'oro a chi porta idee, capitali e occupazione, esattamente come accadeva nel Guangdong in fase di decollo vent'anni fa (Vinciguerra 2010).
Per le regioni occidentali sono state comunque studiate corsie preferenziali per attirare investimenti e capitali, oltre a costituire esse stesse l’oggetto di grandi progetti di investimento. Nel solo 2007 il flusso di capitale in queste regioni è aumentato del 30%, oltre alla crescita, in associazione con i Paesi confinanti, degli investimenti infrastrutturali in grandi progetti internazionali. Lo stato ha la capacità di investire in infrastrutture e di portare aziende statali in queste zone proprio perché ha conservato elementi essenziali della pianificazione economica. Nessuna sorpresa che l'indice Gini abbia poi iniziato a declinare.

Bibliografia

Arrighi, Giovanni 2008. Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventunesimo secolo. Feltrinelli.
Cheek, Timothy 2007. Vivere Le Riforme. La Cina dal 1989. EDT.
Fattori, Alberto 2007. Cina 2007: Macchine indietro tutta!!,
Frontalières 2007. L'économie des régions frontalières en forte croissance en 2007, Agence de presse Xinhua.
Hamlin, Kevin 2007. Chinese Manufacturers Shun Low-Wage Inland for Vietnam, India. Bloomberg. 11 Maggio 2008.
Gabriele, Alberto 2012. Cina: socialismo di mercato e distribuzione del reddito, Marx21.it, 22 Giugno 2012.
Jabbour, Elias 2007. China: as infra-estruturas como essência do fenômeno, Portal Vermelho, 31 0ttobre 2007.
Jabbour, Elias. 2007. “Entrevista: ‘Por que a China é um País Socialista?’” Portal Vermelho. 
Jian,Tianlun; Sachs, Jeffrey D. ; Warner, Andrew M. 1996. Trends in regional inequality in China, China Economic Reuiew, Volume 7, Number 1, 1996, pages 1-21.
Kanbur R.; Zhang X.2005Fifty Years of Regional Inequality in China: A Journey Through Central Planning, Reform and Openness. Review of Development Economics 2005;9(1):87-106.
Lessons 1996. “Lessons of the Chinese Economic Reform”. Socialist Action.
Vinciguerra, Luca 2010.  Se a Pechino finisce l'era del lavoro low cost, Il sole 24 ore, 16 Giugno 2010.
Salickij, Aleksandr; Fisjukov, Vladimir 2008. La Cina Nel 2007-2008: Bilanci,problemi, Prospettive. Resistenze.04-09-2008.

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