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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

sabato 30 novembre 2013

6.4.5: Il paese con la crescita più veloce nel tenore di vita

ì6.4 Verso il benessere


Mai prima d'ora tanta ricchezza è stata creata da così tante persone in un così breve lasso di tempo.

Roderick MacFarquhar (Lorenz e Wagner 2007).

Molti a sinistra condannano la Cina perché ha la pretesa di far star meglio la gente attraverso lo sviluppo economico. Come ben sa la popolarissima sinistra occidentale per far star meglio la gente c’è una sola via: decrescere!!!

C’è chi pensa ingenuamente che l’aumento dell cosidetto “sviluppo umano” di cui abbiamo già parlato possa essere ottenuto senza l’aumento del tenore di vita, in altre parole dei consumi. Al fondo di questa pretesa non c’è ovviamente il marxismo ma qualche teoria legata alla controcultura anni ‘60 come abbiamo già avuto modo di spiegare. In altre parole l’aumento dello sviluppo umano ottenuto con la decrescita è una stupidaggine che infervora solo l’inconsistente sinistra occidentale. Il rapido aumento del PIL pro capite in Cina è indissolubilmente accompagnato da un rapido aumento del suo indice di sviluppo umano (ISU) che misura il progresso sociale di un paese.

domenica 10 novembre 2013

6.4.4: Come è migliorata la qualità della vita dei cinesi: l’Indice di Sviluppo Umano

6.4 Verso il benessere


Nessun paese è mai progredito nel benessere del proprio popolo –in nutrimento, alfabetizzazione, sanità, alloggi- come la Cina in questi venti anni. 
Deng Xiaoping

In Cina ci sono regioni che si potrebbero confrontare con i paesi ricchi. Ma il paese nel suo complesso rimane un paese in via di sviluppo. Tre criteri sono utilizzati per classificare un paese in questa categoria: Indice di sviluppo umano (ISU), PIL pro capite e salari medi. I tre criteri non lasciano dubbi: la Cina è ancora un paese in "via di sviluppo".

Evoluzione dell'indice di sviluppo umano. Nel 1950 la Cina era probabilmente uno dei paesi con il livello più basso al mondo. Oggi il paese con il minore sviluppo umano è il Niger con 0,34.
Se si esamina l'ISU il paese raggiunge il 104° nel ranking mondiale (su 186 paesi). E 'un dato nettamente superiore a quello dell'Africa, ma ancora al di sotto dell'America Latina. Per quanto riguarda il PIL pro capite, è classificata al 91° posto. Il PIL pro capite in Francia è otto volte superiore a quello della Cina e il salario medio è di quasi nove volte superiore. Naturalmente qui si considera lo stipendio al cambio della moneta e non quello in rapporto alla capacità d'acquisto che è molto più favorevole per il lavoratore cinese.
Pertanto, non ha senso paragonare la Cina con i paesi del nord del mondo. Tuttavia, è ciò che accade continuamente. La Cina è considerata in rapporto all'Europa e le sue performance sono misurate con il metro dei paesi ricchi. E' come paragonare i praticanti di uno sport dilettantistico con un atleta professionista di alto livello. In realtà si dovrebbe confrontare la Cina con i paesi comparabili, cioè i paesi del sud del mondo (Vandepitte 2012). E' ciò che cercheremo di fare qui.

venerdì 11 ottobre 2013

6.4.3: Assistenza sanitaria

6.4 Verso il benessere




Assicurare l’assistenza sanitaria ad un miliardo e 350 milioni di persone in un paese che fino a ieri aveva “le pezze al culo” come si suole dire, è sempre stata problematico in Cina. I comunisti conquistarono nel '49 un paese devastato da anni e anni di guerra, con una base industriale in rovina e dove povertà, malnutrizione, epidemie e malattie endemiche esistevano ancora su larga scala. I cinesi hanno dimostrato al mondo che sotto il socialismo è possibile per una nazione poverissima raggiungere un'assistenza sanitaria di base non solo per la città ma anche per la popolazione rurale, fornire istruzione a tutti, per garantire non solo la sicurezza alimentare ma uno standard di vita decente per coloro che erano i più poveri nella vecchia società.  "Tutti gli analisti di sviluppo della storia cinese nell'ultimo mezzo secolo, anche quelli ostili al socialismo, sono costretti comunque a malincuore, ad accettare che, in termini di indicatori di sviluppo umano, sicurezza alimentare, progressi nel campo della salute e dell'istruzione, nella diminuzione della povertà, insomma nel promuovere il benessere delle persone - il record è eccezionale, in realtà migliore di quella di  paesi capitalisti sviluppati con 10 volte il reddito pro capite della Cina. Tutte le economie socialiste, tra cui Cuba, naturalmente, hanno ottimi risultati in questo senso, ma il caso della Cina acquisisce importanza a causa della enormità dei problemi che sono stati affrontati e dell'enorme dimensione della popolazione che ne ha beneficiato" (Patnaik 1999). Sostiene l'indiano Patnaik che la base di questo miglioramento per il passato è stata proprio la socializzazione della proprietà, che ha consentito un fondo di benessere collettivo da istituire, come anche le politiche di distribuzione egualitaria, in particolare per quanto riguarda il cibo e altre necessità. Il trattamento medico, spesso rudimentale era ampiamente disponibile a tutti i suoi cittadini. Erano oltre un milione i "medici scalzi" diplomati delle scuole medie di solito con un corso di pronto soccorso, oppure giovani studenti mandati, dopo 1-2 anni di formazione a gestire gli ambulatori di campagna che giravano tra i villaggi offrendo esami prenatali e aggiustando arti rotti. Il servizio, per cui si doveva pagare una modesta quota assicurativa, ha contribuito a debellare quasi tutte malattie a trasmissione sessuale migliorando lo stato della salute con campagne di immunizzazione di massa; lebbra, peste e schistosomiasi furono virtualmente sradicate: si condussero campagne contro la tossicodipendenza dall'oppio, prevenzione e l'igiene pubblica erano le priorità, migliorò l'igiene delle acque e la qualità dell'alimentazione portando quasi al raddoppiamento dell'aspettativa di vita del paese da 35 a 66 anni tra il 1949 e il 1978. Nello stesso periodo il tasso di mortalità infantile da oltre il 250 per mille, ossia la morte di un bambino ogni quattro,  fu portato sotto il 40 per mille (Forney 2003). La conferenza internazionale sull’assistenza sanitaria primaria di Alma Ata (1978)  riconobbe nella sanità cinese post rivoluzione una delle esperienze migliori di sempre, portandola come esempio per il mondo intero e come modello da seguire per i paesi in via di sviluppo (Moreton s.d.).

venerdì 13 settembre 2013

6.4.2: La Cina come modello per i paesi poveri

6.4 Verso il benessere

La strategia di riduzione della povertà in Cina dovrebbe uscire dall'ombra e diventare parte integrante della politica economica globale.
Keith Griffin (Riskin 2004)

La Cina è un esempio a livello internazionale per ridurre la povertà, ha dichiarato Yukon Huang, capo del dipartimento cinese della Banca Mondiale (BM) dal 1997. Huang è stato chiaro "La politica di lotta alla povertà attraverso lo sviluppo si è rivelata un grande successo". Il governo cinese ha condotto una lotta su vasta scala contro la povertà in maniera organizzata e pianificata nel corso degli ultimi decenni, avendo accumulato risorse umane, materiali, la forza finanziaria e mobilitato tutti i settori della società per questo scopo. Mentre l'aumento degli investimenti per migliorare la produzione e le condizioni di vita nelle aree colpite dalla povertà, la Cina ha anche prestato maggiore attenzione alla tutela ecologica e ambientale e allo sviluppo sostenibile. 
Il governo cinese ha attivamente studiato l'esperienza internazionale di lotta alla povertà e ed ha attuato la cooperazione con organizzazioni internazionali di aiuto alla lotta contro la povertà sin dal dal 1990. "L'esperienza della Cina è molto utile alla Banca per gli insegnamenti circa gli approcci per ridurre la povertà, che siamo in grado di trasferire ad altri paesi", ha detto Huang. Debolezza delle infrastrutture, una popolazione in rapida crescita, le precarie condizioni fisiche e un basso livello di riduzione della povertà sono tutti fattori che potrebbero impedire futuri progressi nel migliorare gli standard di vita nei paesi più popolosi del mondo.

venerdì 30 agosto 2013

6.4.1: La più grande vittoria sulla povertà che la storia ricordi

6.4 Verso il benessere



Li Ao, un uomo di 70 anni, che è uno degli scrittori più celebri di Taiwan, ha visto il cambiamento cinese. In una recente visita alla Cina continentale evocava i suoi ricordi di infanzia a Pechino. In televisione ha parlato di una vivida immagine che ricorda da bambino: un povero contadino che caricava il tradizionale palo sulle spalle. A un estremo portava un cesto con verdure, nell’altro, portava suo figlio. Alla sera, aveva venduto le verdure e anche il bambino, e piangeva. Li Ao ricordò quella scena che di nuovo portava alla memoria l’estrema povertà della Cina prima della rivoluzione. Molte famiglie contadine, per alimentare i loro figli, ne vendevano qualcuno agli abitanti della città. In un modo insolito, e da parte di un cittadino di Taiwan che non era obbligato a fare una dichiarazione simile, Li Ao ringraziava il Partito Comunista per la grande trasformazione che aveva sperimentato il paese.
Higinio Polo (2006)

Una delle più grandi conquiste dell'umanità alla fine del ventesimo secolo, è passata quasi inosservata in Europa: quasi tutti i cinesi non patiscono più la fame. Attualmente 1,2 miliardi di cinesi sul 1.3 non conoscono più le carestie in un paese dove la terra arabile è molto limitata e le problematiche legate all'acqua costituiscono una sfida.

Bruno Parmentier 2007

La Cina che nel 1949 era il paese più povero del mondo è stato classificato come paese povero fino al 2000, poi passato nel novero dei paesi medio-poveri per entrare nel novero dei paesi medi. Ossia ha un reddito pro-capite che è due volte e mezzo quello indiano (negli anni ’70 la Cina era ancora dietro l’India). Nel 2007 in India, che è il paese con cui si devono fare i confronti,  l’80% della popolazione vive con meno di mezzo dollaro al giorno (India 2007).
Nel 1978, i poveri, che guadagnano circa 85 dollari annuali in base alle norme nazionali, o 200 dollari secondo la Banca Mondiale, variavano tra i 250 e i 265 milioni di persone. Nel 1995 erano 100 milioni i poveri secondo la Banca Mondiale. Nel 2002 erano 28,2 milioni, nel 2005 23,6 milioni[2], nel 2006 si erano ridotti di 22 milioni per arrivare a 21,5 milioni. Secondo le agenzie cinesi tale numero è stato ridotto a meno di 20 milioni di persone nel 2007, cioè da circa il 30% all’1,5%, concentrati in gruppi che vivono in zone remote e montuose del paese[1] (Diaz Vasquez 2006).

mercoledì 31 luglio 2013

8.17: Sindacati liberi?

8. La schiavitù in fabbrica…ma dove?


Nota: L'iconografia di questa pagina è tratta in gran parte dalla guerra civile spagnola. La lotta che il Fronte Popolare antifascista chiedeva ai lavoratori e ai sindacati era quella di aiutare la produzione per sconfiggere i fascisti. Anche questa è lotta classe in realtà molto più avanzata della mera lotta economicista a cui gli "operaisti" senza operai vorrebbero ridurla. La lotta della Cina per riemergere dal secolo dell'umiliazione è attualmente il fronte più avanzato della lotta di classe a livello mondiale.


Scrive Domenico Losurdo a proposito del sindacato cinese che supera la logica grettamente corporativa:
Nel grande paese asiatico ogni anno tra i 10 e i 15 milioni di abitanti abbandonano la campagna (sovraffollata e ancora appesantita dall’arretratezza) per stabilirsi nelle città (comprese le nuove città che crescono dal nulla): in queste condizioni, anche la CGIL del grande Di Vittorio avrebbe messo l’accento sul posto di lavoro e dunque sull’espansione dell’economia. E comunque – si lamenta «Wall Street Journal–Europe» del 6 giugno 2007 – «da diversi anni i salari cinesi crescono ininterrottamente al ritmo annuale del 10% per cento». Il tasso di crescita tende a conoscere un’ulteriore accelerazione: a causa anche del netto miglioramento delle condizioni di vita nelle campagne, ora gli emigrati «si attendono salari più alti del 16% rispetto all’anno precedente» ed esigono e riescono a strappare anche benefici e miglioramenti ulteriori. Ancora più impressionanti sono i dati riportati dal settimanale tedesco «Die Zeit» del 18 ottobre, in un articolo di Georg Blume: «Attualmente, i salari più bassi crescono del 30% all’anno, mentre il reddito medio cresce del 14%, e dunque ben più rapidamente di un’economia che pure si sviluppa in modo dinamico». E’ vero, il costo del lavoro aumenta più lentamente, ma solo a causa del rapido sviluppo della produttività. A ben guardare, pur con tutti i suoi limiti e ritardi, il sindacato ufficiale cinese si rivela nettamente più maturo dei suoi critici (anche quelli di «sinistra»): chiama la classe operaia a non rinchiudersi in un gretto corporativismo, per essere invece la protagonista del processo di industrializzazione e modernizzazione del gigantesco paese asiatico nel suo complesso, la protagonista della lotta nazionale per l’acquisizione delle tecnologie più avanzate, in modo non solo da rafforzare l’indipendenza della Cina ma anche da spezzare il monopolio in questo campo finora detenuto dall’Occidente. E’ anche grazie all’incrinarsi di tale monopolio e alla possibilità di accedere ai prodotti industriali sempre più sofisticati e alla tecnologia in rapido sviluppo della Repubblica Popolare Cinese che paesi come Cuba e Venezuela sono in grado di resistere alla politica di strangolamento economico messa in atto da Washington. Lo sanno bene i circoli imperialisti maggiormente impegnati nella politica di isolamento del gigante asiatico: è attraverso questo isolamento che passano la riaffermazione della dottrina Monroe in America latina e l’imposizione dell’egemonia statunitense nel mondo. 
(Losurdo 2007).

domenica 30 giugno 2013

8.16: Socialismo imperiale e Labor imperialism

8. La schiavitù in fabbrica…ma dove?

Il calcio nel sedere al cinese dai
famosi maestri dei diritti umani
Ernesto Guevara "sente che nelle questioni sociali e politiche il ruolo dell'America Latina è del tutto trascurato. Come esempio di questo, ha osservato in una occasione, cinquemila lavoratori sono stati uccisi negli altopiani boliviani, e non vi è una sola riga sui giornali di New York, che affermano che non ci sono scioperi in Bolivia. Ci si chiede se i cosiddetti sindacati internazionali degli Stati Uniti abbiano un qualche interesse per il lavoratore del Sud America e se possano aiutare ad aumentare il tenore di vita dei latinoamericani a un livello che possa avvicinarsi a quello degli americani del Nord"
CIA-relazione biografica sul Che, 1958

La terza forma di socialimperialismo, oltre le due già descritte nel post precedente, è quella direttamente legata alle centrali spionistiche occidentali in gran parte americane, ai sindacati gialli  e ammanicata con le rivoluzioni colorate. E' quella che viene chiamato comunemente Labor imperialism; un quarto tipo è quella che diremmo confindustriale che si batte perchè la classe operaia in Cina faccia quello che è assolutamente sconveniente che faccia la classe operaia in Occidente, ossia la lotta di classe.

Chi siamo

Debunkers dei miti sulla Cina. Avversari della teoria del China Collapse e del Social Volcano, nemici dei China Bashers.